Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16074 del 09/06/2021

Cassazione civile sez. II, 09/06/2021, (ud. 10/02/2021, dep. 09/06/2021), n.16074

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – rel. Presidente –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26290/2019 proposto da:

T.S., elettivamente domiciliato in ROMA, CIRCONVALLAZIONE

CLODIA 177, presso lo studio dell’avvocato LEONARDO QUARANTA,

rappresentato e difeso dall’avvocato GIUSEPPE FERSINI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO

DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI LECCE, PUBBLICO MINISTERO PRESSO

LA PROCURA DELLA REPUBBLICA DEL TRIBUNALE DI LECCE;

– intimati –

avverso il decreto del TRIBUNALE di LECCE, depositato il 26/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

10/02/2021 dal Presidente relatore Dott. SERGIO GORJAN;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CERONI Francesca.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

T.S. – cittadino del Mali – ebbe a proporre ricorso avanti il Tribunale di Lecce avverso la decisione della locale Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, che aveva rigettato la sua istanza di protezione in relazione a tutti gli istituti previsti dalla relativa normativa.

Il ricorrente deduceva d’essersi dovuto allontanare dal suo Paese poichè la città in cui viveva nel 2012 fu occupata dai ribelli, che lo costrinsero a mettersi al loro servizio lavorando in cucina; riuscì a fuggire dopo alcuni mesi – nel 2013 – per giungere nel 2016 in Italia; non intendeva ritornare nel suo Paese poichè la sua città zona di guerra.

Il Tribunale pugliese ha rigettato il ricorso ritenendo non sussistenti ragioni per accogliere la sua domanda afferente la protezione internazionale e comunque non credibile il suo racconto; ritenendo non concorrente in Mali, nella zona di effettiva provenienza del ricorrente, una situazione socio-politica connotata da violenza diffusa e non dedotti, ai fini della protezione umanitaria, dati fattuali atti a consentire l’accoglimento di detta domanda.

Il T. ha proposto ricorso per cassazione avverso il decreto emesso dal Collegio salentino articolato su tre motivi, illustrato anche con nota difensiva.

Il Ministero degli Interni non è costituito.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso svolto dal T. appare inammissibile a sensi dell’art. 360 bis c.p.c. – siccome la norma è stata ricostruita ex Cass. SU n. 7155/17 -. In limine rileva la Corte come la notifica del ricorso al Ministero degli Interni sia nulla poichè effettuata presso l’Avvocatura distrettuale dello Stato di Lecce, anzichè come dovuto presso l’Avvocatura Generale dello Stato in Roma – Cass. SU n. 608/2015 -.

Tuttavia stante la palese inammissibilità del ricorso – Cass. sez. 1 n. 6924/20 – la causa può essere decisa senza disporre il rinnovo della notificazione in ossequio al principio di celerità immanente nel giusto processo.

Con il primo mezzo d’impugnazione il ricorrente deduce violazione della norma D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35 bis, commi 10 e 11, poichè il Tribunale di Lecce non ha fissato la prescritta udienza di comparizione delle parti.

La censura risulta inammissibile posto che l’argomento critico svolto prescinde da un effettivo confronto con la specifica motivazione portata al riguardo nel decreto impugnato.

Difatti nel provvedimento – pag. 1 – espressamente il Tribunale dà atto che le parti furono sentite all’udienza del 28.5.2019 tenuta dal Giudice delegato e tale affermazione non risulta contestata in alcun modo nell’argomentazione critica esposta nel ricorso.

La contestazione avanzata evoca l’insegnamento di questa Suprema Corte circa la nullità del decreto se, in difetto di videoregistrazione del colloquio reso in sede amministrativa – come pacifico nella specie -, non viene fissata udienza per sentire le parti siccome disposto dalla norma evocata in epigrafe, ma nella sostanza opera riferimento ad apposita udienza finalizzata alla nuova audizione del richiedente asilo.

