Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16068 del 28/06/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 28/06/2017, (ud. 13/12/2016, dep.28/06/2017),  n. 16068

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 7623/2015 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

GRANAROLO SPA in persona del legale rappresentante oro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA F. DENZA 20, presso lo studio

dell’avvocato LAURA ROSA, rappresentato e difeso dall’avvocato

LORENZO DEL FEDERICO giusta delega in calce;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1536/2014 della COMM. TRIB. REG. di BOLOGNA,

depositata il 16/09/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/12/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO GRECO;

udito per il ricorrente l’Avvocato CAMASSA che ha chiesto

l’accoglimento;

udito per il controricorrente l’avvocato D’ILIO per delega

dell’avvocato DEL FEDERICO che si riporta agli atti;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO Immacolata, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Nel 1997 la spa SAIL – nel 2009 incorporata nella spa Granarolo – acquistava dal Consorzio Romagnolo Produttori Latte s.c. a r.l. l’intero capitale sociale della srl Daunia, con la quale l’anno successivo si fondeva incorporandola: la fusione produceva un disavanzo da annullamento della partecipazione che la SAIL iscriveva nell’attivo della situazione patrimoniale alla voce “Avviamento”, da ammortizzare in 25 anni in quote costanti da Euro 411.035,83.

La SAIL, ritenendo che “i maggiori valori iscritti in bilancio per effetto dell’imputazione del disavanzo da annullamento” godessero dell’affrancamento dall’imposta previsto dal D.Lgs. 8 ottobre 1997, n. 358, art. 6, comma 2, lett. b), faceva concorrere le quote di ammortamento dell’avviamento alla formazione del proprio reddito come componente negativa.

L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, con un motivo, nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale della Puglia che, rigettandone l’appello, ha confermato l’annullamento dell’avviso di irrogazione di sanzione, per violazione dell’art. 103 T.U.I.R. e del D.Lgs. n. 358 del 1997, art. 6, in relazione alla quota di ammortamento dedotta nel 2004 per l’iscrizione dell’avviamento nel bilancio.

L’ufficio infatti, rilevato che contestualmente all’ammortamento in venticinque quote annuali la cedente Consorzio Emiliano Produttori Latte aveva realizzato una plusvalenza per la quale non aveva pagato nulla a titolo d’imposta, essendo i redditi di cooperativa agricola esenti in base al D.P.R. n. 601 del 1973, art. 10, aveva preteso la tassazione della quota dell’ammortamento detratta dalla SAIT, in quanto il principio di neutralità fiscale, insito nei trattamenti derivanti da fusione, non consentiva il riconoscimento della deducibilità dell’avviamento in presenza di un’esenzione di imposta come nella specie; ed aveva irrogato la sanzione con l’avviso impugnato.

Secondo il giudice d’appello era infatti corretta l’interpretazione che il contribuente aveva dato del D.Lgs. n. 358 del 1997, art. 6, comma 2, a tenore del quale “i maggiori valori iscritti in bilancio per effetto del disavanzo da annullamento delle azioni o quote si intendono fiscalmente riconosciuti senza l’applicazione dell’imposta sostitutiva, fino a concorrenza dell’importo complessivo netto,… dei maggiori o dei minori valori, rispetto ai relativi valori di acquisizione, derivanti dalla cessione delle azioni o quote che hanno concorso a formare il reddito di un’impresa residente”. Andava disattesa la considerazione dell’ufficio in riferimento al fatto che la plusvalenza non era stata assoggettata ad imposta, ai sensi del D.P.R. n. 601 del 1973, art. 10, in quanto l’esenzione ivi prevista operava in tempi successivi rispetto al D.Lgs. n. 358 del 1997, art. 6, che al riguardo prevede solo che tale plusvalenza abbia concorso alla formazione del reddito di un’impresa residente, il che nella specie è puntualmente avvenuto. Ed andavano pertanto annullate le sanzioni irrogate, “in quanto l’attività principale contestata afferente alla detraibilità del valore di avviamento limitatamente alla plusvalenza inserita nel reddito della società fusa era legittima ed il valore poteva essere considerato ai fini reddituali e detratto per quote annuali come fatto dal contribuente”.

La spa Granarolo resiste con controricorso illustrato con successiva memoria, con la quale eccepisce il giudicato esterno costituito dalla sentenza di questa Corte n. 16598 del 2015.

Diritto

RAGIONE DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo, denunciando “violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 358 del 1997, art. 6, comma 2”, l’amministrazione ricorrente assume che le norme in rubrica consentirebbero il riconoscimento fiscale dei maggiori valori iscritti per effetto del disavanzo da annullamento delle azioni o quote, senza applicazione dell’imposta sostitutiva fino a concorrenza “dei maggiori o minori valori di acquisizione, derivanti dalla cessione delle azioni o quote, che hanno concorso a formare il reddito di un’impresa residente” qualora su tali “maggiori valori” siano state pagate le imposte dai precedenti possessori delle partecipazioni”.

