Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1607 del 24/01/2011
Cassazione civile sez. I, 24/01/2011, (ud. 13/07/2010, dep. 24/01/2011), n.1607
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VITTORIA Paolo – Presidente –
Dott. SALME’ Giuseppe – Consigliere –
Dott. MACIOCE Luigi – Consigliere –
Dott. SCHIRO’ Stefano – rel. Consigliere –
Dott. CULTRERA Maria Rosaria – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
M.S., elettivamente domiciliato in Roma, via Lazio 20/C
presso gli avvocati Coggiatti Claudio e Giuseppe A. D’Onofrio, che lo
rappresentano e difendono per procura in atti;
– ricorrente –
contro
PREFETTURA DI ROMA, in persona del Prefetto pro tempore, domiciliata
in Roma, via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale dello
Stato, che la rappresenta e difende per legge;
– controricorrente –
avverso il decreto del Giudice di Pace di Roma n. 475/08 in data 21
ottobre 2008 nel procedimento n. 1050/08 R.G.;
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 13
luglio 2010 dal relatore, cons. Dott. Stefano Schiro’;
udito il P.M., in persona del sostituto procuratore generale, Dott.
GAMBARDELLA Vincenzo, che ha concluso chiedendo dichiararsi il
ricorso inammissibile.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con decreto del 21 ottobre 2008 il Giudice di Pace di Roma dichiarava inammissibile – in quanto tardivamente proposto oltre il termine di sessanta giorni dalla notifica del provvedimento impugnato – il ricorso proposto da M.S., cittadino (OMISSIS), avverso il decreto di espulsione emesso nei suoi confronti dal Prefetto di Roma e notificato il 28 settembre 2006. Per la cassazione di tale decreto ha proposto ricorso il M. sulla base di due motivi. La Prefettura intimata ha resistito con controricorso. Alla pubblica udienza il collegio ha trattenuto il ricorso in decisione e nella camera di consiglio ha deliberato di redigere la motivazione della sentenza in forma semplificata.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo il ricorrente deduce che il Giudice di Pace ha omesso di motivare sulle censure sollevate avverso il provvedimento di espulsione, in particolare con riferimento alla mancata traduzione del provvedimento di espulsione nell’unica lingua a lui nota.
Con il secondo motivo il M. denuncia la violazione del del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 13 del testo unico sull’immigrazione, in quanto il provvedimento di espulsione, redatto in lingua inglese, a lui sconosciuta, e’ stato predisposto in modo tale da non consentirgli di comprenderne l’esatta portata precettiva.
I due motivi, che possono essere esaminati congiuntamente in quanto attinenti a questioni strettamente connesse, sono privi di fondamento.
In tema di impugnazione dell’espulsione amministrativa dello straniero, il D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 13, comma 7, del T.U. sull’immigrazione (approvato con D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286) non impone all’Amministrazione di tradurre il decreto espulsivo nella lingua madre della persona da espellere, ma solo di assicurare che la traduzione del provvedimento avvenga “in una lingua conosciuta” e, solo ove cio’ non sia possibile, di garantire che la traduzione sia svolta “in lingua francese, inglese o spagnola”, ritenute lingue universali e, quindi, accessibili, direttamente o indirettamente, da chiunque (Cass. 2008/13833). In particolare l’obbligo dell’autorita’ procedente di tradurre la copia del relativo decreto nelle lingua conosciuta dallo straniero stesso e’ derogabile tutte le volte in cui detta autorita’ attesti e specifichi le ragioni per le quali tale operazione sia impossibile e si imponga, per l’effetto, la traduzione nelle lingue predeterminate dalla norma di cui al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 13, comma 7 (francese, inglese, spagnolo), atteso che tale attestazione e’, nel contempo, condizione non solo necessaria, ma anche sufficiente a che il decreto di espulsione risulti immune da vizi di nullita’, non specificando il citato D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 13 i casi di impossibilita’, ovvero i parametri generali ai quali essa va ragguagliata, e senza che il giudice di merito possa ritenersi autorizzato a sindacare le scelte della P.A. in termini di concrete possibilita’ di effettuare immediate traduzioni nella lingua dell’espellendo (Cass. 2004/13032;
2005/25026; cfr. anche Cass. 2004/ 4312; 2008/13833). Nel caso di specie, come si evince dallo stesso ricorso per cassazione, il ricorrente, nel proporre tardiva opposizione al decreto di espulsione, non ha in alcun modo dedotto che in detto decreto non fossero state specificate le ragioni per le quali non era stato possibile tradurne il contenuto in una lingua da lui conosciuta, ma ha fondato l’impugnazione del provvedimento di espulsione con argomenti di diritto (mancata traduzione del decreto in lingua a lui conosciuta e mancato utilizzo di formulari descrittivi del contenuto del provvedimento, non comprensione o comunque sottovalutazione della portata precettiva del decreto di espulsione in conseguenza della non conoscenza della lingua italiana e di quella veicolare nella quale il provvedimento era stata tradotto) privi di fondamento alla luce dei principi in precedenza enunciati e attesa l’omessa contestazione della circostanza che nel decreto di espulsione fossero state indicate le ragioni in ordine all’impossibilita’ di tradurre il decreto nella lingua conosciuta dallo straniero. Di conseguenza legittimamente il Giudice di pace, rilevata la tardivita’ dell’opposizione e a fronte della infondatezza delle ragioni per le quali il ricorrente aveva richiesto la rimessione in termine per l’opposizione al decreto di espulsione, ha dichiarato inammissibile il ricorso in quanto tardivamente proposto, cosi’ implicitamente escludendo la sussistenza di ragioni che consentissero detta rimessione in termini. Da qui l’infondatezza sia del primo motivo del ricorso per cassazione, non essendo neppure configurabile, comunque, un vizio di motivazione in ordine a questioni riguardanti l’interpretazione e l’applicazione di norme giuridiche (Cass. S.U. 2008/28054), che del secondo motivo, reiterativo di doglianze gia’ svolte nel giudizio di merito e prive di fondamento alla luce dei principi di diritto in precedenza enunciati e correttamente applicati dal Giudice di pace. Le considerazioni che precedono conducono al rigetto del ricorso e le spese del giudizio di cassazione, da liquidarsi come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
LA CORTE rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore della Prefettura di Roma delle spese del giudizio di cassazione, che si liquidano in Euro 800,00, oltre alle spese prenotate a debito.
Cosi’ deciso in Roma, il 13 luglio 2010.
Depositato in Cancelleria il 24 gennaio 2011