Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16077 del 09/06/2021

Cassazione civile sez. II, 09/06/2021, (ud. 16/03/2021, dep. 09/06/2021), n.16077

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al NRG 22679/2016 proposto da:

PAM PANORAMA s.p.a., (già PANORAMA s.p.a.), rappresentata e difesa

dagli Avvocati Silvio Chiari, e Antonella Scano, con domicilio

eletto presso lo studio di quest’ultima in Roma, via Mirabello, n.

6;

– ricorrente principale –

contro

MONTI DI SAN PAOLO QUINTA s.p.a., rappresentata e difesa dall’Avv.

Andrea Zoppini, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma,

piazza di Spagna, n. 15;

– controricorrente al ricorso principale –

e sul ricorso proposto da:

MONTI DI SAN PAOLO QUINTA s.p.a., rappresentata e difesa dall’Avv.

Andrea Zoppini, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma,

piazza di Spagna, n. 15;

– ricorrente incidentale –

contro

PAM PANORAMA s.p,a. (già PANORAMA s.p.a.), rappresentata e difesa

dagli Avvocati Silvio Chiari e Antonella Scano, con domicilio eletto

presso lo studio di quest’ultima in Roma, via Mirabello, n. 6;

– controricorrente al ricorso incidentale –

per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Roma n.

1525/2016 pubblicata il 7 marzo 2016.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

16 marzo 2021 dal Consigliere Dott. Alberto Giusti.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – In data 31 gennaio 2007, Panorama s.p.a. e Monti di San Paolo Quinta s.p.a. hanno stipulato una convenzione generale che disciplinava l’acquisto, da parte di Panorama, di un terreno edificabile di proprietà di Monti di San Paolo Quinta, sito in (OMISSIS), sul quale avrebbe dovuto essere realizzato un centro commerciale. In data 6 marzo 2008, le parti hanno stipulato il contratto preliminare di compravendita del terreno, in esecuzione del quale Panorama ha corrisposto a Monti di San Paolo Quinta l’importo di Euro 6.300.000, comprensivo di IVA, a titolo di caparra (Euro 4.500.000, oltre IVA) e di acconto (Euro 1.500.000, oltre IVA).

L’efficacia sia della convenzione che del contratto preliminare è stata sospensivamente condizionata all’avveramento, entro il 31 dicembre 2008, delle seguenti condizioni: il rilascio a Monti di San Paolo Quinta del permesso di costruire; la risoluzione della conferenza dei servizi del Comune di Roma favorevole al rilascio a Panorama delle autorizzazioni amministrative al commercio necessarie per l’attivazione e l’esercizio nel centro commerciale di un ipermercato di generi alimentari e non alimentari.

Nella convenzione e nel contratto preliminare le parti hanno espressamente previsto la facoltà di Panorama di prorogare unilateralmente il termine, qualora, alla scadenza del 31 dicembre 2008, non si fossero avverate le condizioni.

Non essendo giunto al termine l’iter per il rilascio dell’autorizzazione al commercio, in data 16 dicembre 2008 Panorama ha comunicato a Monti di San Paolo Quinta di non volersi avvalere della facoltà di proroga.

2. – In forza della clausola compromissoria prevista sia dalla convenzione che dal contratto, Panorama, con domanda depositata in data 22 gennaio 2009 presso la camera arbitrale della C.C.I.A.A. di Roma, radicava un giudizio arbitrale nei confronti di Monti di San Paolo Quinta per sentire dichiarare risolti o inefficaci la convenzione e il preliminare, per mancato avveramento, entro il 31 dicembre 2008, della condizione sospensiva avente ad oggetto la risoluzione favorevole al rilascio delle autorizzazioni amministrative al commercio da parte della conferenza dei servizi del Comune di Roma, con la conseguente condanna della società convenuta alla restituzione della caparra e dell’acconto versati, nella misura di Euro 6.300.000.

Resisteva la società Monti di San Paolo Quinta, chiedendo che venisse accertato l’inadempimento di Panorama s.p.a., con la conseguente perdita della caparra, oltre al risarcimento dei danni. In particolare, domandava che venisse dichiarato che il complessivo comportamento omissivo di Panorama costituiva la causa esclusiva del mancato tempestivo avveramento della condizione sospensiva e che pertanto la stessa doveva ritenersi per avverata, con conseguente dichiarazione di sopravvivenza della validità ed efficacia della convenzione e del contratto. Domandava, inoltre, che la risoluzione venisse addebitata esclusivamente a fatto e colpa di Panorama per effetto della sopravvenuta unilaterale decisione di non volere più adempiere.

3. – Con lodo arbitrale sottoscritto in data 8-9 febbraio 2010 e depositato in data 9 febbraio 2010, il collegio arbitrale condannava la società Monti di San Paolo Quinta a corrispondere alla società Panorama – previa compensazione dei rispettivi controcrediti – la minor somma di Euro 4.800.000, oltre accessori, regolando le spese del procedimento.

In particolare, il collegio arbitrale, con il capo 5) del lodo, accertava l’obbligo di Monti di San Paolo Quinta di restituire tutti gli importi versati da Panorama, pari a Euro 6.300.000; con il capo 6), accoglieva parzialmente la domanda riconvenzionale e, per l’effetto, accertata la violazione dell’obbligo previsto dall’art. 1358 c.c., da parte di Panorama, riconosceva il diritto di Monti di San Paolo Quinta al risarcimento del danno, quantificato in via equitativa nell’importo di Euro 1.500.000, oltre accessori; con il capo 7), accertata l’intervenuta compensazione parziale “impropria” effettuata tra le reciproche partite creditorie e debitorie, condannava Monti di San Paolo Quinta a corrispondere a Panorama l’importo, appunto, di Euro 4.800.000, oltre accessori.

