Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16069 del 21/07/2011

Cassazione civile sez. trib., 21/07/2011, (ud. 07/06/2011, dep. 21/07/2011), n.16069

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – rel. Consigliere –

Dott. DIDOMENICO Vincenzo – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna Concetta – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende, ope legis;

– ricorrente –

contro

P.C. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA GIUSEPPE PISANELLI 40, presso lo studio dell’avvocato BISCOTTO

BRUNO, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati

GAMBERINI GRAZIA, MARANI MARCELLO, giusta procura speciale a margine

del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 79/2008 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE

di BOLOGNA del 13/10/08, depositata il 15/10/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

07/06/2011 dal Consigliere Relatore Dott. CARLO PARMEGGIANI; è

presente il P.G. in persona del Dott. PIETRO GAETA.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Nella causa indicata in premessa è stata depositata in cancelleria la seguente relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. comunicata al P.M. e notificata agli avvocati delle parti costituite:

“La Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, con due motivi, avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Emilia-Romagna n. 79/8/08 in data 13 ottobre 2008, depositata il 15 ottobre 2008, confermativa della sentenza della CTP di Bologna che aveva accolto il ricorso di P.M. avverso l’avviso di accertamento per IRPEF-tassazione separata per l’anno 1999, emesso ai sensi del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 81 nella formulazione vigente “ratione temporis” quale plusvalenza in relazione ad una compravendita effettuata nel 1998, di un terreno che all’epoca della stipulazione era compreso in una variante deliberata dal Comune di Zola Predosa come zona edificabile, ma non ancora approvata (la approvazione della Regione perveniva in data successiva all’atto) dichiarato dal contribuente come terreno agricolo e ritenuto dall’Ufficio come area edificabile.

Il contribuente resiste con controricorso.

Con il primo motivo la Agenzia deduce violazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 81, comma 1, lett. b) e del D.L. n. 223 del 2006, art. 36 comma 2, convertito in L. n. 248 del 2006, ex art. 360 c.p.c., n. 3.

Sostiene che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Commissione di appello, l’art. 36 cit. si applica anche alle ipotesi previste dal TUIR e segnatamente anche a quella di cui alìart. 81 cit, nella formulazione vigente “ratione temporis” sicchè il fatto incontestato che il terreno al momento della vendita era definito edificabile nello strumento urbanistico adottato dal Comune era sufficiente a giustificare la tassazione come tale del terreno considerato.

Con il secondo motivo sostiene violazione del citato D.L. n. 223 del 2006, art. 36 e dell’art. 11 preleggi, osservando che la Commissione aveva data per ammessa la applicabilità della norma interpretativa alla disciplina in materia di ICI, ma non a quella disciplinata dal TUIR., laddove, ad avviso dell’Ufficio, la norma ha portata generale e non è contrastante con le disposizioni della L. n. 212 del 2000 (statuto del contribuente).

Il contribuente nel controricorso sostiene la infondatezza dell’assunto dell’Ufficio, in particolare osservando che il termine “vigente” attribuito dal TUIR allo strumento urbanistico da considerarsi, ha significato contrario ed incompatibile rispetto alla formulazione dell’art. 36, che fa riferimento “allo strumento urbanistico generale adottato dal Comune, indipendentemente dalla approvazione della Regione e dalla adozione di strumenti attuativi del medesimo” per cui la norma citata, ove ritenuta applicabile, avrebbe valore modificativo e non interpretativo. In tal caso, la norma sarebbe affetta da incostituzionalità per violazione del principio di irretroattività delle norme tributarie, per cui svolge la relativa eccezione.

I motivi, strettamente tra loro connessi, possono avere trattazione congiunta.

Gli stessi appaiono palesemente fondati, alla stregua delle argomentazioni che seguono: 1) come espressamente previsto nella disposizione di legge in oggetto, la norma di cui al D.L. cit. art. 36, comma 2, di natura dichiaratamente intepretativa, si applica anche alle ipotesi previste dal TUIR, tra cui quella in questione.

