Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16066 del 28/07/2020

Cassazione civile sez. II, 28/07/2020, (ud. 21/11/2019, dep. 28/07/2020), n.16066

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16836/2015 proposto da:

F.R., S.T., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIALE GIULIO CESARE 14 A-4, presso lo studio dell’avvocato

GABRIELE PAFUNDI, che li rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

M.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE PARIOLI

79/H, presso lo studio dell’avvocato PIO CORTI, rappresentato e

difeso dagli avvocati ROBERTO BONO, FRANCA D’ANTONIO;

– controricorrente –

e contro

CONDOMINIO (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 292/2015 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 25/02/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

21/11/2019 dal Consigliere Dott. ROSSANA GIANNACCARI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con atto di citazione regolarmente notificato, F.R. e S.T. convennero in giudizio, innanzi al Tribunale di Genova, M.M. per chiedere accertarsi il loro diritto ad installare la canna fumaria lungo la facciata del caseggiato, in aderenza o in appoggio al muro perimetrale del Condominio (OMISSIS), lamentando che il convenuto si era sempre opposto alla realizzazione dell’opera.

Instauratosi il contraddittorio con la costituzione del M., il Tribunale di Genova accolse la domanda.

Interposto gravame dal M., la Corte d’appello di Genova integrò il contraddittorio nei confronti del Condominio (OMISSIS), dispose CTU e, con sentenza del 20-25.2.2015, in riforma della sentenza di primo grado, rigettò la domanda.

La corte territoriale accertò che la realizzazione della canna fumaria avrebbe impedito al M. di utilizzare il muro perimetrale al pari degli altri condomini, in violazione dell’art. 1102 c.c..

Il progetto prevedeva, infatti, che fosse incassata nel muro perimetrale e ciò avrebbe comportato una riduzione dello spessore del muro pari a soli 30 centimetri; inoltre, per evitare l’immissione di fumi, avrebbe dovuto avere uno spessore maggiore, rispetto a quello progettato, con ulteriore assottigliamento del muro perimetrale in corrispondenza della proprietà del convenuto.

Quanto al pregiudizio alla statica dell’edificio, la corte distrettuale evidenziò la necessità di inserire delle putrelle di rinforzo, non previste nell’originario progetto, in corrispondenza dell’intradosso del solaio costituente il pavimento della proprietà dell’appellante.

Per la cassazione della sentenza hanno proposto ricorso F.R. e S.T. sulla base di quattro motivi ed hanno prodotto memoria difensiva in prossimità dell’udienza.

M.M. ha resistito con controricorso.

Il Condominio (OMISSIS) non ha svolto attività difensiva.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Va preliminarmente osservato che non vi è prova della notifica del ricorso per cassazione nei confronti del condominio (OMISSIS), nei cui confronti la Corte d’appello aveva integrato il contraddittorio.

Ciò nonostante, non è necessario verificare la regolarità della notifica in quanto, secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte, in tema di rapporti condominiali, nel giudizio instaurato a tutela della proprietà comune (nella specie, si trattava proprio dell’installazione di una canna fumaria) per l’eliminazione di opere abusive compiute da alcuni condomini, non è necessaria l’integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti gli altri comproprietari, dovendo i singoli convenuti rispondere autonomamente dell’addebitato abuso e potendo ciascuno dei condomini agire individualmente a tutela del bene comune (Cassazione civile sez. II, 07/09/2009, n. 19329).

Con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la corte di merito ammesso in appello nuovi documenti e la perizia tecnica asseverata, in violazione del divieto di produzione di nuova documentazione. Inoltre, sempre in grado d’appello, sarebbe stata introdotta, per la prima volta la questione relativa alla statica dell’edificio, che non era stata dedotta nel giudizio di primo grado.

Con il secondo motivo di ricorso, si deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omessa motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio e la violazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 111 Cost., per non avere la corte di merito pronunciato sull’eccezione preliminare di inammissibilità per violazione dell’art. 345 c.p.c..

Con il terzo motivo di ricorso, deducendo la violazione e falsa applicazione dell’art. 1102 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, contesta l’erronea interpretazione della consulenza tecnica d’ufficio, sia in relazione all’insussistenza del pregiudizio alla statica dell’edificio, sia in relazione all’utilizzo del bene comune. Contesta che l’installazione della canna fumaria in appoggio al muro perimetrale arrechi pregiudizio ai condomini, costituendo utilizzo della cosa comune.

Con il quarto motivo di ricorso, si deduce l’omessa, insufficiente e

contraddittoria motivazione su un fatto decisivo per il giudizio relativo al calcolo dello spessore del muro residuo a seguito dell’installazione della canna fumaria.

I motivi, da esaminare congiuntamente per la loro connessione, in quanto attinenti a vizi processuali attinenti al giudizio d’appello, sono inammissibili.