3. – La Corte d’appello di Roma, con sentenza resa pubblica mediante deposito in cancelleria il 7 marzo 2016, ha rigettato sia l’impugnazione principale per nullità del lodo di Panorama, articolata su sei motivi, sia l’impugnazione incidentale di Monti di San Paolo Quinta, affidata ad un motivo, compensando tra le parti le spese processuali.

2.1. – La Corte capitolina ha innanzitutto esaminato l’impugnazione principale di Panorama, rivolta contro il capo 6) del dispositivo del lodo, con cui il collegio arbitrale, accogliendo parzialmente la domanda proposta da Monti San Paolo Quinta, ha appunto accertato la violazione dell’obbligo previsto dall’art. 1358 c.c. da parte di Panorama, con conseguente diritto di Monti San Paolo Quinta al risarcimento del danno, quantificato in via equitativa nell’importo di Euro 1.500.000, oltre interessi e rivalutazione monetaria.

La Corte di Roma ha giudicato inammissibile il primo motivo, con cui Panorama denunciava la nullità di questa statuizione del lodo, per avere il collegio arbitrale pronunciato su una domanda diversa da quella proposta dalle parti. Al riguardo, la Corte d’appello ha osservato: che la contestazione riguarda l’interpretazione e la qualificazione della domanda, laddove l’art. 829 c.p.c., comma 1, n. 4), prevede la nullità se il lodo ha pronunciato fuori dei limiti della convenzione d’arbitrato; che neppure si potrebbe parlare di violazione di norme di diritto, non potendosi ritenere commessa in violazione di legge l’interpretazione che fornisce un’esegesi di una norma che rimane all’interno di più opzioni possibili; che il motivo è peraltro anche infondato nel merito, essendo da escludere che il collegio arbitrale abbia male interpretato la domanda di Monti di San Paolo Quinta o sia incorso in un vizio di ultrapetizione, avendo in effetti quest’ultima società denunciato la mancanza di correttezza e buona fede di Panorama nell’adempimento delle proprie obbligazioni e avendo il collegio arbitrale ritenuto che alla fattispecie fosse applicabile l’art. 1358 c.c. e non l’art. 1453 c.c..

La Corte distrettuale ha poi giudicato inammissibile e infondato il secondo motivo, con cui Panorama censurava la medesima statuizione sotto il profilo della violazione del principio del contraddittorio. Non si può verificare tale evenienza – ha affermato la sentenza della Corte d’appello – quando, fermi i fatti, il giudice ritiene di sussumere il denunciato inadempimento di una parte del contratto sotto una fattispecie legale piuttosto che sotto un’altra; il che è avvenuto nel caso di specie, in cui il collegio arbitrale ha ex professo osservato che la condotta di Panorama va qualificata come inadempimento al dovere di comportarsi secondo buona fede previsto dall’art. 1358 c.c. piuttosto che inadempimento rilevante ai fini della risoluzione del contratto, inapplicabile in quanto in pendenza della condizione sospensiva il contratto è inefficace.

Inammissibile è stato ritenuto dalla Corte territoriale il terzo motivo di Panorama, con cui si denunciava la contraddittorietà della motivazione del lodo; ciò sul rilievo che la contraddittorietà tra diverse parti della motivazione non è espressamente prevista tra i vizi che comportano la nullità del lodo, potendo assumere rilevanza soltanto in quanto determini l’impossibilità assoluta di ricostruire l’iter logico e giuridico sottostante alla decisione per totale assenza di una motivazione riconducibile al suo modello funzionale.

La Corte romana ha poi dichiarato infondato il quarto motivo, con cui si lamentava che il collegio arbitrale non avesse detto in che cosa concretamente fosse consistita la condotta contraria a buona fede; nonchè il quinto ed il sesto, in quanto dipendenti dall’accoglimento dei motivi precedenti, viceversa non accolti.

Passando ad esaminare l’unico motivo della impugnazione incidentale di Monti di San Paolo Quinta, rivolto a censurare la contraddittorietà del lodo, la Corte d’appello ha ritenuto la doglianza inammissibile, ribadendo che la contraddittorietà ex art. 829 c.p.c., deve emergere tra le diverse componenti del dispositivo, ovvero tra la motivazione stessa ed il dispositivo, mentre la contraddittorietà tra diverse parti della motivazione non è espressamente prevista tra i vizi che comportano la nullità del lodo.

3. – Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Roma Pam Panorama s.p.a. (già Panorama s.p.a.) ha proposto ricorso, con atto notificato a mezzo del servizio postale il 6-10 ottobre 2016, sulla base di sei motivi.

Ha resistito, con controricorso notificato a mezzo del servizio postale il 17-21 novembre 2016, Monti di San Paolo Quinta s.p.a., proponendo a sua volta ricorso incidentale, affidato ad un motivo.

Pam Panorama ha notificato controricorso per resistere al ricorso incidentale di Monti di San Paolo Quinta.

4. – I ricorsi sono stati avviati alla trattazione camerale ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c..

