Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16069 del 02/08/2016


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Cassazione civile sez. un., 02/08/2016, (ud. 05/07/2016, dep. 02/08/2016), n.16069

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RORDORF Renato – Primo Presidente f.f. –

Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente di sez. –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente di sez. –

Dott. CURZIO Pietro – Presidente di sez. –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente di sez. –

Dott. AMBROSIO Annamaria – Presidente di sez. –

Dott. GIANGOLA Maria Cristina – rel. Consigliere –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 10779-2014 proposto da:

COMUNE DI CIS, in persona del Sindaco pro tempore, SOC. ITED S.R.L.,

in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA BARBERINI 29, presso lo studio

dell’avvocato MANFREDI BETTONI, che li rappresenta e difende

unitamente all’avvocato FRANCO MELLAIA, per delega a margine del

ricorso;

– ricorrenti –

contro

PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO, in persona del Presidente pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI GRACCHI 39, presso lo

studio dell’avvocato ADRIANO GIUFFRE’, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato FRANCO MASTRAGOSTINO, per procura speciale

del 14/05/2014, in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 33/2014 del TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE

PUBBLICHE, depositata il 28/01/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/07/2016 dal Consigliere Dott. MARIA CRISTINA GIANCOLA;

uditi gli avvocati BETTONI MANFREDI e FRANCESCA GIUFFRE’ per delega

dell’avvocato Adriano Giuffrè;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

AUGUSTINIS Umberto, che ha concluso per l’inammissibilità del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 33 del 16.10.2013-28.01.2014, notificata il 4.03.2014, il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, adito in unico grado ai sensi del R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 143 respingeva il ricorso (per annullamento) proposto dal Comune di CIS e dalla I.T.E.D. S.r.l. e resistito dalla Provincia Autonoma di Trento.

Il TSAP premetteva che il Comune di Cis e la società ITED avevano impugnato i seguenti atti:

la determinazione del dirigente del Servizio utilizzazione delle acque pubbliche della Provincia Autonoma di Trento n. 168 del 10 dicembre 2010, recante rigetto della “domanda presentata in data 26 novembre 2007 dal Comune di Cis unitamente alla società I.T.ED. s.r.l. (OMISSIS) di concessione a derivare dal torrente Noce a quota 537,92 m s.l.m. la portata massima e media rispettivamente di l/s 40.000 e l/s 19.900 di acqua a scopo idroelettrico per produrre la potenza nominale media di KW 2.089,50”;

le (presuppose) deliberazioni n. 2091 del 28 agosto 2009 e n. 2729 del 3 dicembre 2010, con le quali la Provincia autonoma di Trento aveva “accertato che sussistono interessi prevalenti ad un uso diverso delle acque e ha riconosciuto un prevalente interesse ambientale incompatibile con la derivazione idroelettrica in questione”;

nonchè, in parte qua, per quanto potesse occorrere, (gli ulteriori atti presupposti costituiti da) il piano energetico-ambientale provinciale approvato con deliberazione della Giunta provinciale n. 2438 del 3 ottobre 2003, il piano di tutela delle acque, approvato con deliberazione della Giunta provinciale n. 3233 del 30 dicembre 2004, il piano generale di utilizzazione delle acque pubbliche, reso esecutivo con D.P.R. 15 febbraio 2006, le Delib. Giunta provinciale 21 aprile 2006, n. 783 e Delib. 31 agosto 2007, n. 1847, con le quali erano state stabilite le misure organizzative e metodologiche afferenti le procedure per il rilascio di concessioni di piccole derivazioni ad uso idroelettrico, l’insieme degli altri atti endoprocedimentali, consequenziali e connessi.

Tanto premesso il TSAP osservava e riteneva che:

– i ricorrenti avevano dedotto i vizi di violazione di legge ed eccesso di potere sotto diversi profili, evidenziando. in particolare, l’innovatività dell’iniziativa progettuale idroelettrica ideata congiuntamente dal Comune di Cis e dalla sua società partecipata ITED s.r.l. e la sua “premiabilità”, in quanto diretta a produrre energia rinnovabile, per la quale sarebbe sussistito un preminente, favor rispetto ad altri diversi utilizzi. Avevano lamentato anche che la Provincia autonoma di Trento non avesse ben compreso le caratteristiche e la tipologia delle modalità di derivazione che loro avevano inteso realizzare, e sulla base di tale travisata percezione, a sua volta frutto di una carente istruttoria, avesse erroneamente respinto la relativa domanda di concessione di derivazione:

– in forza della potestà legislativa riconosciuta alla Provincia autonoma di Trento nelle materie concernenti “l’utilizzazione delle acque pubbliche” e la “produzione, trasporto e distribuzione dell’Energia -, la disciplina legislativa di riferimento da prendere in considerazione per risolvere la controversia in esame era quella dettata dalla L.P. 6 marzo 1998, n. 4, art. 1 bis, comma 3. Tale disposizione, al comma 3, subordinava la costruzione e l’esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili al rispetto, fra gli altri, del piano energetico provinciale e degli altri strumenti di pianificazione e di programmazione provinciale, nonchè al rispetto delle normative provinciali vigenti in materia di tutela ambientale e paesaggistico – territoriale. Secondo le disposizioni del Piano energetico-ambientale provinciale, approvato con Delib. Giunta provinciale 3 ottobre 2003, n. 2438 le concessioni di nuova derivazione d’acqua a scopo idroelettrico potevano essere assentite ove la Giunta provinciale non avesse ritenuto sussistente un prevalente interesse pubblico ad un diverso uso delle acque. In linea con tale previsione, l’art. 7, comma 1, lett. I) delle norme di attuazione del Piano generale di utilizzazione delle acque pubbliche, reso esecutivo con D.P.R. 15 febbraio 2006, aveva disposto che le concessioni di nuova derivazione d’acqua a scopo idroelettrico potevano essere assentite ove la Giunta provinciale non avesse ritenuto sussistente un prevalente interesse pubblico ad un uso diverso delle acque, tenuto conto, altresì, di quanto stabilito dal Piano di tutela delle acque (P.T.A.), nonchè fatte comunque salve le disposizioni della normativa ambientale, nel rispetto di determinati criteri. L’art. 8, comma 16, delle norme di attuazione del P.T.A., approvato con Delib. Giunta provinciale 30 dicembre 2004, n. 3233 a sua volta disponeva che in sede di valutazione degli usi diversi, la Giunta provinciale doveva valutare, preventivamente all’attivazione del procedimento di concessione di nuove derivazioni d’acqua, se sussistesse un prevalente interesse ambientale incompatibile con la derivazione proposta, tenendo conto: a) della necessità di garantire il raggiungimento o il mantenimento degli obiettivi di qualità ambientale e per specifica destinazione del corpo idrico; h) delle esigenze di funzionalità fluviale e paesistica. Con Delib. Giunta provinciale 21 aprile 2006, n. 783 erano state adottate le misure organizzative e metodologiche per la valutazione della sussistenza di un prevalente interesse ambientale di cui all’art. 8, comma 16, del P.T.A. Tale deliberazione prevedeva, in particolare, l’acquisizione del parere dell’Agenzia provinciale per la protezione dell’ambiente (A.P.P.A.), con riguardo agli obiettivi di qualità, alle esigenze di funzionalità fluviale e, ove ne ricorressero i presupposti, di alta compatibilità ambientale. Si prevedeva. inoltre, che il Servizio Urbanistica e Tutela del Paesaggio provvedesse a valutare le esigenze paesaggistiche in applicazione di quanto previsto dall’Allegato 13;

– in sintesi, dal quadro normativo così illustrato, emergeva che, nell’ambito del procedimento per il rilascio della concessione di derivazione, la verifica della sussistenza di un interesse ambientale incompatibile con la derivazione si qualificava come sub-procedimento preliminare che si concludeva con un parere di competenza della Giunta, a sua volta fondato su valutazioni di competenza dell’A.P.P.A. e del Servizio Urbanistica e Tutela del Paesaggio. I provvedimenti impugnati costituivano proprio l’esito di questo sub-procedimento. Nel caso di specie, la determinazione negativa espressa dalla Giunta provinciale (n. 2091 del 28 agosto 2009) si sottraeva alle censure di illegittimità sollevate dai ricorrenti. Tale determinazione, infatti, era stata adottata all’esito di un’istruttoria che non rivelava profili di incompletezza, in quanto supportata. fra l’altro, dalle analitiche e documentate valutazioni rese dall’A.P.P.A. e dal Servizio Urbanistica e Tutela del Paesaggio. rispettivamente con nota in data 28 agosto 2008 e 27 gennaio 2009. Le motivazioni del provvedimento della Giunta si trovavano, in particolare, nelle considerazioni contenute nella premessa del provvedimento medesimo, che riprendevano le argomentazioni già emerse nella conferenza di servizi. In esse si segnalavano le seguenti circostanze ostative a) il progetto sottoposto generava un cambiamento drastico nel regime idrico del torrente; b) il rallentare sensibilmente il corso d’acqua peggiorava sicuramente le condizioni qualitative del corso d’acqua in termini di sottrazione di habitat, minore assegnazione delle acque e delle capacità autodepurative in generale, deposizione di limi con occlusioni interstiziali; c) la derivazione richiesta risultava formalmente accettabile relativamente alle esigenze di funzionalità fluviale. ma si evidenziavano cumulativamente severe problematiche in termini generali; d) le opere andavano ad inserirsi in un contesto di particolare pregio ambientale; in particolare, l’intera area ripariale a monte della forra, che sarebbe stata sommersa dall’innalzamento della quota d’acqua, o dagli ingenti riporti di materiale, risultava di particolare interesse ambientale. Questo contesto di grande valenza ambientale che conservava requisiti di integrità, diversità e qualità visive di grande rilievo, non poteva essere in grado per la sua configurazione di assorbire opere come quelle proposte, che avrebbero comportato la totale alterazione dei luoghi determinandone una diversa caratterizzazione negativa sotto il profilo paesaggistico e ambientale. I citati passaggi motivazionali risultavano certamente esaustivi e consentivano di comprendere, nel dettaglio, le ragioni che stavano alla base del provvedimento impugnato. Nel merito la valutazione espressa dalla Giunta era connotata da ampi margini di discrezionalità amministrativa, riguardando la sussistenza di un prevalente interesse pubblico ad un diverso uso delle acque; essa, pertanto. poteva essere censurata solo in presenza di evidenti segni di sviamento (quali, ad esempio. desumibili dalla sua intrinseca illogicità o contraddittorietà o dalla carenza di supporto motivazionale) che nella specie certamente non ricorrevano. Non risultavano neanche profili di incompletezza dell’istruttoria. Al contrario. i contenuti dell’esame istruttorio sui quali si era basata la decisione della Giunta provinciale impugnata erano compiutamente sintetizzati nei pareri formulati dall’A.P.P.A. e dal Servizio Urbanistica e Tutela del Paesaggio.

