Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16061 del 18/06/2018


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Civile Ord. Sez. 1 Num. 16061 Anno 2018
Presidente: SCHIRO’ STEFANO
Relatore: TRICOMI LAURA

sul ricorso 5863/2014 proposto da:
Surico Gianfranco, elettivamente domiciliato in Roma, Via Garigliano
n.11,

presso lo studio dell’avvocato Maione Nicola, che lo

rappresenta e difende

unitamente all’avvocato

Frattallone

Salvatore, giusta procura a margine del ricorso;
-ricorrente contro

1

Data pubblicazione: 18/06/2018

Garante per la Protezione dei Dati Personali, in persona del
Presidente pro tempore, domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi
n.12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo rappresenta e
difende ope legis;
-controricorrente –

Federazione dei Comuni del Cannposampierese, in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma,
Viale Angelico n.38, presso lo studio dell’avvocato Allocca Elena,
che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato Orfeo
Roberto, giusta procura a margine del controricorso;
-controricorrente contro

Comune di Camposampiero;
– intimatoavverso la sentenza n. 1330/2013 del TRIBUNALE di PADOVA,
depositata il 07/08/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
21/03/2018 dal cons. TRICOMI LAURA;
lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto
Procuratore Generale CERONI FRANCESCA che ha chiesto alla Corte
di Cassazione, riunita in camera di consiglio, di disporre il rinvio della
trattazione del ricorso R.G. n. 5863/14 in pubblica udienza, nella
quale si riserva di rassegnare motivate conclusioni orali e, in
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contro

subordine, il rigetto del ricorso. In ulteriore subordine, rimettere gli
atti al Primo Presidente perché assegni eventualmente il ricorso alle
Sezioni Unite, affinché individuino il criterio da utilizzare per la scelta
del rito cui destinare la controversia.
RILEVATO CHE:

Gianfranco Surico, fotografato il 20.03.2012 da un apparecchio di

mentre era alla guida del proprio autoveicolo in Camposampiero,
riteneva che la condotta della Federazione dei Comuni del
Camposampierese, che aveva installato il dispositivo, fosse lesiva
della normativa e del provvedimento del Garante per la tutela dei dati
personali (di seguito, il Garante) in materia di video sorveglianza, in
quanto vi era nella specie un solo cartello che segnalava il dispositivo
per chi viaggiava su via Borgo Trento Trieste, mentre analogo cartello
non era presente per chi provenisse da altre vie.
La questione sottoposta al Garante con reclamo ex art.142 del
d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196 aveva conseguito una pronuncia di
diniego di tutela.
Surico aveva quindi proposto ricorso ex art.152 del d.lgs.
n.196/2003 dinanzi al Tribunale di Padova con esito ugualmente
negativo.
Il giudice di merito ha affermato che il Surico non aveva provato
quale percorso avesse seguito per giungere all’incrocio ove era
collocato l’apparecchio in questione, mentre la Federazione dei
Comuni aveva documentato che il sistema di rilevazione fisso operava
solo per chi proveniva dalla direzione in cui era collocato il cartello
che segnalava la presenza del sistema di video sorveglianza.
I
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videosorveglianza automatico di rilevazione delle infrazioni stradali

Ha quindi ritenuta non provata la lesione del diritto del ricorrente
alla tutela dei propri dati personali, come già ritenuto dal Garante.
Ha aggiunto che, giacché la tutela assicurata dagli artt. 1 e 7 del
d.lgs. n.196/2003 va invocata con riferimento ad uno specifico e
personale interesse alla protezione dei dati personali e non a tutela
della privacy indifferenziata degli utenti, nel caso di specie, non era

Surico ricorre per cassazione con due mezzi, ai quali replicano con
separati controricorsi il Garante e la Federazione dei Comuni del
camposampierese, quest’ultimo ha depositato anche memoria ex
art.378 cod. proc. civ.; il Comune di Camposampiero è rimasto
intimato.
Il ricorso è stato fissato per l’adunanza in camera di consiglio ai
sensi degli artt. 375, ultimo comma, e 380 bis 1, cod. proc. civ.
Il sostituto Procuratore Generale ha depositato conclusioni scritte.
CONSIDERATO CHE:
1.1. Nel rassegnare le conclusioni la Procura Generale ha chiesto
di disporre il rinvio della trattazione del ricorso in pubblica udienza in
ragione della portata innovativa delle questioni sottese, concernenti
la natura e la disciplina applicabile al giudizio innanzi al Tribunale ex
art.151 del d.lgs. n.196/2003; in subordine ha chiesto il rigetto del
ricorso e, in ulteriore subordine, la rimessione della controversia al
Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, in
merito all’individuazione del criterio da utilizzare per la scelta del rito
cui destinare la controversia.
1.2. Le richieste di remissione alla pubblica udienza ed al Primo
Presidente vanno disattese.

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stata provata la lesione dello specifico interesse.

