Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16090 del 09/06/2021

Cassazione civile sez. VI, 09/06/2021, (ud. 23/03/2021, dep. 09/06/2021), n.16090

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 33889-2019 proposto da:

D.M.M., elettivamente domiciliato in ROMA, V. DI TORRE GAIA

14, presso lo studio dell’avvocato VANESSA SCACCHI, rappresentato e

difeso dall’avvocato GIOVANNI NUCIFERO;

– ricorrente –

contro

TRENITALIA SPA, (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MONTE ZEBIO 32,

presso lo studio dell’avvocato LUCIANO TAMBURRO, che la rappresenta

e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2441/2019 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 06/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 23/03/2021 dal Consigliere Relatore Dott. ALFONSINA

DE FELICE.

 

Fatto

RILEVATO

che:

la Corte d’appello di Napoli, a conferma della sentenza del Tribunale della stessa città, ha rigettato il ricorso proposto da D.M.A., dipendente della società Trenitalia s.p.a., inquadrato nel livello professionale D, profilo professionale “Tecnici specializzati”, sì come diretto a sentir dichiarare il proprio diritto all’inquadramento nella qualifica Quadri-6 Professional, per aver svolto di fatto le mansioni corrispondenti a tale superiore qualifica con conseguente espletamento, a periodi alterni, della funzione di Coordinamento contemplata dalla corrispondente declaratoria contrattuale;

la Corte territoriale ha escluso la ricorrenza del diritto del D.M. al conseguimento della qualifica di Quadro, avendo rilevato, nella prestazione dallo stesso svolta, la carenza dei caratteri imprescindibili del livello rivendicato (autonomia decisionale, discrezionalità, potere di iniziativa, professionalità, competenze ed esperienze per la gestione ed il coordinamento organizzativo);

ha affermato che l’erogazione della retribuzione superiore non comportava il conseguente riconoscimento del diritto alla promozione automatica, essendosi, la e))PUJ società, limitata a retribuire i soli giorni e i soli mesi di effettivo svolgimento della prestazione, da cui la statuizione di mancanza dei presupposti per l’applicazione dell’art. 2013 c.c., e della relativa norma contrattuale;

quanto alla funzione di coordinamento, particolarmente valorizzata dal D.M. a sostegno della propria pretesa, la Corte d’appello ha rilevato che essa non assume rilievo ai fini dell’individuazione del corretto inquadramento, in quanto, dalle declaratorie contrattuali, risulta che la stessa non è di esclusiva pertinenza della qualifica Quadro, essendo contemplata anche per i livelli inferiori;

la cassazione della sentenza è domandata da Mattia D.M. sulla base di due motivi;

Trenitalia s.p.a. ha depositato controricorso;

entrambe le parti hanno depositato memoria, ai sensi dell’art. 378 c.p.c., in prossimità dell’adunanza camerale;

è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

che:

col primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5, il ricorrente deduce “Violazione e falsa applicazione dell’art. 2013 c.c. – Mancata valutazione di documenti decisivi per la controversia – Nullità della sentenza per assenza di motivazione”;

sostiene di aver fornito in giudizio la prova documentale dello svolgimento di mansioni proprie del livello “B Quadri” per oltre tre mesi, avendo depositato le buste paga e i fogli di presenza dai quali verrebbe confermato lo svolgimento in maniera continuativa delle prestazioni di livello superiore per un periodo utile al conseguimento della promozione automatica ex art. 2013 c.c.;

l’asserito travisamento della prova avrebbe inficiato la sentenza impugnata di nullità per vizio di assenza di motivazione;

col secondo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, contesta “Violazione e falsa applicazione dell’art. 1362 c.c., e del ccnl 16 aprile 2003, art. 21”;

la censura si appunta sull’erroneità dell’affermazione della Corte territoriale per la quale, pur volendo ammettersi il possesso del requisito esperienziale nei settori dell’assistenza ai clienti e della vendita in capo al D.M., questi sarebbe privo delle competenze di studio per la ricerca, progettazione o pianificazione operativa dei programmi aziendali e dei processi produttivi, anche con funzione di coordinamento nell’ambito di strutture operative complesse o esercitando funzioni di rappresentanza, caratteri ritenuti dalla Corte d’appello impropriamente imprescindibili ai fini del riconoscimento del diritto all’inquadramento nel livello contrattuale “B Quadri”;

il primo motivo è inammissibile;

