Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16076 del 28/06/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 28/06/2017, (ud. 22/12/2016, dep.28/06/2017),  n. 16076

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. GRECO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. LA TORRE Marie Enza – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 2554-2012 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

B.S., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MONTESANTO 68,

presso lo studio dell’avvocato PIERLUIGI ANGELONI, che la

rappresenta e difende giusta delega a margine;

– controricorrenti –

avverso il provvedimento n. 536/2010 della COMM. TRIB. REG. SEZ.

DIST. di LATINA, depositata il 30/11/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/12/2016 dal Consigliere Dott. GRECO ANTONIO;

udito per il ricorrente l’Avvocato GALLUZZO che ha chiesto

l’accoglimento;

udito per la controricorrente l’avvocato ANGELONI che si riporta agli

atti;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO FEDERICO che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione, con tre motivi, nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio che, rigettandone l’appello, ha confermato l’annullamento dell’atto di irrogazione delle sanzioni conseguente: a) all’avviso di accertamento con il quale venivano determinati maggiori IRPEF, IRAP e IVA per l’anno 2003 a carico di Stefania B., esercente nell’isola di Ponza l’attività di mediazione immobiliare e titolare dell’Immobiliare Turistcasa: alla contribuente veniva contestato di svolgere in realtà l’attività di affittacamere e gestione di case e appartamenti per vacanze, in forza della disponibilità, ottenuta dai rispettivi proprietari, di immobili che ella affittava quindi ai turisti, fornendo loro annessi servizi accessori – pulizia appartamenti, camere e biancheria letti – riconducibili ad un’attività di tipo alberghiero; b) al successivo atto di contestazione.

Le controversie sorte originariamente con l’impugnazione dell’avviso di accertamento e con l’impugnazione dell’atto di contestazione sono state chiamate e discusse dinanzi a questo Collegio (rgn. 25144 del 2011 e rgn. 25146 del 2011) in pari data nel corso della medesima udienza pubblica.

L’accertamento aveva preso le mosse dal rinvenimento, in un locale adiacente alla sede dell’attività, di confezioni di biancheria sia pulita che da lavare, nonchè prodotti per la pulizia di appartamenti, risultanti anche da fatture di acquisto intestate alla ditta; e dalla verifica bancaria effettuata sul conto corrente, intestato all’Immobiliare Turistcasa, presso l’agenzia di un istituto di credito in Ponza, da cui risultavano operazioni di accredito e di prelievo delle quali la contribuente non aveva indicato alla Gdf i beneficiari, nonchè proprietari degli appartamenti, relativamente ai quali non aveva prodotto i contratti di mandato.

Il giudice d’appello dell’impugnazione dell’atto di irrogazione delle sanzioni, la CTR del Lazio, con la sentenza n. 536/40/10;

“Premesso:

– che l’Agenzia delle entrate di Formia impugnava la sentenza con cui la CTP aveva accolto il ricorso proposto da B.S. avverso l’atto di irrogazione sanzioni n. (OMISSIS) notificato il 14.3.07 ed emesso a seguito dell’atto di contestazione n. (OMISSIS) notificato il 25.6.06 e dell’avviso di accertamento n. (OMISSIS) notificato il 9.5.06 riferiti all’anno d’imposta 2003;

– rilevato che con le sentenze n. 701/39/10 e n. 700/39/10, entrambe depositate il 10 luglio 2010, la Commissione tributaria regionale del Lazio, confermate le pronunce rese dalla Commissione tributaria provinciale di Latina (con annullamento, in particolare, dell’avviso di accertamento innanzi specificato), ha rigettato gli appelli proposti dall’ufficio;

– tanto premesso, la Commissione, poichè l’atto in esame è scaturito dall’avviso di accertamento anzidetto, di conseguenza annulla l’atto di irrogazione”.

La contribuente resiste con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Col primo motivo, denunciando violazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 36 e art. 132 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, l’amministrazione ricorrente censura la sentenza di appello, trascritta pressochè integralmente supra, per aver rigettato il gravame sulla base di un mero richiamo a precedenti sentenze da essa emesse, decidendo la causa mediante un generico rinvio alle decisioni rese in altri giudizi; con il secondo motivo, denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c. e dell’art. 124 disp. att. c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, censurando la sentenza per aver confermato l’atto di irrogazione delle sanzioni sulla base del semplice presupposto di avere già annullato l’avviso di accertamento e l’atto di contestazione emessi per la medesima annualità, laddove una simile conseguenza avrebbe potuto derivare da un annullamento definitivo dell’atto presupposto, e non certo a due sentenze che, alla data della decisione (17 settembre 2010) non erano ancora passate in giudicato, perchè emesse il 20 luglio 2010, e delle quali la contribuente ha depositato copia non munita di attestazione di passaggio in giudicato; in via subordinata lamenta infine l’omessa applicazione dell’art. 295 c.p.c., in quanto la CTR, in presenza di un giudizio avente ad oggetto la irrogazione di una sanzione che si fondava su altri atti pregiudiziali (avviso di accertamento e atto di contestazione), avrebbe dovuto quanto meno sospendere il giudizio.

Il primo motivo del ricorso è fondato.

Questa Corte ha infatti affermato come “in forza del generale rinvio materiale alle norme del codice di rito compatibili (e, dunque, anche alle sue disposizioni di attuazione) contenuto nel D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1, comma 2, è applicabile al nuovo rito tributario così come disciplinato dal citato decreto il principio desumibile dalle norme di cui all’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e art. 118 disp. att. stesso codice secondo il quale la mancata esposizione dello svolgimento del processo e dei fatti rilevanti della causa, ovvero la mancanza o l’estrema concisione della motivazione in diritto determinano la nullità della sentenza allorquando rendano impossibile l’individuazione del “thema decidendum” e delle ragioni poste a fondamento del dispositivo” (Cass. n. 13990 del 2003: fattispecie relativa alla ipotesi in cui il giudizio avente a oggetto il reddito di partecipazione di un socio di una società di capitali era stato separatamente instaurato e trattato rispetto al giudizio attinente l’accertamento del reddito della società. L’indipendenza dei due processi, si è precisato, impone che la sentenza pronunciata nel giudizio concernente il reddito del socio, pur se legata da un nesso di consequenzialità necessaria a quella inerente al ricorso proposto dalla società, contenga tutti gli elementi essenziali in ordine allo svolgimento del processo e ai motivi in fatto e in diritto della decisione, senza che il giudice possa limitarsi a un mero rinvio alla motivazione della sentenza relativa alla società).

Il primo motivo del ricorso ricorso deve essere pertanto accolto, assorbito l’esame degli altri motivi, la sentenza impugnata deve essere cassata e la causa rinviata, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale del Lazio in differente composizione.

PQM

 

La Corte accoglie il primo motivo del ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale del Lazio in differente composizione.

Così deciso in Roma, il 22 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 28 giugno 2017

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