Una memoria è stata depositata da Monti di San Paolo Quinta in prossimità della Camera di consiglio.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Il ricorso per cassazione è scrutinabile nel merito, contenendo la sommaria esposizione dei fatti della causa, prescritta dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3). Nel ricorso – che nelle pagine da 2 a 7 contiene tale esposizione come premessa autonoma e distinta rispetto ai motivi – sono infatti rinvenibili, anche attraverso lo svolgimento degli stessi motivi, tutti gli elementi perchè questo giudice di legittimità possa avere la cognizione dell’oggetto della controversia e del suo svolgimento, in modo da bene intendere il significato e la portata delle censure rivolte alla sentenza del giudice del merito. Deve pertanto respingersi l’eccezione di inammissibilità formulata dalla controricorrente Monti di San Paolo Quinta.

2. – Con il primo motivo (violazione e falsa applicazione dell’art. 829 c.p.c., comma 1, n. 4; art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4) la ricorrente Pam Panorama si duole che la Corte d’appello abbia dichiarato inammissibile la censura di nullità del lodo per avere il collegio arbitrale pronunciato su di una domanda diversa da quella proposta da Monti di San Paolo Quinta. Sostiene la ricorrente: (a) che nel caso in esame non si è di fronte ad un compromesso, nel quale il thema decidendum è previsto nell’accordo compromissorio, ma ad una clausola compromissoria, nella quale manca una concreta individuazione delle controversie, visto che esse non sono ancora insorte all’atto della stipulazione; (b) che necessariamente, quindi, il thema decidendum sottoposto agli arbitri abbisogna di una specificazione che avviene mediante la formulazione delle domande nel giudizio arbitrale introdotto sulla base della clausola; (c) che a quel thema decidendum il collegio arbitrale deve attenersi per non incorrere in un vizio censurabile ai sensi dell’art. 829 c.p.c., comma 1, n. 4).

2.1. – Il motivo è inammissibile per difetto di specificità.

2.2. – La Corte d’appello, nell’esaminare il motivo di impugnazione del capo n. 6) del lodo ai sensi dell’art. 829 c.p.c., comma 1, n. 4), per avere il collegio arbitrale pronunciato su una domanda diversa da quella proposta dalle parti, ha giudicato la censura, in primo luogo, inammissibile, rilevando: (a) che si è di fronte ad una attività di interpretazione e qualificazione che non dà luogo ad alcuna nullità; (b) che la stessa società Panorama afferma che quello che viene contestato è una “interpretazione e qualificazione errata della domanda”; (c) che l’art. 829 c.p.c., comma 1, n. 4), nel prevedere la nullità se il lodo ha pronunciato fuori dei limiti della convenzione d’arbitrato, si riferisce ad una fattispecie assai diversa dalla interpretazione o dalla qualificazione della domanda.

2.3. – Questa Corte ha statuito che, in materia di arbitrato, gli arbitri hanno l’obbligo di decidere su tutto il thema decidendum ad essi sottoposto e non oltre i limiti di esso: tale regola vale anche con riguardo al caso in cui la potestas iudicandi sia conferita agli arbitri in base a clausola compromissoria, e in tal caso il thema decidendum è quello specificato nei quesiti posti agli arbitri, non già quello genericamente indicato nella clausola, fermo restando che la cognizione degli arbitri si estende (salvo eventuali ben precisi limiti legali) a qualsiasi aspetto della vicenda, che risulti rilevante ai fini di stabilire se e in qual misura la pretesa fatta valere da una parte sia fondata (Cass., Sez. I, 22 marzo 2013, n. 7282).

Ciò significa che ove il lodo rimanga all’interno della clausola compromissoria, non per questo l’extrapetizione è scongiurata, giacchè il metro esatto per verificare la corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato rimane pur sempre il thema decidendum specificato nei quesiti posti agli arbitri.

Allo stesso tempo, occorre considerare che il potere-dovere di qualificare giuridicamente i fatti posti a base della domanda o delle eccezioni e di individuare le norme di diritto conseguentemente applicabili, non può essere confuso con la violazione del divieto di extrapetizione, che ricorre soltanto ove vi sia esorbitanza, ossia sostituzione della domanda proposta nel processo arbitrale con una diversa.

2.4. – Tanto premesso, la ragione di inammissibilità del motivo di ricorso risiede nella sua genericità.

A fronte di una statuizione della Corte d’appello che, facendo leva sulla contestazione mossa con il gravame, afferma che nella specie quel che viene in rilievo è un problema di interpretazione e qualificazione giuridica della domanda proposta nel processo arbitrale, non di esorbitanza del pronunciato rispetto al chiesto, “fattispecie assai diversa”; a fronte di ciò, il motivo di ricorso di Pam Panorama si limita a richiamare, in astratto, il principio secondo cui il thema decidendum sottoposto agli arbitri abbisogna di una specificazione che avviene mediante la formulazione delle domande nel giudizio arbitrale introdotto sulla base della clausola, dopo avere detto non condivisibile la ricostruzione della Corte territoriale.

Ma il motivo di ricorso non spiega perchè la ricostruzione della Corte territoriale non sarebbe condivisibile; e neppure argomenta, specificamente e criticamente, in ordine alla ratio decidendi, consistente nell’essere, l’oggetto della discussione, circoscritto alla interpretazione e qualificazione, da parte del collegio arbitrale, del quesito formulato da Monti di San Paolo Quinta.

