Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16075 del 21/07/2011

Cassazione civile sez. trib., 21/07/2011, (ud. 22/06/2011, dep. 21/07/2011), n.16075

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Presidente –

Dott. IACOBELLIS Marcello – rel. Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonio – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

Barbone Graniti Marmi di Barbone Luigi e Vito s.n.c., in persona del

legale rapp.te pro tempore, elett.te dom.to in Roma, alla via

Paisiello 15, presso lo studio dell’avv. Giovanni Bellomo, rapp.to e

difeso, unitamente all’avv. Damasceni Antonio, giusta procura in

atti;

– ricorrente –

contro

Tributi Italia s.p.a., in persona del legale rapp.te pro tempore,

elett.te dom.to in Roma, alla via Cicerone 28, presso lo studio

dell’avv. di Benedetto Pietro, dal quale è rapp.to e difeso, giusta

procura in atti;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria

Regionale della Puglia n. 42/2009/13 depositata il 28/4/2009;

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

giorno 22/6/2011 dal Consigliere Relatore Dott. Marcello Iacobellis;

viste le richieste del P.M., in persona del Sostituto Procuratore

Generale, Dott. SORRENTINO Federico, che ha concluso aderendo alla

relazione.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La controversia promossa da Barbone Graniti Marmi di Barbone Luigi e Vito s.n.c. contro Gestor s.p.a. ora Tributi Italia s.p.a. è stata definita con la decisione in epigrafe, recante l’accoglimento dell’appello proposto dalla Gestor s.p.a. contro la sentenza della CTP di Bari n. 140/13/2007 che aveva accolto il ricorso della Barbone Graniti Marmi di Barbone Luigi e Vito s.n.c. avverso gli avvisi di accertamento nn. 511 e 513 Tarsu per gli anni 2000-2004. La CTR riteneva gli avvisi di accertamento sufficientemente motivati, nonchè provati i fatti posti a base della pretesa tributaria.

Escludeva di contro che la contribuente avesse provato il preteso diritto alle agevolazioni o all’esenzione.

Il ricorso proposto si articola in due motivi. Resiste con controricorso la Tributi Italia s.p.a.. Il relatore ha depositato relazione ex art. 380 bis c.p.c.. Il presidente ha fissato l’udienza del 22/6/2011 per l’adunanza della Corte in Camera di Consiglio. Il P.G. ha concluso aderendo alla relazione.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con primo motivo la ricorrente assume la violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. La sentenza avrebbe erroneamente ritenuto che l’Ufficio avesse assolto l’onere di provare l’assimilazione dei rifiuti speciali a quelli solidi urbani mercè la produzione del Regolamento che, nell’art. 11 assoggetta alla Tarsu i rifiuti assimilati con il richiamo alla Delib. consiliare n. 23 del 22/5/1998.

La censura è inammissibile. In tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e quindi implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa- quale quella prospettata dalla ricorrente- è esterna all’esatta interpretazione della norma di legge e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito (Sez. U, Sentenza n. 10313 del 05/05/2006). Ulteriore profilo di inammissibilità è costituito dalla mancata indicazione delle affermazioni in diritto, contenute nella sentenza gravata che si assumono in contrasto con le disposizioni indicate – o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina. Nello stesso senso inammissibile è i quesito di diritto di cui all’art. 366 bis cod. proc. civ., privo della sintetica indicazione della regola di diritto applicata da quel giudice.

Con secondo motivo la ricorrente assume la insufficiente motivazione della decisione in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. La CTR avrebbe fondato il convincimento della fondatezza della pretesa tributaria su elementi documentali non acquisiti agli atti. I giudici avrebbero dichiarata raggiunta la prova dei fatti posti a base della pretesa tributaria senza leggere i documenti costituenti la prova dei fatti.

La censura è inammissibile. La deduzione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata con ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito della intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico – formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando, così, liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge. Ne consegue che il preteso vizio di motivazione, sotto il profilo della insufficienza della medesima, può legittimamente dirsi sussistente solo quando, nel ragionamento del giudice di merito, quale risultante dalla sentenza, sia rinvenibile traccia evidente dell’insufficiente esame di punti decisivi della controversia, prospettato dalle parti o rilevabile di ufficio. Ciò non ricorre nel caso in esame, laddove la ricorrente, nell’assumere che la CTR avrebbe ritenuto provati i fatti sulla base di elementi non acquisiti al processo, solleva una censura che non attiene alla motivazione della sentenza impugnata, ma alla inesatta percezione di circostanze presupposte come sicura base del ragionamento.

Vanno pertanto disattese le argomentazioni espresse dalla ricorrente con la propria memoria con rigetto del ricorso e condanna della ricorrente alla rifusione, in favore della Tributi Italia s.p.a., delle spese del grado che si liquidano in complessivi Euro 3.600,00, di cui Euro 100,00 per spese, oltre accessori di legge.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione, in favore della Tributi Italia s.p.a., delle spese del grado che si liquidano in complessivi Euro 3.600,00, di cui Euro 100,00 per spese, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 22 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 21 luglio 2011

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