Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16089 del 26/06/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 16089 Anno 2013
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: CARRATO ALDO

ORDINANZA 11.F.Ge1-000T0e:44

della legge n. 89
del 2001

sul ricorso proposto da:
CELSI PIETRO (C.F.: CLS PTR 31L02 F609C), rappresentato e difeso, in forza di
procura speciale in calce al ricorso, dall’Avv. Claudio Defilippi ed elettivamente
domiciliato presso lo studio dell’Avv. Michele Falotico, in Roma, viale Giulio Cesare,
n.

78;

– ricorrente –

contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore;
– intimato –

avverso il decreto della Corte d’appello di Caltanissetta relativo al proc. iscritto al
N.R.G.V.G. 674/2011, emesso il 14 dicembre 2011 e depositato in data 29 dicembre
2011 (non notificato).
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 24 maggio 2013

dal Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.

Lucio Capasso, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

go57

Data pubblicazione: 26/06/2013

Ritenuto in fatto
Il sig. Celsi Pietro, con ricorso depositato il 6 giugno 2011, chiedeva alla Corte di
appello di Torino il riconoscimento dell’equa riparazione, ai sensi della legge 24
marzo 2001, n. 89, per la irragionevole durata sia di un processo civile (avente ad

Tribunale di Torino e definito, in primo grado, con sentenza depositata il 16 marzo
2009, che del conseguente procedimento esecutivo intrapreso nel 2009 e conclusosi
con ordinanza di estinzione del giudice dell’esecuzione del 6 dicembre 2010.
Invocava, pertanto, la condanna del Ministero della Giustizia al risarcimento del
danno non patrimoniale subito da quantificarsi in euro 22.000,00 (in relazione alla
durata eccedente quella ordinaria, considerato il tempo di svolgimento di entrambi i
processi, quello di cognizione e quello esecutivo), oltre interessi legali dalla domanda
al soddisfo.
Nella costituzione del resistente Ministero della Giustizia, l’adita Corte di appello, con
decreto depositato il 29 dicembre 2011, ponendo riferimento al precedente di questa
Corte di cui alla sentenza delle Sezioni unite n. 27348 del 2009, dichiarava
l’inammissibilità della domanda per intervenuta decadenza quanto al giudizio di
cognizione e la rigettava con riferimento al procedimento di esecuzione perché
infondata (siccome lo stesso si era protratto per una durata ragionevole, inferiore ad
un anno e mezzo), con compensazione delle spese giudiziali.
Avverso il menzionato decreto (non notificato) ha proposto ricorso per cassazione il
Celsi Pietro, con atto ritualmente notificato, sulla base di un unico complesso motivo.
Il Ministero della Giustizia non si è costituito in questa fase.
Considerato in diritto

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oggetto lo scioglimento di una comunione immobiliare) instaurato nel 2000 dinanzi al

1. – Con il motivo dedotto il ricorrente ha denunciato (ai sensi dell’art. 360, n. 3,
c.p.c.) la violazione dell’art. 2 della legge n. 89 del 2001 e dell’art. 6.1 della CE.D.U.,
come interpretati dalla giurisprudenza della Corte europea, quanto alla
determinazione della durata di un giudizio presupposto, comprensiva della fase di

2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e dell’art. 6, paragr. 1, del
Trattato dell’Unione Europea.
In particolare, con detta censura, il ricorrente ha inteso confutare la decisione
impugnata nella parte in cui aveva ritenuto che il procedimento di cui trattasi non
potesse considerarsi unitario, dovendosi tener distinte, quanto alla durata del
processo, la fase della cognizione da quella dell’esecuzione, in contrapposizione agli
orientamenti della giurisprudenza della C.E.D.U. sul punto.
3. Rileva il collegio che, a seguito di varie ordinanze interlocutorie (dalla n. 16820 del
2012 alla n. 16826 del 2012 della VI Sezione civile), il Primo Presidente della Corte
ha rimesso alla Sezioni unite la risoluzione della questione di diritto (di particolare
importanza) sul se la durata del processo esecutivo, promosso per la realizzazione
della situazione giuridica soggettiva di vantaggio fatta valere nel processo
presupposto con esito positivo, debba o meno essere calcolata ai fini del computo
della durata irragionevole dello stesso processo presupposto.
Pertanto, poiché il motivo dedotto dal ricorrente involge proprio detta questione sulla
quale le Sezioni unite non si sono — ad oggi — ancora pronunciate, si ravvisa
l’opportunità di differire la trattazione del ricorso a nuovo ruolo in attesa
dell’emanazione della decisione in proposito da parte delle Sezioni unite, quale
consesso demandato allo svolgimento, nella sua più elevata espressione, della
funzione nomofilattica della Corte.

cognizione e di esecuzione, oltre che degli artt. 111 e 117 Cost., dell’art. 47, paragr.

P.Q.M.

La Corte rinvia la causa a nuovo ruolo.

Così deciso nella camera di consiglio della 6″ Sezione civile in data 24 maggio 2013.

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