Con la memoria depositata in prossimità dell’udienza di discussione la spa Granarolo ha opposto l’efficacia preclusiva del giudicato costituito dalla sentenza di questa Corte 7 agosto 2015, n. 16598.

Il rilievo è fondato, perchè tale decisione, resa in controversia fra le medesime parti, ha il medesimo oggetto, ancorchè riferita ad un diverso, precedente, periodo d’imposta, vale a dire la sussistenza delle condizioni per la deducibilità riconosciuta nella sentenza richiamata – di una delle venticinque quote annuali (e quindi di ciascuna delle venticinque quote annuali) in cui era stato suddiviso l’ammortamento relativo al disavanzo di fusione determinatosi a seguito della fusione e dell’incorporazione da parte della contribuente SAIL spa della controllata Daunia Natura srl, senza l’applicazione dell’imposta sostitutiva prevista dal D.Lgs. n. 358 del 1997, art. 6, comma 1. L’annullamento della sanzione applicata nel presente giudizio conseguiva alla ritenuta legittimità della deducibilità delle quote di ammortamento dell’avviamento senza l’applicazione della detta imposta sostitutiva.

Costituisce consolidato indirizzo di questa Corte il principio secondo cui, con riguardo alla materia tributaria, “qualora due giudizi tra le stesse parti abbiano riferimento al medesimo rapporto giuridico, ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento così compiuto in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe la cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude il riesame dello stesso punto di diritto accertato e risolto, anche se il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che hanno costituito lo scopo ed il “petitum” del primo. Tale efficacia, riguardante anche i rapporti di durata, non trova ostacolo, in materia tributaria, nel principio dell’autonomia dei periodi d’imposta, in quanto l’indifferenza della fattispecie costitutiva dell’obbligazione relativa ad un determinato periodo rispetto ai fatti che si siano verificati al di fuori dello stesso, oltre a riguardare soltanto le imposte sui redditi ed a trovare significative deroghe sul piano normativo, si giustifica soltanto in relazione ai fatti non aventi caratteristica di durata e comunque variabili da periodo a periodo (ad esempio, la capacità contributiva, le spese deducibili), e non anche rispetto agli elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di periodi d’imposta (ad esempio, le qualificazioni giuridiche preliminari all’applicazione di una specifica disciplina tributaria), assumono carattere tendenzialmente permanente. In riferimento a tali elementi, il riconoscimento della capacità espansiva del giudicato appare d’altronde coerente non solo con l’oggetto del giudizio tributario, che attraverso l’impugnazione dell’atto mira all’accertamento nel merito della pretesa tributaria, entro i limiti posti dalle domande di parte, e quindi ad una pronuncia sostitutiva dell’accertamento dell’Amministrazione finanziaria (salvo che il giudizio non si risolva nell’annullamento dell’atto per vizi formali o per vizio di motivazione), ma anche con la considerazione unitaria del tributo dettata dalla sua stessa ciclicità, la quale impone, nel rispetto dei principi di ragionevolezza e di effettività della tutela giurisdizionale, di valorizzare l’efficacia regolamentare del giudicato tributario, quale “norma agendi” cui devono conformarsi tanto l’Amministrazione finanziaria quanto il contribuente nell’individuazione dei presupposti impositivi relativi ai successivi periodi d’imposta” (Cass. sezioni unite 16 giugno 2006, n. 13916).

Si è in particolare precisato che “l’efficacia del giudicato, riguardante anche i rapporti di durata, non trova ostacolo nell’autonomia dei periodi d’imposta, in quanto l’indifferenza della fattispecie costitutiva dell’obbligazione relativa ad un determinato periodo rispetto ai fatti che si siano verificati al di fuori dello stesso si giustifica soltanto in relazione ai fatti non aventi caratteristica di durata e comunque variabili da periodo a periodo (ad esempio, la capacità contributiva, le spese deducibili), e non anche rispetto agli elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di periodi d’imposta (ad esempio, le qualificazioni giuridiche preliminari all’applicazione di una specifica disciplina tributaria), assumono carattere tendenzialmente permanente” (Cass. n. 6953 del 2015, n. 2433 del 2013)).

Accertata nella specie l’esistenza del giudicato esterno, il ricorso deve essere pertanto rigettato.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese, liquidate in Euro 7.000, oltre alle spese generali determinate forfetariamente nella misura del 15% e agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 13 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 28 giugno 2017

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