1.3. Quanto alla prima, ritiene la Corte di dare seguito al
condiviso principio secondo il quale «Non sussiste alcun obbligo, né vi
sono ragioni di opportunità, perché, all’esito dell’adunanza in camera
di consiglio, il collegio rimetta la causa che preveda la trattazione di
questioni rilevanti o, comunque, prive di precedenti in pubblica
udienza, mediante una sorta di mutamento del rito di cui all’art. 380-

costrutto, essendo la trattazione con il rito camerale pienamente
rispettosa sia del diritto di difesa delle parti, le quali,
tempestivamente avvisate entro un termine adeguato del giorno
fissato per l’adunanza, possono esporre compiutamente i propri
assunti, sia del principio del contraddittorio, anche nei confronti del
P. G., sulle cui conclusioni è sempre consentito svolgere osservazioni
scritte.» (Cass. n. 8869 del 05/04/2017): questo principio, che non
prevede l’obbligo, ma neppure vieta, nei casi indicati la remissione
alla pubblica udienza, è in linea con il disposto dell’art. 375, ultimo
comma, cod. proc. civ. che parla di “opportunità” della trattazione in
pubblica udienza, che nel caso di specie non ricorre.
Tale conclusione, peraltro, non contrasta in modo insuperabile con
altri orientamenti espressi da questa Corte che hanno valorizzato,
appunto, la possibilità di un mutamento del rito a favore della
pubblica udienza e non la sua obbligatorietà, sottolineando che tale
opzione non era ostacolata dalla assegnazione della causa alle sezioni
ordinarie in camera di consiglio (Cass. n. 5533 del 06/03/2017; Cass.
n. 19115 del 01/08/2017).
1.4. In mancanza di un sostanziale contrasto e non ravvisandosi
una questione di massima di particolare importanza, quanto alla
seconda richiesta, va escluso anche che vi sia una plausibile ragione

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bis.1 cod. proc. civ. Invero, una simile soluzione sarebbe priva di

per rimettere la questione e il ricorso al Primo Presidente per
l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite.
1.5. Il ricorso può essere pertanto trattato in adunanza camerale,
risultando comunque garantito il pieno contraddittorio su tutte le
problematiche toccate dall’oggetto della decisione impugnata e dal
contenuto del ricorso e del controricorso.

artt.112 e 436 cod. proc. civ. (art.360, primo comma, n.3, cod. proc.
civ.)
Secondo il ricorrente il Tribunale avrebbe superato i confini della
sua cognizione, tracciati dal principio della domanda e dai limiti
dell’effetto devolutivo del procedimento a carattere impugnatorio. In
particolare assume che, in merito al percorso dallo stesso seguito, a
bordo della sua autovettura, si era formato un giudicato interno; a
suo dire, il Tribunale nel ritenere non provato questo fatto era incorso
in ultrapetizione ed aveva violato la disposizione del rito del lavoro,
applicabile nel caso, che impone alla parte appellata di dedurre
specifiche difese.
2.2. Secondo motivo – Violazione e/o falsa applicazione degli
artt.342 e 434 cod. proc. civ. in combinato disposto con l’art.414
cod. proc. civ. (art.360, primo comma, n.3, cod. proc. civ.) perché, a
dire del ricorrente, il giudice del gravame aveva omesso di
considerare che in sede di appello la cognizione del giudice si deve
estendere a ricomprendere anche fatti desumibili dal carteggio
processuale.
3.1. I due motivi possono essere esaminati congiuntamente, in
quanto strettamente connessi, e vanno respinti perché infondati.

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2.1. Primo motivo – Violazione e/o falsa applicazione degli

3.2. Osserva la Corte, che contrariamente a quanto assume il
ricorrente, le controversie previste dall’articolo 152 del decreto
legislativo n.196/2003, sono regolate dal rito del lavoro e, ove non
diversamente disposto, dall’art.10 del d.lgs. 1° settembre 2011,
n.150 che prevede la trattazione in unico grado di merito dinanzi al
Tribunale.
La controversia in esame pertanto non si configura come
gravame, rispetto al provvedimento adottato dal Garante in sede
amministrativa, ma come opposizione, ed è proprio la natura
amministrativa della fase svoltasi dinanzi al Garante che determina
l’inidoneità del provvedimento emesso all’esito a passare in giudicato
(cfr. Cass. n. 13151 del 25/05/2017).
Ne consegue che, nel caso in esame, non si è formato alcun
giudicato su quanto accertato nel procedimento amministrativo
davanti al Garante -come sostenuto con la prima censura – e non
trovano applicazione, essendosi svolto il procedimento in unico grado
di merito davanti al Tribunale, i principi che governano la cognizione
del giudice in sede di appello, invocati, con la seconda censura.
4.1. Conclusivamente, il ricorso va rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza nella
misura liquidata in dispositivo.
Si dà atto, – ai sensi 13, comma 1

quater del d.P.R. del

30.05.2002 n.115, della sussistenza dei presupposti per il
versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del
comma 1 bis dello stesso art. 13.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso;

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Condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di

legittimità che liquida nel compenso di C. 3.700,00=, comprensivo di
esborsi, oltre spese generali liquidate forfettariamente nella misura
del 15% ed accessori di legge a favore della Federazione dei Comuni
del camposampierese, e di €.3.000,00, comprensivo di esborsi, oltre
spese prenotate a debito a favore del Garante per la tutela dei dati
personali;
Dà atto, ai sensi 13, comma 1 quater del d.P.R. del
30.05.2002 n.115, della sussistenza dei presupposti per il
versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a
norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, il giorno 21 marzo 201
I Presid

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