3. – Con il secondo mezzo (violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c.; art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4) la ricorrente in via principale si duole che la Corte d’appello abbia disatteso il motivo di impugnazione per nullità del lodo per avere il collegio arbitrale pronunciato su una domanda diversa da quella proposta da Monti di San Paolo Quinta. Premette la ricorrente che la domanda di Monti di San Paolo Quinta era diretta a sentire dichiarata la risoluzione del contratto per fatto e colpa di Panorama, per effetto di inadempienze della medesima società, con il conseguente risarcimento dei danni e perdita della caparra. Ad avviso della ricorrente, il collegio arbitrale, qualificando la domanda – anzichè come richiesta di risoluzione del contratto per inadempimento – come richiesta di risarcimento dei danni a seguito del disposto dell’art. 1358 c.c., avrebbe dato alla domanda una interpretazione e qualificazione del tutto diversa. In tal modo, il collegio arbitrale avrebbe svolto ‘un’opera di supplenza rispetto alle domande diversamente formulate da Monti di San Paolo Quinta, avendo riguardo ad una diversa causa petendi: mentre la domanda formulata presupponeva l’esistenza e l’efficacia del contratto, la norma applicata dagli arbitri presuppone l’inefficacia del contratto.

3.1. – Il motivo è infondato.

3.2. – Occorre premettere che Monti di San Paolo Quinta ha formulato le seguenti domande dinanzi al collegio arbitrale:

a) accertare che il comportamento di Panorama è stato contrario o quantomeno non adeguato all’onere di svolgere le necessarie attività, ivi compreso l’obbligo del tempestivo scambio di comunicazione, allo scopo di ottenere il tempestivo avveramento della condizione sospensiva residuata, e dichiarare che il complessivo comportamento omissivo di Panorama costituisce la causa esclusiva del mancato tempestivo avveramento di detta condizione sospensiva, che pertanto deve ritenersi per avverata;

b) in linea subordinata, fermo restando l’accertamento di cui alla lettera a) e la sua incidenza sulla subordinata richiesta, accertare la sussistenza di fatti e comportamenti di Panorama, in particolare nel periodo prossimo alla scadenza del termine del 31 dicembre 2008, in relazione all’obiettivo di proseguimento degli impegni contrattuali oltre la suddetta scadenza, e conseguentemente dichiarare la sopravvenuta inefficacia del termine di scadenza del 31 dicembre 2008 o come avvenuta la richiesta di proroga o comunque come verificata la proroga di quella scadenza; in ogni caso con dichiarazione di sopravvivenza della validità ed efficacia dei contratti;

c) “accertato quanto sopra, nonchè la sua incidenza sul presente quesito, accertare la eventuale persistente volontà di Panorama di sciogliersi dai summenzionati contratti, dichiarare che la risoluzione è da addebitare esclusivamente a fatto e colpa di Panorama per effetto delle denunciate inadempienze e comunque della sopravvenuta unilaterale decisione di Panorama di non voler più adempiere, con conseguente perdita della caparra confirmatoria e condanna al risarcimento degli ulteriori danni…”.

Nell’esaminare la domanda sub c) di Monti di San Paolo Quinta, il collegio arbitrale ha rilevato che tale domanda deve essere letta in relazione alla domanda sub a), ove Monti di San Paolo Quinta lamenta che il comportamento tenuto da Panorama è stato contrario o quantomeno non adeguato all’onere assunto di svolgere le necessarie attività, ivi compreso l’obbligo del tempestivo scambio di comunicazioni, allo scopo di ottenere il tempestivo avveramento della condizione sospensiva. La pronuncia arbitrale ha quindi osservato che la domanda proposta da Monti di San Paolo Quinta deve essere esaminata non già in relazione alla ritenzione o meno della caparra o alla risoluzione di un contratto già inefficace, quanto, piuttosto, in relazione all’art. 1358 c.c..

3.3. – La Corte d’appello di Roma ha respinto il corrispondente motivo di impugnazione. Investita della impugnazione per nullità del capo 6) del lodo, ai sensi dell’art. 829 c.p.c., n. 4), per avere il collegio arbitrale pronunciato su una domanda diversa da quella proposta dalle parti, la Corte distrettuale ha dichiarato infondata la censura, escludendo che il collegio abbia male interpretato la domanda di Monti di San Paolo Quinta o sia incorso in vizio di ultrapetizione. E ciò sul rilievo che Monti di San Paolo Quinta ha in effetti denunciato la mancanza di correttezza e di buona fede di Panorama nell’adempimento delle proprie obbligazioni e a tale condotta il collegio arbitrale ha ritenuto che nella fattispecie fosse applicabile, alla stregua della giurisprudenza citata nel lodo, l’art. 1358 c.c. e non l’art. 1453 c.c..

3.4. – Tanto premesso, occorre evidenziare che, al pari di quanto avviene relativamente alle domande giudiziali in genere (su cui v. Cass., Sez. III, 21 maggio 2019, n. 13602), l’interpretazione dell’effettivo contenuto dei quesiti posti al collegio arbitrale in sede di procedimento arbitrale e l’apprezzamento della loro reale portata, identificando e qualificando giuridicamente i beni della vita destinati a formare oggetto del provvedimento richiesto (petitum) nonchè il complesso degli elementi della fattispecie da cui derivano le pretese dedotte apud arbitros (causa petendi), costituisce un’operazione rientrante nei compiti del giudice del merito. Detto apprezzamento deve compiersi sulla base sia della formulazione letterale del quesito stesso sia, soprattutto, del suo contenuto sostanziale, in relazione alle finalità perseguite dalla parte ed al provvedimento richiesto in concreto, tenuto conto della situazione dedotta in causa. Il sindacato su tale operazione interpretativa è consentito alla Corte di cassazione nei limiti istituzionali del giudizio di legittimità (Cass., Sez. I, 11 maggio 2007, n. 10872).