Avverso questa sentenza il Comune di CIS e la ITED S.r.l hanno proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, illustrato da memoria e notificato 18-29.04.2014 alla Provincia Autonoma di Trento che il 29.05-4.06.2014 ha resistito con controricorso e depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

A sostegno del ricorso il Comune di CIS e la ITED S.r.l denunziano:

1 “Ex art. 360 c.p.c., n. 3: Violazione del principio iura novit curia, segnatamente in riferimento alla norma di diritto vivente, come scolpita dalla Corte Costituzionale nella sentenza 11.7.1989, n. 389, che impone tanto agli Organi giurisdizionali, dotati del potere di dichiarazione del diritto, quanto agli Organi amministrativi, sprovvisti di tale potere di dichiarazione del diritto, di disapplicare le norme di diritto interno, nella specie recate da più disposizioni della L.P. 6 marzo 1998, n. 4, quest’ultima normativa confliggente con il diritto comunitario come acclarato da ultimo dalla nota della Commissione Europea dd. 26.9.2013 diretta al Ministro per gli affari esteri della Repubblica Italiana”.

In particolare i ricorrenti invocano la disapplicazione di norme “recate da più disposizioni della L.P. 6 marzo 1998, n. 4” (e nell’illustrazione del motivo conclusivamente ricondotta all’art. 1 bis, comma 3 della rubricata legge) per contrasto con il diritto comunitario. contrasto fondato sul richiamo sia della nota della Commissione Europea del 26.09.2013 diretta al Ministro per gli affari esteri della Repubblica italiana (correlata alla procedura d’infrazione IP/05/920 ed agli obblighi imposti dall’art. 49 TFUE e dell’art. 12 della Direttiva 2006/123/CE), sia di precedenti sentenze rese da queste Sezioni Unite, ossia la sentenza n. 27882 del 13.12.2013 e la sentenza n. 11653 del 18.05.2013, sia della L.R. Friuli Venezia-Giulia n. 16 del 2002, art. 17, comma 8 nel testo applicabile ratione temporis, sia del principio solidaristico di cui all’art. 2 Cost., sia del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 144, comma 2 ed ancora dell’art. 41 Cost., sia ancora del principio della precauzione, volto al conseguimento di benefici per l’ambiente e segnatamente per l’atmosfera e raccomandato da Direttive vincolanti, dalla Comunità Internazionale nonchè valorizzato nella sentenza n. 389 del 1989 della Corte Costituzionale involgente gli artt. 52 e 59 del Trattato CEE 25 marzo 1957. Addebitano ancora al TSAP di avere omesso di scrutinare la loro istanza di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia europea onde risolvere la questione interpretativa sul se la sottrazione di un’asta fluviale pubblica all’utilizzo idroelettrico senza derivazione (ossia con utilizzazione delle fluenze ma senza presa diretta d’acqua e senza singola incisione oroidrografica, ma con considerazione dell’ambiente unitariamente considerato) costituisca lesione delle direttive comunitarie 2001/77/CE, 2003/54/CE e 2009/72/CE, che richiedono, segnatamente la seconda, procedure trasparenti, informate a criteri di obiettività e non discriminatori.