la denuncia di travisamento della prova, che, secondo il ricorrente, qualora correttamente espletata dalla Corte avrebbe dovuto indurre ad accertare che il lavoratore era stato pagato per aver svolto mansioni superiori, solo apparentemente denuncia una violazione di legge, mentre domanda una rivalutazione del fatto, inibita in questa sede;

va, pertanto, nel caso in esame, data attuazione al costante orientamento di questa Corte, che reputa “…inammissibile il ricorso per cassazione con cui si deduca, apparentemente, una violazione di norme di legge mirando, in realtà, alla rivalutazione dei fatti operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito.” (Cass. n. 18721 del 2018; Cass. n. 8758 del 2017);

quanto alla censura per vizio di motivazione con cui la Corte territoriale, a fronte della reiterata e fraudolenta assegnazione del D.M. a mansioni superiori con brevi intervalli temporali, si sarebbe limitata ad affermare che le predette prestazioni non risultavano essere state espletate in maniera continuativa, va rilevata la presenza di una doppia conforme;

secondo il costante orientamento di legittimità “Nell’ipotesi di “doppia conforme”, prevista dall’art. 348-ter c.p.c., comma 5, (applicabile, ai sensi del D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 2, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, ai giudizi d’appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal giorno 11 settembre 2012), il ricorrente in cassazione – per evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 (nel testo riformulato dal citato D.L. n. 83, art. 54, comma 3, ed applicabile alle sentenze pubblicate dal giorno 11 settembre 2012) – deve indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse”(Cass. n. 26774 del 2016; Cass. n. 19001 del 2016; Cass. n. 5528 del 2014);

va esaminato altresì il profilo di doglianza con cui il ricorrente ha imputato alla Corte territoriale di aver omesso di motivare in merito al comportamento elusivo e fraudolento della società, impedendogli di ottenere il riconoscimento automatico dei due livelli superiori certificati dalle buste paga;

va in proposito richiamato il consolidato orientamento di questa Corte secondo il quale il vizio di omesso esame di una questione sollevata dalla difesa o di un’eccezione di nullità (anche sollevabile d’ufficio) non sussiste quando debba ritenersi che tali questioni od eccezioni siano state esaminate e decise implicitamente (cfr., ex plurimis, Cass. n. 7406 del 2014);

nel caso in esame, tuttavia, tale ultimo principio è richiamato al solo fine di rafforzare il giudizio d’inammissibilità del motivo, atteso che la Corte d’appello ha concluso che il fatto che fosse stato accertato che la maggiore retribuzione era stata corrisposta in relazione ai giorni e ai mesi di effettivo svolgimento delle mansioni superiori, di per sè aveva offerto la prova che queste ultime non fossero state espletate dal D.M. in via piena e continuativa, tale da far ritenere maturato, in capo allo stesso, il diritto alla promozione automatica;

la statuizione, pertanto, ha negato implicitamente la sussistenza di un comportamento elusivo e fraudolento da parte della società, all’interno di un ragionamento ermeneutico rigoroso, che ha analizzato le mansioni allegate dall’appellante, esaminate nella complessità della loro ricostruzione fattuale, comparandole con le declaratorie contrattuali previste dal c.c.n.l. per i diversi livelli contrattuali;

il secondo motivo è del pari inammissibile;

il ricorrente ha omesso di depositare copia del c.c.n.l. 16 aprile 2003, che contiene la norma (art. 21) su cui dichiara fondarsi il motivo in esame;

come affermato da questa Corte “Nel giudizio di cassazione, l’onere di depositare i contratti e gli accordi collettivi – imposto, a pena di improcedibilità del ricorso, dall’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, – può dirsi soddisfatto solo con la produzione del testo integrale del contratto collettivo, adempimento rispondente alla funzione nomofilattica della Corte di cassazione e necessario per l’applicazione del canone ermeneutico previsto dall’art. 1363 c.c.; nè, a tal fine, può considerarsi sufficiente il mero richiamo, in calce al ricorso, all’intero fascicolo di parte del giudizio di merito, ove manchi una puntuale indicazione del documento nell’elenco degli atti “(Cass. n. 6255 del 2019);

in definitiva, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; le spese, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza;

in considerazione dell’inammissibilità del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di legittimità nei confronti della controricorrente, che liquida in Euro 200,00 per esborsi, Euro 3.000,00 a titolo di compensi professionali, oltre spese generali nella misura forfetaria del 15 per cento ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, all’Adunanza camerale, il 23 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 9 giugno 2021

 

 

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