Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16088 del 09/06/2021

Cassazione civile sez. VI, 09/06/2021, (ud. 10/03/2021, dep. 09/06/2021), n.16088

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24885-2019 proposto da:

A. SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SALARIA 292, presso lo studio

dell’avvocato MASSIMO CLEMENTE, che la rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

T.M.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2340/2019 della CI RTE D’APPELLO di ROMA,

depositata l’11/06/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 10/03/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MARGHERITA

MARIA LEONE.

 

Fatto

RILEVATO

che:

La Corte di appello di Roma con la sentenza n. 2340/2019, per quel che in questa sede rileva, aveva rigettato l’appello proposto da A. srl avverso la decisione con cui il tribunale di Roma aveva ritenuto sussistente tra la stessa società e T.M., un unico rapporto di lavoro subordinato ed aveva condannato la società a pagare al T. differenze retributive anche relative a TFR.

La Corte territoriale aveva confermato la valutazione del primo giudice sulla unicità del rapporto di lavoro, così disattendendo l’eccezione di prescrizione di una parte del TFR maturato, aveva quindi confermato la condanna al pagamento dello stesso (invece riducendo le somme liquidate dal tribunale per le altre voci retributive in origine richieste). La Corte aveva anche rigettato la domanda riconvenzionale della società relativa a somme pagate in eccedenza a titolo di ore di lavoro, non rese, e di indennità di trasferte, mai svolte.

Avverso detta decisione la A. srl proponeva ricorso affidato a due motivi.

T.M. rimaneva intimato.

Veniva depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1) Con il primo motivo la società deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1418,1421 e 1427 c.c., per la erronea valutazione circa la unicità del rapporto di lavoro a fronte di due diversi contratti stipulati tra le parti.

Il motivo è inammissibile poichè privo di sufficiente specificazione. In esso non sono inseriti i contratti richiamati al fine di contrastare la valutazione di unicità del rapporto di lavoro. A riguardo questa Corte ha chiarito che “Qualora il ricorrente, in sede di legittimità, denunci l’omessa valutazione di prove documentali, per il principio di autosufficienza ha l’onere non solo di trascrivere il testo integrale, o la parte significativa del documento nel ricorso per cassazione, al fine di consentire il vaglio di decisività, ma anche di specificare gli argomenti, deduzioni o istanze che, in relazione alla pretesa fatta valere, siano state formulate nel giudizio di merito, pena l’irrilevanza giuridica della sola produzione, che non assicura il contraddittorio e non comporta, quindi, per il giudice alcun onere di esame, e ancora meno di considerazione dei documenti stessi ai fini della decisione” (Cass. n. 13625 del 2019). Il motivo è inammissibile.

2) La seconda censura denuncia la violazione degli artt. 1429 e 1431 c.c., per l’erroneo principio richiamato dalla Corte di appello a sostegno del rigetto della domanda riconvenzionale. La Corte territoriale, con riferimento alla domanda posta in sede riconvenzionale dalla società circa la restituzione di somme pagate in eccedenza a titolo di ore di lavoro non rese e di indennità di trasferte mai svolte, ha richiamato Cass. n. 16489 del 2014.

Con tale decisione il Giudice di legittimità stabiliva che ” ove si accerti che il compenso pattuito dalle parti era superiore a quello minimo previsto dal contratto collettivo, il lavoratore debba necessariamente restituire tale eccedenza, ove ciò sia richiesto dal datore di lavoro, giacchè le retribuzioni fissate dai contratti collettivi costituiscono quelle minime spettanti ai lavoratori di una determinata categoria, senza che sia impedito al datore di lavoro erogare ai propri dipendenti paghe superiori, siano esse determinate a seguito di contrattazione tra le parti o semplicemente da lui offerte al lavoratore, con la conseguenza che, ove il datore richieda la restituzione delle somme erogate in eccesso rispetto alle retribuzioni minime previste dal contratto collettivo, non può limitarsi a provare che il suddetto contratto prevede, per le prestazioni svolte, retribuzioni inferiori, ma deve dimostrare che la maggiore retribuzione erogata è stata frutto di un errore essenziale e riconoscibile dell’altro contraente, ossia di un errore che presenti i requisiti di cui agli artt. 1429 e 1431 c.c. (Sez. L, Sentenza n. 5552 del 2011, Cass. n. 4942 del 2000, Cass. n. 4499 del 1987).

Il principio richiamato correttamente dal giudice d’appello chiarisce che in ipotesi di somme erogate che il datore di lavoro assuma essere in eccesso, al fine della restituzione quest’ultimo “deve dimostrare che la maggiore retribuzione erogata è stata frutto di un errore essenziale e riconoscibile dell’altro contraente, ossia di un errore che presenti i requisiti di cui agli artt. 1429 e 1431 c.c.” (in tal senso anche Cass. n. 46 del 2017) Tali condizioni non sussistono nel caso in esame. Pertanto, il ricorso va rigettato.

Nulla per le spese poichè T.M. è rimasto intimato.

Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013).

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 10 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 9 giugno 2021

 

 

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