2.-1.- “Ex art. 360 c.p.c., n. 5: motivazione perplessa, incongrua ed illogica con assunzione di premesse di base fittizie ed artificiosa ed illogica ipostatizzazione della salvaguardia ambientale riferita solo al particolare dell’incisione oroidrografica dell’asta fluviale in considerazione e non all’Ambiente unitariamente considerato. Violazione dei limiti della discrezionalità, amministrativa e tecnica, in contrasto con le comuni acquisizioni della logica e della scienza”.

I due motivi del ricorso non meritano favorevole sorte.

Con priorità logico-giuridica vanno esaminate le censure svolte nella parte finale del primo motivo e nel secondo motivo d’indole motivazionale, tutte implicanti i dati fattuali in tesi non solo erronei ma anche assunti a fondamento sia del diniego amministrativo della concessione di derivazione idroelettrica e sia del successivo rigetto dell’impugnazione proposta dinanzi al TSAP, costituiti dalle caratteristiche e modalità operative della progettata infrastruttura, che secondo i ricorrenti era stata – fittiziamente” percepita come atta a derivare acqua dal torrente Noce ed a produrre un’artificiosa incisione oroidrografica. Nel loro insieme le doglianze in questione sono inammissibili. Il prospettato errore di fatto da cui sarebbe affetta la sentenza del TSAP non può costituire, come invece è stato, motivo di ricorso per cassazione per violazione dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 (nel testo attualmente in vigore ed applicabile ratione temporis) giacchè esso potrebbe semmai integrare gli estremi del vizio revocatorio, tutelabile ai sensi del R.D. n. 1775 del 1933, art. 199 che rinvia all’art. 494 c.p.c., (comma 1, n. 4) approvato col R.D. 25 giugno 1865, n. 2366, ora art. 395 vigente c.p.c., comma 1, n. 4.

Questa conclusione contribuisce ad evidenziare l’assiomaticità delle doglianze articolate nel secondo motivo di ricorso, nel loro complesso in ogni caso inammissibili, considerando, a fronte dei noti principi restrittivi introdotti dal nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la puntualità e logicità delle argomentazioni che sorreggono l’impugnata sentenza (cfr anche Cass. SU n. 741 del 2015; n. 10322 del 2016); nel contempo essa evidenzia pure la non necessarietà del rinvio pregiudiziale interpretativo alla Corte di Giustizia UE, ai sensi dell’art. 267 TFUE, chiesto dai ricorrenti sul presupposto fattuale, non desumibile dall’impugnata sentenza nè altrimenti evincibile in questa sede, dell’assenza di sottrazione di qualsivoglia volume d’acqua dall’asta fluviale e di pregiudizio per l’ambiente. D’altra parte l’insussistenza dei presupposti per tale rinvio è anche evidenziata dal riferimento diretto della ravvisata incompatibilità alle assunte ed in tesi trascurate caratteristiche della progettata iniziativa (in tema cfr Cass. n. 6862 del 2014), non mediato dall’esegesi della normativa interna (statale e provinciale) che alle menzionate Direttive europee (in tema, cfr Corte Costituzionale, sentenza n. 86 del 2014) e segnatamente alla 2001/77/CE ha dato attuazione.

Anche le ulteriori censure dedotte nel primo motivo del ricorso con l’intento di conseguire la disapplicazione della normativa provinciale e segnatamente della L.P. 6 marzo 1998, n. 4, art. 1 bis, comma 3 (introdotto in attuazione dell’art. 6 della Direttiva 2001/77/CE ed in linea con i principi generali di cui al R.D. n. 1775 del 1933, art. 12 bis), non hanno pregio. Con esse viene in sintesi prospettata la violazione dei noti principi di libertà di stabilimento e di prestazione di servizi, di trasparenza, di non discriminazione e libera concorrenza contemplati da direttive comunitarie in tema di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili, implicati dagli attuati richiami normativi con connesse procedure (in tema cfr Cass. SU n. 10322 del 2016) nonchè riflessi nelle citate pronunce di questa Corte e della Corte Costituzionale, principi che però non risultano attinenti e pertinenti al decisum, involgente il diverso ambito della verifica di compatibilità o meno della chiesta concessione di derivazione di acqua, con gli interessi pubblici ambientali e paesaggistici, conclusivamente esclusa in base anche all’esito del prescritto subprocedimento preliminare definito dal parere negativo espresso dalla Giunta provinciale.

In definitiva il ricorso deve essere respinto. con condanna in solido del Comune di CIS e della ITED S.r.l., soccombenti, al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna in solido il Comune di CIS e la ITED S.r.l. al pagamento, in favore della Provincia Autonoma di Trento, delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 3.000,00 per compenso ed in Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfetarie ed agli accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 5 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 2 agosto 2016

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