Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16082 del 22/07/2011

Cassazione civile sez. trib., 22/07/2011, (ud. 21/02/2011, dep. 22/07/2011), n.16082

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PIVETTI Marco – Presidente –

Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –

Dott. POLICHETTI Renato – rel. Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 31970-2006 proposto da:

R.F., elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEGLI SCIALOJA

6 presso lo studio dell’avvocato KATTE KLITSCHE DE LA GRANGE TEODORO,

che lo rappresenta e difende giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, AGENZIA DELLE ENTRATE

UFFICIO DI CIVITAVECCHIA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 112/2006 della COMM. TRIB. REG. di ROMA,

depositata il 25/09/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/02/2011 dal Consigliere Dott. RENATO POLICHETTI;

udito per il ricorrente l’Avvocato KATTE KLITSCHE DE LA GRANGE

TEODORO, che si rimette alla Corte;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GAETA Pietro che ha concluso per l’improcedibilità.

Fatto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Va rilevato in premessa che – contrariamente a quanto si legge nella memoria depositata dal contribuente ex art. 378 cod. proc. civ. – l’Agenzia delle entrate non si è costituita nel giudizio di cassazione.

2. A quanto si legge nel ricorso, con atto del 21 gennaio 1981 il sindaco di Civitavecchia disponeva l’occupazione di urgenza di un terreno di R.F. su cui insisteva, per circa 60 mq, parte della casa di abitazione del medesimo che veniva demolita. A seguito di una complessa vicenda processuale, il Comune di Civitavecchia veniva condannato da dalla Corte d’appello di Roma, con sentenza n. 3082 del 2000, al risarcimento del danno in favore del R. liquidato in L. 82.379.461, nel versare la quale il Comune tratteneva il 20% e cioè L. 16.475.892 a titolo di irpef ai sensi della L. n. 413 del 1991, art. 11, comma 7.

R.F. chiedeva il rimborso di tale somma e ricorreva poi contro il silenzio rifiuto opposto dall’Agenzia delle entrate. Il suo ricorso veniva accolto dalla Commissione tributaria provinciale ma era poi respinto in sede di appello dalla Commissione tributaria regionale.

3. La sentenza qui impugnata afferma che “la L. n. 413 del 1991, art. 11 stabilisce la sua applicazione oltre che alle indennità di esproprio, alle somme percepite a seguito di cessione volontaria nonchè alle somme comunque dovute per effetto di acquisizione coattiva conseguente ad occupazione di urgenza divenuta illegittima a nulla rilevando che la somma fosse stata percepita a titolo di indennità o a titolo di risarcimento per i danni da illegittima ablazione. – Nel caso in esame è fuori dubbio che prima della pronuncia di illegittimità era stata pronunciata ordinanza di occupazione di urgenza rimasta efficace tant’è che l’importo assoggettato a ritenuta è stato corrisposto a ristoro di tale efficacia e commisurato al valore del bene. Circa l’eccezione che parte del terreno fosse coperto da un fabbricato questa non è stata provata risultando classificato come seminativo. Infine circa il momento del presupposto impositivo la giurisprudenza ha stabilito essere rilevante quello della riscossione e non quello dell’occupazione”.

4. Il ricorso proposto da R.F. prospetta censure scollegate rispetto alla ratio decidendi della sentenza impugnata ed è quindi inammissibile per questa ragione oltre che per erronea formulazione dei quesiti ex art. 366 bis cod. proc. civ..

Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione della L. n. 413 del 1991, art. 11.

Il quesito che conclude l’esposizione del motivo è del seguente tenore: se sia conforme alla L. n. 413 del 1991, art. 11 (commi da 5 al 9) che facesse parte della base imponibile la somma determinata nella CTU e nelle sentenze del tribunale di Civitavecchia e della Corte d’appello di Roma quale ristoro per la demolizione della casa di abitazione del R. e se sia altresì imponibile atteso che l’occupazione era illecita e comunque avvenuta prima del 31 dicembre 1988. Inoltre se non sussiste vizio di omessa e gradatamente insufficiente motivazione nel non aver considerato che si trattava di occupazione di immobile, che l’occupazione era precedente al 31 dicembre 1987, essendo questi fatti controversi e decisivi di cui ai motivi di impugnazione”.

La sentenza impugnata ha affermato che non era stato provato che parte del terreno era coperta da un fabbricato e tale accertamento di fatto non è stato qui impugnato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5.

Che l’occupazione fosse precedente al 31 dicembre 1987 non è stato nè disconosciuto nè ignorato dalla sentenza impugnata, la quale è fondata su una diversa interpretazione della norma, che il quesito non investe. Il quesito manca comunque dei requisiti di chiarezza, precisione e specificità che sono necessarie perchè esso sia idoneo ad adempiere alla sua funzione.

Con il secondo motivo di ricorso si denunzia violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. e omessa motivazione ai sensi dell’art. 36 cod. proc. civ., nn. 4 e 5. Il quesito è del seguente tenore: “se non costituisca violazione degli artt. 112 e 346 cod. proc. civ. non aver pronunciato sulle questioni proposte con l’appello incidentale”. Il motivo e il quesito non specificano di quali questioni si trattasse.

Con il terzo motivo di ricorso viene dedotta la violazione della L. n. 413 del 1991, art. 11 per avere la sentenza impugnata ritenuto che fosse compreso nella base imponibile l’intero valore capitale e non la sola plusvalenza e per avervi compreso anche l’importo degli interessi. Il motivo si conclude con un quesito appropriato, ma il motivo stesso è comunque inammissibile poichè dalla sentenza impugnata non risulta che la questione fosse stata prospettata nel corso del giudizio di merito ed il ricorso non imputa alla sentenza impugnata il vizio di omessa pronunzia a tale riguardo nè comunque fornisce elementi specificativi idonei ad escludere la novità della questione.

P.Q.M.

– dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, il 21 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 22 luglio 2011

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