Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16079 del 28/06/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 28/06/2017, (ud. 16/03/2017, dep.28/06/2017),  n. 16079

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1599/2010 proposto da:

MEDIOFACTORING SPA ORA MEDIOCREDITO ITALIANO SPA, elettivamente

domiciliato in ROMA VIALE GIULIO CESARE 14 A-4, presso lo studio

dell’avvocato GABRIELE PAFUNDI, che lo rappresenta e difende

unitamente agli avvocati GIANFRANCO GAFFURI, ALDO PENAZZI, FRANCESCO

BENATTI;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE ORGANO CENTRALE AMMINISTRAZIONE FINANZIARIA in

persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che

la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso l’ordinanza n. 139/2008 della COMM. TRIB. PROV. Della

LOMBARDIA, depositata il 26/11/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

16/03/2017 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE LOCATELLI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La società Mediofactoring spa presentava istanza di rimborso di un credito Irpeg, relativo all’anno di imposta 1993, che aveva acquisito dalla società Asea Brown Boveri spa. A seguito del silenzio rifiuto della Agenzia delle Entrate proponeva ricorso alla Commissione tributaria provinciale di Milano che lo accoglieva con sentenza n. 296 del 24.1.2007, passata in giudicato.

Dopo la messa in mora della Agenzia delle Entrate per il completo adempimento degli obblighi derivanti dal giudicato, la società Mediofactoring spa proponeva ricorso per ottenere l’ottemperanza al giudicato. In sede di giudizio di ottemperanza la Commissione tributaria provinciale, con provvedimento n. 139 del 24.1.2007 denominato ordinanza, accoglieva parzialmente il ricorso riconoscendo dovuti gli interessi moratori, non ancora liquidati dall’Ufficio, quantificati in Euro 906.380; rigettava il ricorso con riferimento alla richiesta di riconoscimento degli interessi anatocistici e di liquidazione dell’indennizzo per svalutazione monetaria. In particolare il giudice dell’ottemperanza dichiarava dovuti gli interessi moratori poichè previsti direttamente dalla legge e non già dalla sentenza passata in giudicato; sulla base del dispositivo e della parte motiva della sentenza passata in giudicato, riteneva che la stessa si fosse pronunciata esclusivamente in merito al diritto al rimborso della eccedenza di imposta, senza accogliere le richieste accessorie di corresponsione degli interessi anatocistici e di indennizzo per svalutazione monetaria, con la conseguenza che la società ricorrente avrebbe dovuto gravare di appello la sentenza in ordine alla richieste non accolte.

Contro la suddetta decisione della Commissione tributaria provinciale di Milano Mediofactoring spa propone ricorso per due motivi.

L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 70, comma 7, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nella parte in cui ha emesso il provvedimento in forma di ordinanza anzichè di sentenza.

Il motivo è infondato. Il provvedimento adottato ha contenuto decisorio e natura sostanziale di sentenza. L’erronea denominazione di “ordinanza” si risolve in un errore materiale che non pregiudica in alcun modo la ricorrente, legittimata a proporre contro il provvedimento decisorio gli stessi gravami previsti contro la sentenza. In senso conforme questa Corte ha stabilito che il provvedimento che abbia natura di sentenza e sia impropriamente denominato “ordinanza” è affetto da errore materiale, ma non è nullo quale sentenza, attesi i principi di prevalenza della sostanza sulla forma e tassatività delle nullità. (Sez. 2, Sentenza n. 14222 del 12/07/2016, Rv. 640265-01).

2. Violazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 70, degli artt. 1283 e 2909 c.c. e art. 112 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, dovendosi ritenere che le sentenze di ottemperanza al giudicato sono impugnabili anche per violazione di legge in applicazione dell’art. 111 Cost.: diversamente da quanto stabilito dal giudice dell’ottemperanza, la corretta interpretazione della sentenza passata in giudicato doveva essere intesa nel senso che, poichè la domanda della ricorrente comprendeva, oltre alla richiesta di rimborso del credito di imposta, anche la condanna al pagamento degli interessi anatocistici e del danno da svalutazione monetaria, l’integrale accoglimento del ricorso contenuto nella sentenza passata in giudicato doveva riguardare anche il pagamento dei predetti accessori.

Il motivo è infondato. Contro le sentenze pronunciate nel giudizio di ottemperanza previsto dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 70, il ricorso per cassazione per violazione di legge, a norma dell’art. 111 Cost., è proponibile soltanto in caso di radicale mancanza di motivazione, che rende la decisione adottata difforme dal paradigma legale della decisione motivata prescritto dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 36 e art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 (Sez. 5, Sentenza n. 7801 del 23/04/2004, Rv. 572300-01). Nel caso di specie è incontroversa l’esistenza di un apparato argomentativo, contro il quale la ricorrente appunta le proprie censure per erronea interpretazione del giudicato.

Con riguardo alla estensione del sindacato di legittimità sulle sentenze emesse nel giudizio di ottemperanza, limitato dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 70, comma 10, alla ipotesi di “inosservanza delle norme sul procedimento”, questa Corte ha precisato che tale disposizione va interpretata nel senso che è possibile denunciare con ricorso per cassazione non soltanto la violazione, in senso stretto, delle norme procedimentali che disciplinano il giudizio di ottemperanza, ma, più in generale, ogni altro “error in procedendo” in cui sia incorso il giudice dell’ottemperanza, quale il mancato o difettoso esercizio del potere – dovere di interpretazione del comando giuridico contenuto nella sentenza passata in giudicato al quale l’Amministrazione finanziaria non si sia adeguata. (Sez. 5, Sentenza n. 8830 del 16/04/2014, Rv. 630773 01; Sez. 5, Sentenza n. 3057 del 08/02/2008, Rv. 601990-01). Sotto tale profilo la sentenza non incorre nella denunciata violazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 70, avendo correttamente applicato il principio stabilito dall’art. 70, comma 7 stesso decreto, secondo cui il giudice, nella individuazione del contenuto decisorio della sentenza passata in giudicato di cui si chiede l’ottemperanza, deve attenersi “agli obblighi risultanti espressamente dal dispositivo e tenuto conto della relativa motivazione”. Nel caso in esame il giudice dell’ottemperanza ha correttamente proceduto ad una interpretazione integrata del dispositivo e della motivazione (tra loro non contrastanti) rilevando che, all’unico obbligo espressamente contenuto nel dispositivo relativo all’ordine di rimborso (della somma a credito), corrispondeva simmetricamente la parte-motiva, attinente unicamente alla affermata sussistenza del credito di imposta rivendicato dalla ricorrente.

Il motivo di ricorso è inammissibile nella parte in cui censura la correttezza giuridica della affermazione, contenuta in sentenza, secondo cui “non sono dovuti per legge nè gli interessi anatocistici nè l’indennizzo per svalutazione monetaria, e infatti l’ordinamento tributario non li contempla in assoluto”. L’affermazione, a prescindere dalla sua fondatezza, è estranea rispetto alla “ratio decidendi” seguita dal giudice dell’ottemperanza, basata sull’assunto che la sentenza passata in giudicato non conteneva la condanna della Agenzia delle Entrate alla corresponsione degli interessi anatocistici e dell’indennizzo da svalutazione.

Spese regolate come da dispositivo.

PQM

 

Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al rimborso delle spese liquidate in Euro ottomila oltre eventuali spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 16 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 28 giugno 2017

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