Nella specie, quella adottata dalla Corte territoriale è senz’altro una motivazione esaustiva, che fa leva sul fatto che la domanda di Monti di San Paolo Quinta aveva lamentato la mancanza di correttezza e di buona fede di Panorama nell’adempimento delle proprie obbligazioni: una denuncia da valutare, trattandosi di contratto sottoposto a condizione sospensiva, alla luce del dovere di comportarsi secondo buona fede previsto dall’art. 1358 c.c..

Nè siffatta operazione di interpretazione e qualificazione, compiuta dal collegio arbitrale e convalidata dalla Corte d’appello, ha comportato l’alterazione del petitum originario o la modificazione dei fatti costitutivi posti a base della domanda proposta, tale da determinare, attraverso la sostituzione della domanda azionata dinanzi al collegio arbitrale con una diversa, la violazione del divieto di ultrapetizione, con conseguente nullità del lodo.

Va infatti considerato che Monti di San Paolo Quinta – con la domanda sub c) – aveva chiesto, non solo la risoluzione del contratto per inadempimento, ma anche il risarcimento dei danni, e aveva lamentato che il comportamento tenuto da controparte era stato contrario o quantomeno non adeguato all’onere assunto di svolgere le necessarie attività, ivi compreso l’obbligo del tempestivo scambio di comunicazioni, allo scopo di ottenere il tempestivo avveramento della condizione sospensiva.

Ne deriva che, con il riconoscere in favore di Monti di San Paolo Quinta il risarcimento del danno per violazione dell’obbligo di buona fede nello stato di pendenza, il collegio arbitrale non ha attribuito alla parte un bene giuridico diverso da quello domandato, nè ha fondato la decisione su presupposti diversi da quelli prospettati.

4. – Con il terzo mezzo (violazione e falsa applicazione dell’art. 111 Cost. e dell’art. 101 c.p.c.; art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4) Pan Panorama censura la sentenza impugnata per avere ritenuto inammissibile e infondato il motivo di impugnazione del capo 6) del lodo per violazione del principio del contraddittorio. Pan Panorama sostiene di non essere stata messa in condizione di esporre le proprie difese, anche istruttorie, per contrastare una domanda di condanna ai sensi dell’art. 1358 c.c.. Secondo la ricorrente, il collegio arbitrale avrebbe dovuto provocare il contraddittorio sulla questione, rilevata d’ufficio, che riteneva di porre a fondamento della decisione; la decisione di porre l’art. 1358 c.c., a fondamento del lodo è stata una “sorpresa” contenuta nel lodo stesso; lo spostamento della barra decisionale rispetto alla domanda di accertamento rilevante ai fini della risoluzione del contratto non poteva essere ritenuto ammissibile.

Sarebbe erronea anche la decisione di inammissibilità della impugnazione nella parte in cui è stato censurato il riconoscimento del risarcimento del danno in via equitativa in difetto di specifica domanda, sia perchè la difesa di Pan Panorama non è stata messa in condizione di dire nulla sulla inesistenza di un danno e della relativa prova, sia perchè Monti di San Paolo Quinta non ha provato di avere subito un danno e non ha formulato mezzi di prova sul punto, sia, ancora, perchè è mancata la indicazione dei criteri obiettivi utilizzati, da parte del collegio arbitrale, per determinare l’ammontare del danno.

4.1. – Il motivo è infondato e, in parte, inammissibile.

4.2. – In generale, costituisce violazione del contraddittorio la pronuncia di un lodo “a sorpresa” o della “terza via”, che si ha quando gli arbitri abbiano posto a fondamento della decisione una questione rilevata d’ufficio non sottoposta in precedenza al contraddittorio delle parti (Cass., Sez. I, 27 settembre 2018, n. 23325).

Tuttavia, la violazione dell’obbligo di sottoporre alle parti questioni ritenute decisive ma scrutinate direttamente nella pronuncia arbitrale senza provocare il contraddittorio, può configurare una causa di nullità del lodo non rispetto alle questioni in diritto, ma solo rispetto alle questioni di fatto o miste (di fatto e di diritto) (cfr. Cass., Sez. II, 19 febbraio 2019, n. 4830).

Nella specie, la prospettata nullità per violazione del contraddittorio non è configurabile, perchè, inalterato il quadro fattuale di riferimento, il collegio arbitrale si è limitato a sussumere il denunciato inadempimento di una parte del contratto sotto una fattispecie legale piuttosto che sotto un’altra, procedendo alla qualificazione giuridica della domanda e individuando la disposizione di legge applicabile al caso concreto.

Difatti, come correttamente evidenziato dalla Corte d’appello, Monti di San Paolo Quinta ha denunciato la mancanza di correttezza e di buona fede di Panorama nell’adempimento delle proprie obbligazioni e il collegio arbitrale, “fermi i fatti”, ha ritenuto applicabile la disposizione dell’art. 1358 c.c., anzichè l’art. 1453 c.c., dopo avere osservato che la condotta di Panorama va qualificata come inadempimento al dovere di comportarsi secondo buona fede, in pendenza della condizione, tenuto conto dell’obbligo di cui all’art. 2 della convenzione generale e del contratto preliminare.