Osserva il collegio che l’omesso esame, da parte del giudice, di una questione puramente processuale, non può dare luogo al vizio di omessa pronunzia, configurabile con riferimento alle sole domande di merito (Cassazione civile sez. I, 09/08/2019, n. 21230; Cassazione civile sez. II, 02/08/2019, n. 20864; Cassazione civile sez. II, 02/08/2019, n. 20864)

Nè, l’omesso esame di una questione processuale integra il vizio motivazionale, che, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, può configurarsi in relazione a fatti “storici”, principali o secondari, decisivi per il giudizio.

Quanto alla produzione di nuova documentazione in grado d’appello, il motivo è generico, in quanto non individua gli atti ed i documenti prodotti, in violazione dell’art. 366 c.p.c. comma 1 n. 6, che prevede “la specifica indicazione degli atti su cui il ricorso si fonda.

Quanto alla perizia tecnica, prodotta per la prima volta in appello, va ribadito il principio, secondo cui la consulenza tecnica di parte costituisce una semplice allegazione difensiva a contenuto tecnico, priva di autonomo valore probatorio, sicchè la sua produzione, in quanto sottratta al divieto di cui all’art. 345 c.p.c., è ammissibile anche in appello (Cassazione civile sez. un., 03/06/2013, n. 13902; Cassazione civile sez. II, 24/08/2017, n. 20347).

La corte di merito ha fatto corretta applicazione dei principi elaborati da questa Corte in materia di utilizzo della cosa comune ai sensi dell’art. 1102 c.c., che è ammessa da parte del condomino, purchè non si alteri la destinazione del bene e limiti le facoltà di godimento esercitate dagli altri condomini, tali dovendo intendersi non solo quelle di fatto esercitate, ma anche quelle cui la cosa comune per le sue oggettive caratteristiche potenzialmente si presti (Cassazione civile sez. IL 15/06/2012, n. 9875).

Per quanto attiene, in particolare, all’installazione della canna fumaria, la giurisprudenza consolidata di questa Corte consente l’appoggio di una canna fumaria al muro comune perimetrale di un edificio condominiale a condizione che non impedisca l’uso paritario delle parti comuni, non provochi pregiudizio alla stabilità e alla sicurezza dell’edificio e non ne alteri il decoro architettonico (Cassazione civile sez. II, 23/11/2018, n. 30462; Cassazione civile sez. II, 16/05/2000, n. 6341).

Nella specie, la corte di merito, con apprezzamento di fatto, insindacabile in sede di legittimità, ha accertato che la realizzazione della canna fumaria avrebbe impedito al M. di utilizzare il muro perimetrale al pari degli altri condomini, in violazione dell’art. 1102 c.c.. Il progetto prevedeva, infatti, che fosse incassata nel muro perimetrale e ciò avrebbe comportato una riduzione dello spessore del muro pari a soli 30 centimetri o addirittura maggiore, in caso di realizzazione di opere finalizzate ad evitare l’immissione di fumi, con ulteriore assottigliamento del muro perimetrale in corrispondenza della proprietà del convenuto. La riduzione dello spessore del muro perimetrale avrebbe così impedito all’attore di farne utilizzo, al pari degli altri condomini.

La violazione dell’art. 1102 c.c., sotto il profilo del pregiudizio all’utilizzo della cosa comune da parte dei condomini costituisce autonoma ratio idonea a sorreggere la decisione, che rende ultroneo l’esame del motivo di ricorso relativo al pregiudizio alla statica dell’edificio, sia in relazione alla novità della questione proposta in appello, sia in relazione alla violazione dell’art. 1120 c.c..

Sulla scorta della giurisprudenza di questa Corte, infatti, qualora la sentenza impugnata sia basata su una motivazione strutturata in una pluralità di ordini di ragioni, convergenti o alternativi, autonomi l’uno dallo altro, e ciascuno, di per sè solo, idoneo a supportare il relativo dictum, la resistenza di una di queste rationes agli appunti mossigli con l’impugnazione comporta che la decisione deve essere tenuta ferma sulla base del profilo della sua ratio non, o mal, censurato, privando in tal modo l’impugnazione dell’idoneità al raggiungimento del suo obiettivo funzionale, rappresentato dalla rimozione della pronuncia contestata (Cass. n. 4349 del 2001, Cass. n. 4424 del 2001; Cass. n. 24540 del 2009; Cass. 3633. del 2017). Infatti, se l’indicata seconda ragione della decisione “resiste” all’impugnazione proposta dalla ricorrente è del tutto ultronea la verifica di ogni ulteriore censura, perchè l’eventuale accoglimento di tutte o di una di esse non condurrebbe mai alla cassazione della sentenza gravata.

Il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile, con conseguente condanna della parte ricorrente, risultata soccombente, al pagamento delle spese processuali, liquidate come in dispositivo.

Ricorrono i presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater (applicabile ratione temporis, essendo stato il ricorso proposto dopo il 30 gennaio 2013) per il raddoppio del versamento del contributo unificato, se dovuto.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 21 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 28 luglio 2020

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