Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16075 del 09/06/2021

Cassazione civile sez. II, 09/06/2021, (ud. 10/02/2021, dep. 09/06/2021), n.16075

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – Presidente –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25065/2019 proposto da:

E.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ARCHIMEDE, 44,

presso lo studio dell’avvocato BARBARA ANTUONI, rappresentato e

difeso dall’avvocato SABRINA SBIROLI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO COMMISSIONE TERRITORIALE RICONOSCIMENTO

PROTEZIONE INTERNAZIONALE LECCE, elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che

lo rappresenta e difende;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 634/2019 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 19/06/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

10/02/2021 dal Consigliere Dott. LUCA VARRONE.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. La Corte d’Appello di Lecce, con sentenza pubblicata il 19 giugno 2019, respingeva il ricorso proposto da E.C., cittadino della Nigeria, avverso il provvedimento con il quale il Tribunale di Lecce aveva rigettato l’opposizione avverso la decisione della competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale che, a sua volta, aveva rigettato la domanda proposta dall’interessato di riconoscimento dello status di rifugiato, di protezione internazionale, escludendo altresì la sussistenza dei presupposti per la protezione complementare (umanitaria);

2. La Corte d’Appello rilevava che la vicenda narrata dal richiedente era priva di riferimenti fattuali credibili. Egli, infatti, aveva dichiarato di essere andato via dalla Nigeria perchè, dopo aveva aderito al partito (OMISSIS) aveva ricevuto incarico da un esponente dello stesso partito di sabotare le sedi degli avversari in cambio di un posto di lavoro. Tale persona dopo aver vinto le elezioni non aveva mantenuto l’impegno e il richiedente aveva deciso di passare alla fazione avversa indicata con il nome di (OMISSIS) ed era stato incaricato di uccidere un suo avversario, essendosi rifiutato era stato vittima di rappresaglie tra le quali la distruzione della sua casa, così aveva deciso di lasciare il paese temendo ulteriori attentati.

La non credibilità del racconto determinava il rigetto della domanda di riconoscimento dello status di rifugiato e di protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b),.

Non ricorrevano i presupposti neanche della protezione di cui alla successiva lettera c), del citato art. 14, non risultando dalla consultazione delle fonti ufficiali, che l’area della Nigeria di provenienza del ricorrente fosse soggetta a una violenza generalizzata.

Anche il permesso di soggiorno per motivi umanitari doveva essere negato non sussistendone i presupposti di vulnerabilità.

3. E.C. ha proposto ricorso per cassazione avverso il suddetto decreto sulla base di sette motivi di ricorso.

4. Il Ministero dell’interno si è costituito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. il primo motivo di ricorso è così rubricato: violazione del dovere di cooperazione ufficiosa e omesso esame delle doglianze difensive circa la situazione il paese d’origine del richiedente e mancata considerazione dei seri motivi di carattere umanitario tenuto conto anche della situazione di vulnerabilità.

2. Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, per non avere la Corte d’Appello vagliato la domanda di protezione umanitaria sulla scorta di dati aggiornati sulla situazione generale del paese di origine del richiedente nonchè violazione del dovere di cooperazione istruttoria.

3. Il terzo motivo di ricorso è così rubricato: mancato riconoscimento del rischio di subire un danno grave ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 e sulla veridicità del racconto del richiedente che aveva allegato i fatti costitutivi del suo diritto e spettava al giudice attivare i propri poteri istruttori.

Si censura il provvedimento per non avere applicato correttamente i criteri volti a stabilire la credibilità dell’istante in relazione al rischio di “danno grave” rilevante ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria anche in questo caso senza la dovuta attivazione dei poteri officiosi;

4. Il quarto motivo di ricorso è così rubricato: omesso esame ex art. 360 c.p.c., n. 5.

In sostanza si ripete la censura di cui al terzo motivo sotto il profilo dell’omesso esame da parte del Corte d’Appello della situazione effettiva del paese di provenienza del richiedente senza attivazione dei poteri di cooperazione istruttoria;

5. Violazione e falsa applicazione D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, commi 3 e 5 e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, commi 2 e 3 e art. 27, comma 1 bis, D.P.R. n. 21 del 2015, art. 6, comma 6, e art. 16, direttiva 2013/32 UE, D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, comma 1, lett. g), art. 5, art. 14, comma 1, lett. b) e art. 15 direttiva 2011/95U.