Di qui l’infondatezza della doglianza.

4.3. – E’ inammissibile, e comunque infondata, la censura prospettata, con lo stesso motivo, in relazione al riconoscimento del risarcimento del danno in via equitativa in difetto di specifica domanda.

La doglianza non coglie adeguatamente la ratio decidendi, espressa là dove la Corte d’appello, nel dichiarare inammissibile la corrispondente censura, afferma che il criterio equitativo per la liquidazione del danno potrebbe essere utilizzato anche d’ufficio. Infatti, al rilievo della Corte del merito secondo cui la richiesta di adozione del criterio liquidatorio equitativo non viola il contraddittorio perchè tale criterio potrebbe essere utilizzato dal giudice anche d’ufficio, dovendo “considerarsi lecita emendatio libelli la domanda di adozione, anzichè in forma specifica, del criterio liquidatorio equitativo”, il motivo di ricorso muove una contestazione non pertinente, tutta focalizzata sul richiamo al principio secondo cui il giudizio sulla sussistenza del nesso di causalità tra violazione del dovere di buona fede ai sensi dell’art. 1358 c.c. e danno allegato deve avvenire secondo il criterio della regolarità causale.

Inoltre, il motivo di ricorso non articola nessuna specifica censura alla affermazione della Corte d’appello secondo cui “il criterio di liquidazione del danno adottato dal collegio arbitrale non può formare oggetto di nullità ma, al più, di violazione di legge”.

4.3.1. – In ogni caso, anche questo profilo di doglianza è infondato. Infatti, secondo l’orientamento di questa Corte, il giudice può fare ricorso ai criterio della liquidazione equitativa del danno ex art. 1226 c.c., ove ne sussistano le condizioni, anche senza domanda di parte, trattandosi di criterio rimesso al suo prudente apprezzamento (Cass., Sez. VI-3, 24 gennaio 2020, n. 1636); inoltre, in tema di arbitrato, si applicano i principi giurisprudenziali in tema di accertamento e liquidazione del danno, ivi compresa la liquidazione dei danni in via equitativa, tanto nell’ipotesi in cui sia mancata interamente la prova del loro preciso ammontare per l’impossibilità della parte di fornire congrui ed idonei elementi al riguardo, quanto nell’ipotesi di notevole difficoltà di compiere una precisa quantificazione (Cass., Sez. I, 14 febbraio 2014, n. 3558).

5. – Il quarto motivo del ricorso principale è rubricato “violazione e falsa applicazione dell’art. 829 c.p.c., comma 1, n. 11); art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3) e 4); omessa motivazione su un punto controverso e decisivo della causa”. Con esso ci si duole che la denuncia di contraddittorietà della motivazione del lodo sia stata dichiarata inammissibile dalla Corte d’appello. Secondo la ricorrente in via principale, la previsione di nullità del lodo sarebbe applicabile anche nel caso, come quello di specie, in cui la contraddittorietà emerga tra le varie parti della motivazione, ove sia tale da non far comprendere l’iter logico e giuridico sottostante la decisione. Rileva la ricorrente che, secondo il collegio arbitrale, si potrebbe parlare di condotta contraria a buona fede solo a partire dal 10 dicembre 2008 e fino al 16 dicembre 2008, data nella quale Panorama comunicò che non intendeva prorogare il termine, o al massimo fino al 31 dicembre 2008, data ultima per l’esercizio di tale facoltà; ma tale condotta – sempre ad avviso del collegio – non avrebbe nulla a che fare con il mancato avveramento della condizione. Non sarebbe dato comprendere in che cosa gli arbitri abbiano ritenuto sussistere una condotta illecita da parte di Panorama, avendo lo stesso collegio affermato che Panorama non è destinataria di alcun obbligo, ma solo titolare di un onere. Attesa l’ammissibilità della censura, Pan Panorama sostiene che la Corte d’appello sarebbe incorsa nel vizio di omessa motivazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), avendo omesso ogni valutazione nel merito rispetto a quanto denunciato.

5.1. – Il motivo è infondato.

In tema di arbitrato, la sanzione di nullità prevista dall’art. 829 c.p.c., comma 1, n. 11), per il lodo contenente disposizioni contraddittorie, va intesa nel senso che detta contraddittorietà deve emergere tra le diverse componenti del dispositivo, ovvero tra la motivazione ed il dispositivo, mentre la contraddittorietà interna tra le diverse parti della motivazione, non espressamente prevista tra i vizi che comportano la nullità del lodo, può assumere rilevanza, quale vizio del lodo, soltanto in quanto determini l’impossibilità assoluta di ricostruire l’iter logico e giuridico sottostante alla decisione per totale assenza di una motivazione riconducibile al suo modello funzionale (Cass., Sez. I, 21 febbraio 2006, n. 3768; Cass., Sez. I, 5 febbraio 2021, n. 2747).

Correttamente la Corte d’appello, facendo applicazione del richiamato indirizzo giurisprudenziale, ha escluso la riconducibilità del vizio rappresentato da Panorama nell’ambito della previsione della nullità del lodo ai sensi dell’art. 829 c.p.c., comma 1, n. 11).

Infatti, le parti della motivazione del lodo richiamate nell’atto di impugnazione dinanzi alla Corte d’appello e riprodotte nel ricorso per cassazione non denotano un iter argomentativo tale da risolversi in una non motivazione.