Anche al riguardo la critica portata si compendia nell’evocazione di arresto di legittimità senza però cenno specifico critico all’approfondita motivazione illustrata dal Collegio salentino circa la non necessità di procedere a nuova audizione.

Con la seconda doglianza il ricorrente lamenta violazione del disposto D.P.R. n. 286 del 1998, ex art. 5, comma 6, ed omesso esame di fatto decisivo in quanto il Collegio pugliese non ha esaminato il suo elevato grado di integrazione in Italia e tenuto conto che non ha più legami parentali con il Malli – siccome lumeggiato dalla documentazione dimessa -, nonchè il Tribunale non ha esaminato la sua posizione in relazione alla nuova disciplina ex lege n. 132 del 2018, quando più favorevole alla sua domanda.

La censura risulta generica in quanto scollegata rispetto alla motivazione elaborata dal Tribunale circa la specifica documentazione versata in atti dal ricorrente.

Difatti il Collegio pugliese ha puntualmente esaminato la documentazione indicata dl T. in ricorso e rilevato come non lumeggiava radicamento sociale, posto che il lavoro risulta svolto per un periodo di tempo molto limitato e con un compenso assai modesto – neanche Euro 300,00 mensili.

Quindi il Tribunale ha messo in rilievo come non concorrevano ragioni nè soggettive nè oggettive di vulnerabilità considerato e la non credibilità del narrato reso dal T. e che lo stesso proveniva da una zona del Mali non interessata da violenza diffusa, secondo le fonti autorevoli più aggiornate, specificatamente indicate nel decreto.

In detta situazione di non radicamento in Italia ed assenza di condizione di vulnerabilità nemmeno, ha osservato il Tribunale, si può fondatamente procedersi alla comparazione.

Dunque il fatto dedotto siccome omesso risulta, invece, patentemente esaminato, mentre il ricorrente nemmeno indica in quale delle nuove fattispecie previste dalla L. n. 132 del 2018, possa esser ricondotto iil suo specifico caso, sicchè la questione posta al riguardo rimane sul piano meramente astratto.

Con il terzo mezzo d’impugnazione il T. lamenta violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 e art. 14, lett. c), art. 112 c.p.c., ed omessa considerazione di fatto decisivo, posto che il Collegio salentino non ha valutato adeguatamente la situazione socio-politica della zona di sua provenienza – il (OMISSIS) -, che viene lumeggiata siccome connotata da violenza diffuse dal rapporto Amnesty e dalle notizie sul sito (OMISSIS) curato dal Ministero degli Esteri.

La censura svolta appare inammissibile poichè generica in quanto il ricorrente non si confronta con la puntuale motivazione sul punto resa dal Collegio salentino nel decreto impugnato.

Difatti il Tribunale ha operato apposita valutazione circa la situazione sociopolitica esistente attualmente nel sud del Mali – zona di ritenuta provenienza del T. ad esito della valutazione del suo narrato motivatamente ritenuto non credibile – sulla scorta delle informazioni desumibili dai rapporti, aggiornati al 2018 e specificatamente indicati, redatti da Organizzazioni internazionali all’uopo preposte, e statuito come ivi non concorre situazione connotata da violenza diffusa nell’accezione data a tale concetto dalla Corte Europea.

Dunque la questione risulta partitamente esaminata sulla base di informazioni specifiche ed aggiornate, mentre l’argomento critico svolto nella censura evoca sempre la situazione esistente nella zona settentrionale del Paese, dalla quale il ricorrente non proviene, come accertato dal Tribunale.

Alla declaratoria d’inammissibilità dell’impugnazione non segue, ex art. 385 c.p.c., la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese di lite di questo giudizio di legittimità in favore dell’Amministrazione resistente non costituita. Concorrono in capo al ricorrente le condizioni processuali per l’ulteriore pagamento del contributo unificato.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza in Camera di consiglio, il 10 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 9 giugno 2021

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