La censura è ripetitiva delle precedenti sia in relazione alla ritenuta non credibilità dell’istante sia in relazione al rischio di danno grave. Anche per l’impossibilità di fornire tutela da parte delle autorità statuali.

La ricorrente inoltre cita alcune fonti dalle quali ritiene che emerga una situazione della Nigeria di violenza indiscriminata verso i civili.

6. Il sesto motivo è così rubricato: nullità del provvedimento per

violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, come inserito dal D.L. n. 13 del 2017, convertito con mod. dalla L. n. 46 del 2017, per non avere dato corso alla richiesta audizione del richiedente;

7. Con il settimo motivo si invoca, in relazione alla fattispecie concreta l’applicazione del principio di irretroattività con riferimento alle modifiche apportate dal D.L. n. 113 del 2018, convertito con la L. n. 132 del 2018 (in vigore dal 5 ottobre 2018) alla disciplina del permesso di soggiorno per motivi umanitari.

7.1 I sette motivi di ricorso, che stante la loro evidente connessione possono essere esaminati congiuntamente, sono infondati.

Quanto alla valutazione in ordine alla credibilità del racconto del richiedente, essa costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il quale deve valutare se le dichiarazioni siano coerenti e plausibili, del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c). Tale apprezzamento di fatto è censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito. (Sez. 1, Ordinanza n. 3340 del 05/02/2019, Rv. 652549).

La critica formulata nei motivi costituisce, dunque, una mera contrapposizione alla valutazione che la Corte d’Appello ha compiuto nel rispetto dei parametri legali e dandone adeguata motivazione, neppure censurata mediante allegazione di fatti decisivi emersi nel corso del giudizio che sarebbero stati ignorati dal giudice di merito. In particolare, con riferimento alla inverosimiglianza e contraddittorietà delle dichiarazioni del ricorrente.

La Corte d’Appello, inoltre, ha fatto esplicito riferimento alle fonti internazionali dalle quali ha tratto la convinzione che la Nigeria non sia una zona rientrante tra quelle di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c,.

Il potere-dovere di cooperazione istruttoria, correlato all’attenuazione del principio dispositivo quanto alla dimostrazione, e non anche all’allegazione, dei fatti rilevanti, è stato dunque correttamente esercitato con riferimento all’indagine sulle condizioni generali della Nigeria, benchè la vicenda personale narrata sia stata ritenuta non credibile dai giudici di merito (Cass. n. 14283/2019).

Deve ribadirsi che in tema di protezione sussidiaria, anche l’accertamento della situazione di “violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”, di cui alla norma citata, che sia causa per il richiedente di una sua personale e diretta esposizione al rischio di un danno grave implica un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito. Il risultato di tale indagine può essere censurato, con motivo di ricorso per cassazione, nei limiti consentiti dal novellato art. 360 c.p.c., n. 5 (Cass. ord. 30105 del 2018).

Inoltre, con riferimento alle ipotesi di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), deve evidenziarsi che il racconto del richiedente non è stato ritenuto credibile e che in tal caso non si impone l’esercizio dei poteri ufficiosi circa l’esposizione a rischio del richiedente in virtù della sua condizione soggettiva.

In ordine al riconoscimento della protezione umanitaria, il diniego è dipeso dall’accertamento dei fatti da parte del giudice di merito, che ha escluso con idonea motivazione, alla stregua di quanto considerato nei paragrafi che precedono l’esistenza di una situazione di sua particolare vulnerabilità. All’accertamento compiuto dai giudici di merito viene inammissibilmente contrapposta una diversa interpretazione delle risultanze di causa.

5. In conclusione il ricorso è inammissibile.

6. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

7. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 2100 più spese prenotate a debito;

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 10 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 9 giugno 2021

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