Da una parte, infatti, il collegio arbitrale, nel dichiarare infondata la domanda sub a) di Monti di San Paolo Quinta, riguardante la declaratoria della finzione di avveramento della condizione ex art. 1359 c.c., ha ritenuto documentalmente provato “che la mancata convocazione della conferenza dei servizi, funzionale al rilascio dell’autorizzazione amministrativa al commercio, non sia avvenuta entro il 31 dicembre 2008 per motivi che prescindono dalla condotta di Panorama” (pag. 13 del lodo). Ancora, nell’accogliere le domande di Panorama, gli arbitri hanno escluso che assuma rilievo la previsione della facoltà concessa, esclusivamente a Panorama, di proroga del termine previsto, giacchè, sotto questo profilo, Panorama non è destinataria di alcun obbligo, ma esclusivamente titolare di un onere, dovendosi escludere “la possibilità di valutare il silenzio di Panorama alla stregua di una condotta omissiva” (pag. 15 del lodo). Il collegio arbitrale (pag. 18 del lodo) ha inoltre evidenziato che “Panorama ha, almeno sino al 10 dicembre 2008, correttamente adempiuto all’obbligo, previsto dall’art. 2, di attivarsi e compiere ogni sforzo per ottenere l’autorizzazione amministrativa”.

Rispetto a queste parti della motivazione, deve escludersi che sia in frontale contraddizione o antitesi, sì da rivelare una motivazione nel complesso non riconducibile al suo modello funzionale, l’argomentazione – alla base dell’accoglimento parziale della domanda sub c) di Monti di San Paolo Quinta, di cui al capo 6) del dispositivo – circa la non piena linearità della condotta di Panorama a partire dal 10 dicembre 2008 e nei rapporti con Monti di San Paolo Quinta. Con la comunicazione del 16 dicembre 2008 – ha accertato il collegio arbitrale (v. pag. 18 e ss. del lodo) – Panorama ha tenuto un comportamento opposto a quello che era lecito attendersi dalla stessa, in contrasto con il dovere di comportarsi secondo buona fede, tenuto conto dell’obbligo di cui all’art. 2 della convenzione generale e del preliminare: un contegno che, violando i doveri di lealtà e correttezza, ha influito sul mancato verificarsi dell’evento condizionante.

6. – Con il quinto motivo (violazione o falsa applicazione dell’art. 823 c.p.c.; art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4) la ricorrente – premesso di avere prospettato la nullità del capo 6) del lodo per assenza di esposizione dei motivi, ovvero per la mancata esposizione di quegli specifici inadempimenti di Panorama che avrebbero configurato la violazione del dovere di buona fede durante i pochi giorni di dicembre 2008 – censura che non si riesca a comprendere in che cosa il collegio arbitrale abbia ritenuto sussistere una condotta illecita da parte di Panorama, non potendo essere il suo silenzio, ovvero il mancato esercizio del diritto alla proroga. La Corte d’appello non avrebbe ritenuto la censura meritevole di vera motivazione, con ciò incorrendo a sua volta in un vizio denunciabile in sede di legittimità.

6.1. – La censura è priva di fondamento.

In tema di arbitrato, l’obbligo di esposizione sommaria dei motivi della decisione imposto agli arbitri dall’art. 823 c.p.c., n. 5, il cui mancato adempimento integra la possibilità di impugnare il lodo ai sensi dell’art. 829 c.p.c., comma 1, n. 5, può ritenersi non soddisfatto solo quando la motivazione manchi del tutto o sia talmente carente da non consentire di comprendere l’iter logico che ha determinato la decisione arbitrale o contenga contraddizioni inconciliabili nel corpo della motivazione o del dispositivo tali da rendere incomprensibile la ratio della decisione (Cass., Sez. I, 18 dicembre 2013, n. 28218).

Attenendosi a questo principio di diritto, esente da censure si appalesa la statuizione della Corte territoriale, la quale ha evidenziato che il collegio arbitrale ha spiegato (pagg. 18 e 19 del lodo) in che cosa consiste la condotta censurabile di Panorama.

Infatti, il lodo arbitrale, per un verso, ha individuato nella repentina decisione, comunicata alla controparte il 16 dicembre 2008, di non voler esercitare la facoltà di proroga del termine, in contrasto con la condotta fino ad allora tenuta, l’atto che ha certamente impedito a Monti di San Paolo Quinta di conservare integre le proprie ragioni e che rappresenta una violazione del dovere di comportarsi secondo buona fede; per l’altro verso, ha sottolineato che la condotta di Panorama è stata contraddittoria e fonte di pregiudizio per Monti di San Paolo Quinta e, nel riepilogare, in punto di diritto, gli approdi della giurisprudenza di legittimità, ha affermato di volerne fare applicazione.

7. – Il sesto mezzo lamenta “omessa pronuncia su di un motivo di gravame ex art. 112 c.p.c.; art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3) e 4)”. Il motivo si riferisce all’omessa pronuncia rispetto ai motivi quinto e sesto del gravame proposto da Panorama. Osserva la ricorrente che la cassazione della pronuncia per i motivi già dedotti con il ricorso comporterebbe la necessaria riproposizione anche dei motivi di gravame non esaminati. Secondo Pan Panorama, la nullità del capo 6) del lodo determinerebbe la conseguente nullità parziale del capo 7) avente ad oggetto la parziale compensazione dei crediti; comporterebbe altresì l’annullamento del capo 8) del lodo avente ad oggetto la compensazione delle spese arbitrali e legali che devono seguire la soccombenza.

