Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16089 del 09/06/2021
Cassazione civile sez. VI, 09/06/2021, (ud. 10/03/2021, dep. 09/06/2021), n.16089
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DORONZO Adriana – Presidente –
Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –
Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –
Dott. MARCHESE Gabriella – rel. Consigliere –
Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 17692-2019 proposto da:
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE
DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati PATRIZIA
CIACCI, CLEMENTINA PULLI, MANUELA MASSA;
– ricorrente –
contro
N.G.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 2047/2018 del TRIBUNALE di NOCERA INFERIORE,
depositata il 07/12/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 10/03/2021 dal Consigliere Relatore Dott. GABRIELLA
MARCHESE.
Fatto
RILEVATO
che:
il Tribunale di Nocera Inferiore, con sentenza resa ai sensi dell’art. 445 bis c.p.c., comma 7, ha condannato l’INPS al pagamento dell’assegno mensile di assistenza;
ricorre per cassazione l’Inps, con un motivo, cui non ha opposto difese N.G.;
la proposta del relatore è stata ritualmente comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.
Diritto
CONSIDERATO
che:
con l’unico motivo di ricorso, l’INPS denuncia la violazione e la falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., della L. n. 118 del 1971, art. 13, e dell’art. 112 c.p.c., per avere il Tribunale riconosciuto il diritto alla prestazione, in difetto dell’accertamento degli ulteriori requisiti socio-economici;
il motivo è fondato nei termini che seguono;
va premesso che l’impugnazione dell’INPS in ordine alla statuizione del Tribunale di accertamento del diritto (e di condanna) alla prestazione previdenziale riapre il riesame sull’intera questione che essa identifica (id est: quella appunto di riconoscimento del diritto alla prestazione previdenziale da parte del Giudice adito ai sensi dell’art. 445 bis c.p.c.) e consente al Collegio di riconsiderarla e riqualificarla anche per aspetti che non siano stati direttamente coinvolti dal motivo di gravame (v. in motivazione, per fattispecie analoga, Cass. n. 9929 del 2020 ed ivi ulteriori richiami);
si vuole cioè chiarire che il tema devoluto involge un profilo, più generale e a monte, che è quello relativo all’ambito di operatività del procedimento attivato ai sensi dell’art. 445 bis c.p.c.;
come questa Corte ha chiarito “Nelle controversie in materia di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità, nonchè di pensione di inabilità e di assegno di invalidità ai sensi della L. n. 222 del 1984, la pronuncia emessa in esito al giudizio di cui all’art. 445 bis c.p.c., u.c., è per legge destinata a riguardare solo un elemento della fattispecie costitutiva (il c.d. requisito sanitario), sicchè quanto in essa deciso non può contenere un’efficace declaratoria sul diritto alla prestazione, che è destinata a sopravvenire solo in esito ad accertamenti relativi agli ulteriori requisiti socio-economici” (in termini, Cass. n. 27010 del 2018 confermata da Cass. n. 9755 del 2019 e, tra le pronunce di questa sesta sezione, da Cass. n. 29111 del 2019; Cass. n. 29683 del 2019; Cass. n. 9743 del 2020 e Cass. n. 9929 del 2020 cit);
l’orientamento richiamato delinea precisamente i confini del procedimento in questione e i limiti entro i quali il Giudice deve contenere l’accertamento giudiziale. Resta avulso dal thema decidendum il vaglio di elementi extrasanitari e, quindi, anche il potere del Giudice di emettere sentenza di accertamento del diritto e di condanna alla prestazione;
nel caso concreto, in difformità con quanto fin qui illustrato, il Tribunale ha condannato l’ente previdenziale all’erogazione del beneficio, anzichè limitarsi alla mera affermazione della sussistenza del requisito sanitario, positivamente riscontrato. In ragione di ciò deve accogliersi il ricorso di legittimità e cassare la sentenza nella parte in cui, previo accertamento del diritto all’assegno mensile di assistenza, ha condannato l’Inps al relative pagamento; per quanto innanzi, resta, invece, fermo l’accertamento del requisito sanitario, con le ulteriori statuizioni in ordine alle spese;
le oscillazioni giurisprudenziali di merito e le recenti pronunce di legittimità consigliano la compensazione delle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza nella parte in cui ha condannato l’Inps al pagamento dei ratei della prestazione, confermandola nel resto. Compensa le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 10 marzo 2021.
Depositato in Cancelleria il 9 giugno 2021