Sul punto può essere citata la sent. n. 25506 del 2006 della Sezioni Unite di questa Corte, che, pure se in tema di ICI, nelle premesse testualmente afferma: “L’art. 36, comma 2, citato, fornisce una condivisibile chiave interpretativa che, per espressa volontà del legislatore, deve essere utilizzata nell’applicazione delle disposizioni relative all’iva (D.P.R. n. 633 del 1972), al TUIR (D.P.R. n. 917 del 1986), all’ICI (D.Lgs. n. 504 del 1992) e all’imposta di registro (D.Lgs. n. 131 del 1986). La novella non fornisce un nuovo criterio di valutazione, ma si limita a chiarire che il beneficio della tassazione su base catastale, prevista per i terreni agricoli, non compete quando si tratti di suoli la cui vocazione edificatoria sia stata formalizzata in uno strumento urbanistico, ancorchè non operativo. E’ di comune esperienza, infatti, che tale circostanza è sufficiente a far lievitare il valore venale del suolo, secondo le leggi di mercato.” Appare evidente che la ” ratio” è identica per tutte le imposte citate, in quanto tutte hanno come presupposto un particolare valore del terreno in dipendenza della attribuzione della qualifica di edificabilità.

2) la natura interpretativa della norma, e conseguentemente la applicabilità della stessa a tutti i rapporti non ancora definiti, con esclusione di un carattere retroattivo proprio della norma in questione, è stata riconosciuta dalla Corte Costituzionale nella ordinanza n. 41 del 2008, in cui il Giudice delle leggi, occupandosi dell’eccepito contrasto con la L. n. 212 del 2000, afferma “che a tale conclusione non osta il disposto della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 1, comma 2 (Disposizioni in materia di statuto dei diritti dei contribuenti), secondo cui “L’adozione di norme interpretative in materia tributaria può essere disposta soltanto in casi eccezionali e con legge ordinaria, qualificando come tali le disposizioni di interpretazione autentica”; che la disposizione denunciata, infatti, in quanto dotata della stessa forza della L. n. 212 del 2000 (che non ha valore superiore a quello della legge ordinaria, come sottolineato da questa Corte con le ordinanze n. 180 del 2007, n. 428 del 2006 e n. 216 del 2004), è idonea ad abrogare implicitamente quest’ultima e, conseguentemente, ad introdurre nell’ordinamento una valida norma di interpretazione autentica, ancorchè priva di una espressa autoqualificazione in tal senso”;

3) la argomentazione del ricorrente, secondo cui la norma non può avere carattere interpretativo perchè attribuirebbe alla disposizione interpreta tata un significato incompatibile con la formulazione letterale, non pare condivisibile: il termine ” vigente” in sè significa solo “esistente e valido” secondo la normativa che presiede alla emanazione dell’atto e non comprende necessariamente la nozione di efficacia, che può dipendere da fatti o atti ulteriori ed indipendenti dalla giuridica esistenza dell’atto considerato; per cui il significato attribuitogli dalla norma di interpretazione autentica era già astrattamente contenuto nella disposizione in oggetto.

La eccezione di incostituzionalità sollevata dal contribuente è palesemente infondata, alla luce della argomentazioni svolte nella citata ordinanza della Corte Costituzionale.”

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Che il Collegio, a seguito della discussione in Camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione;

che nessuna nuova argomentazione emerge dalla memoria depositata dal contribuente;

che pertanto, riaffermati i principi sopra richiamati, il ricorso deve essere accolto, con cassazione della sentenza impugnata e, non ostandovi questioni di fatto.

Decisione della causa nel merito con reiezione del ricorso introduttivo del contribuente. Le spese della fase di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo, laddove si ritiene di compensare tra le parti le spese dei gradi di merito.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito, respinge il ricorso introduttivo del contribuente.

Condanna il contribuente alle spese di questa fase di legittimità, che liquida in Euro 5.000 oltre spese prenotate a debito. Compensa le spese dei gradi di merito.

Così deciso in Roma, il 7 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 21 luglio 2011

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