7.1. – Il motivo è infondato.

Contrariamente a quanto prospettato dalla ricorrente, la Corte d’appello di Roma non ha omesso di pronunciare sul quinto e sul sesto motivo di impugnazione, riguardanti, rispettivamente, la prospettata nullità del capo 7) del lodo, avente ad oggetto la parziale compensazione dei crediti, nonchè del capo 8) del lodo, sulla disposta compensazione delle spese arbitrali e legali.

La Corte territoriale ha difatti dichiarato tali motivi infondati, in quanto dipendenti dall’accoglimento dei motivi precedenti, viceversa rigettati.

L’esplicita decisione sul punto esclude la configurabilità del prospettato vizio di omessa pronuncia (cfr. Cass., Sez. III, 29 gennaio 2021, n. 2151).

8. – Con l’unico motivo di ricorso incidentale (violazione e falsa applicazione dell’art. 829 c.p.c., comma 1, n. 5), Monti di San Paolo Quinta si duole che la Corte d’appello, nel respingere il motivo di impugnazione incidentale, non abbia considerato l’evidenza di una chiara contraddittorietà tra la motivazione e il dispositivo del lodo. Sulla base della motivazione del lodo, il dispositivo non poteva che essere di accoglimento della domanda proposta da Monti di San Paolo Quinta, essendo stato acclarato che Panorama aveva tenuto una condotta che aveva certamente influito sul mancato verificarsi dell’evento condizionante e che, quindi, aveva impedito la verificazione della condizione sospensiva, così manifestando un interesse contrario al suo verificarsi. Il collegio arbitrale avrebbe dovuto acclarare l’influenza determinante della condotta tenuta da Panorama ai fini del mancato avveramento della condizione sospensiva e, di conseguenza, dichiarare l’avveramento della condizione sospensiva ai sensi dell’art. 1359 c.c..

8.1. – L’unico motivo di ricorso incidentale è infondato.

La complessiva censura muove dal presupposto che, sulla base della motivazione, il dispositivo del lodo non poteva che essere di accoglimento della domanda proposta da Monti di San Paolo Quinta sub a), ossia della domanda diretta ad accertare la verificazione della condizione sospensiva per causa imputabile a Panorama ai sensi dell’art. 1359 c.c.: e ciò avendo il collegio arbitrale acclarato che Panorama aveva tenuto una condotta che ha certamente influito sul mancato verificarsi dell’evento condizionante.

Contrariamente a quanto lamentato dalla società ricorrente in via incidentale, non ricorre la violazione denunciata, non essendo riscontrabile alcun contrasto tra le diverse parti della motivazione del lodo con efficacia causale sul dispositivo, nè d’altra parte sussistendo una contraddittorietà interna al tessuto motivazionale, tale da comportare l’assenza di una motivazione riconducibile al suo modello funzionale. La doglianza prospettata dalla società ricorrente in via incidentale non considera che il collegio arbitrale ha censurato la condotta di Panorama solo a partire dal 10 dicembre 2008, avendo per contro rilevato che “Panorama ha, almeno sino al 10 dicembre 2008, correttamente adempiuto all’obbligo, previsto dall’art. 2, di attivarsi e compiere ogni sforzo per ottenere l’autorizzazione amministrativa”.

Altro aspetto da mettere in rilievo è che da quella data, e nei rapporti con Monti di San Paolo Quinta, la condotta di Panorama non è stata del tutto lineare: manifestando repentinamente, in data 16 dicembre 2008, la volontà di non voler proseguire nel rapporto, Panorama ha tenuto un comportamento opposto a quello che era lecito attendersi dalla stessa, alla stregua dell’art. 1358 c.c..

Se la violazione del dovere di lealtà e correttezza ha “certamente influito sul mancato verificarsi dell’evento condizionante, a norma dell’art. 1358 c.c.”, resta “documentalmente provato… che la mancata convocazione della conferenza dei servizi, funzionale al rilascio dell’autorizzazione amministrativa, non sia avvenuta entro il termine del 31 dicembre 2008 per motivi che prescindono dalla condotta di Panorama, al di là del contegno da questa tenuto e degli obblighi dalla medesima assunti”.

In questo contesto, nel quale accanto al riconoscimento del risarcimento del danno per violazione dell’art. 1358 c.c. viene motivato il rigetto della richiesta declaratoria di finzione di avveramento ex art. 1359 c.c., si appalesa esente da censure la statuizione della Corte territoriale che, nel dichiarare inammissibile la corrispondente censura, ha escluso che ricorra l’ipotesi della nullità del lodo per vizi radicali della sua motivazione o per la sua intima contraddittorietà, sottolineando come in realtà la censura di Monti di San Paolo Quinta mirasse ad una contestazione nel merito di aspetti motivazionali.

9. – Il ricorso principale e il ricorso incidentale sono, entrambi, rigettati.

L’esito del giudizio di cassazione giustifica l’integrale compensazione tra le parti delle spese processuali.

10. – Poichè il ricorso principale e quello incidentale sono stati proposti successivamente al 30 gennaio 2013 e sono, entrambi, rigettati, ricorrono i presupposti processuali per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, che ha aggiunto al del Testo Unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte delle ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per le stesse impugnazioni, principale e incidentale, se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso principale e il ricorso incidentale e dichiara integralmente compensate tra le parti le spese del giudizio di cassazione.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte delle ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale e per quello incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 16 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 9 giugno 2021

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