Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16057 del 07/07/2010

Cassazione civile sez. trib., 07/07/2010, (ud. 01/06/2010, dep. 07/07/2010), n.16057

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PAPA Enrico – Presidente –

Dott. D’ALONZO Michele – Consigliere –

Dott. MARIGLIANO Eugenia – rel. Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

Dott. MELONCELLI Achille – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

MOBILI SPAZIANI DI SPAZIANI MARCO & C SNC, in persona del

legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA

POGGIO CATINO 6 presso lo studio dell’avvocato GRAZIANI ANTONIO, che

lo rappresenta e difende giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12 presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 642/2004 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

LATINA, depositata il 22/11/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

01/06/2010 dal Consigliere Dott. MARIGLIANO Eugenia;

udito per il ricorrente l’Avvocato GRAZIANI ANTONIO, che ha chiesto

l’accoglimento;

udito per il resistente l’Avvocato GIACOBBE DANIELA, che ha chiesto

il rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO Federico, che ha concluso per il rigetto.

 

Fatto

A seguito di verifica fiscale operata dalla Guardia di finanza di Frosinone presso la societa’ Mobili Spaziani di Spaziarli Marco & C. snc, esercente il commercio di mobili, elettrodomestici ed attivita’ di falegnameria, e sulla base del relativo p.v.c, l’Agenzia delle entrate, Ufficio di Frosinone, emetteva ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 39 e 40 avviso di accertamento, n. RC (OMISSIS), per l’anno 1996 con il quale accertava induttivamente un reddito imponibile di L. 1.335.698.000 contro il dichiarato di L. 25.773.000 ai fini I.LO.R. e, conseguentemente, ai fini I.R.Pe.F. a carico dei soci nei limiti delle loro quote di partecipazione; tutto cio’ a seguito di rilevazione di omessa fatturazione e registrazione di operazioni attive ed omessa regolarizzazione di acquisti senza fattura, nonche’ di versamenti e prelevamenti non contabilizzati evidenziati da movimentazioni su tre conti correnti bancari della societa’, non evidenziati in contabilita’ ed i cui movimenti, depurati da quelli giustificati, non trovavano riscontro nella contabilita’ aziendale, ne’ la contribuente aveva fornito alcuna idonea spiegazione.

Avverso l’avviso di accertamento la societa’ proponeva ricorso innanzi alla C.T.P. di Frosinone, deducendo l’illegittimita’ della ritenuta mancata contabilizzazione e che la contestazione dei versamenti e prelevamenti bancari poggiava solo su presunzioni che non trovavano riscontro nella realta’ di una societa’ di natura artigianale e a ristretta base societaria e familiare, senza che l’A.F. ne avesse fornito la relativa prova.

Resisteva l’Ufficio, sostenendo che i movimenti bancari in entrata ed in uscita non corrispondevano alle operazioni di vendita e di acquisto registrate e fatturate e che la societa’, come sarebbe stato suo onere D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 32, non aveva dimostrato che quelle operazioni erano state inserite in dichiarazione o si riferivano ad operazioni non imponibili.

La C.T.P. accoglieva parzialmente il ricorso e, pur ammettendo l’irregolarita’ della contabilita’, riteneva che le movimentazioni bancarie costituivano solo indizi presuntivi per i quali doveva essere cura dell’Ente impositore accertare se sussistevano concreti elementi dai quali trarre indicazioni certe; riduceva, pertanto, in via equitativa il reddito in L. 196.702.629.

Impugnava l’Ufficio sostenendo la legittimita’ della pretesa fiscale, dato che i movimenti bancari erano stati depurati da tutte le operazioni non riferibili all’attivita’ aziendale e che la contribuente non aveva dimostrato il collegamento dei versamenti con vendite fatturate e i prelievi con acquisti registrati.

La C.T.R. del Lazio accoglieva l’appello dell’ufficio.

Avverso detta decisione la societa’ Mobili Spaziani di Spaziani Marco & C. snc propone ricorso per Cassazione con un unico motivo, integrato da memoria. Il Ministero dell’economia e delle finanze e l’Agenzia delle entrate resistono con controricorso, contrastando quanto ex adverso sostenuto.

Diritto

Con il primo motivo la societa’ deduce la violazione e falsa applicazione: D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, D.P.R. n. 917 del 1986, art. 75 e art. 53 Cost., per non avere la C.T.R. considerato che la rettifica era stata fondata sul mero calcolo dei movimenti bancari senza che l’A.F. avesse acquisito altri riscontri in violazione delle norme indicate in rubrica che non prevedono una presunzione legale di trasformazione in ricavi di tutte le movimentazioni bancarie, limitandosi solo a prevedere che i dati bancari sono posti a base degli accertamenti e delle rettifiche con l’operativita’ dei principi dell’onere della prova. Rileva, inoltre, che la sommatoria dei versamenti e dei prelievi porta alla doppia tassazione dello stesso cespite, che dovrebbe essere eliminata, detraendo dai maggiori ricavi accertati i maggiori costi ex art. 75 citato, onde evitare una duplicazione d’imposta in violazione dell’art. 53 Cost..

In via pregiudiziale ed assorbente rispetto all’esame del merito del ricorso, il Collegio deve, rilevare che la sentenza impugnata non appare in linea con l’orientamento delle Sezioni Unite di questa Corte, che, modificando il precedente indirizzo giurisprudenziale, ha determinato una generale applicazione al processo tributario dell’istituto del litisconsorzio necessario.

In particolare, per quanto qui interessa, in applicazione dei principi affermati nella sentenza n. 1052 del 2007, le Sezioni Unite di questa Corte, con decisione n. 14815 del 4 giugno 2008, hanno statuito che l’accertamento che e’ alla base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle societa’ ed associazioni di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 5 (T.U.I.R.) e dei soci delle stesse (D.P.R. n. 600 del 1973, art. 40) e la conseguente automatica imputazione dei redditi della societa’ a ciascun socio proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili, indipendentemente dalla percezione degli stessi, comporta la necessita’ che l’accertamento stesso debba essere unitario, cioe’ unico per i soci e la societa’. Cio’ in quanto la relativa controversia non ha ad oggetto la singola posizione debitoria dei resistenti, bensi’ la posizione inscindibilmente comune a tutti i debitori (societa’ e soci) rispetto all’obbligazione dedotta nell’atto accertativo impugnato, cioe’ gli clementi comuni della fattispecie costitutiva dell’obbligazione.

Ne deriva che il ricorso proposto da uno dei soci o dalla societa’, anche avverso un solo avviso di rettifica, riguarda inscindibilmente la posizione della societa’ e quella di tutti i soci (salvo che l’impugnativa prospetti questioni personali), con l’effetto che tutti questi soggetti devono essere parte nello stesso processo e la controversia non puo’ essere decisa limitatamente ad alcuni soltanto di essi (D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 14, comma 1); trattandosi di fattispecie di litisconsorzio necessario originario, il giudizio celebrato senza la partecipazione di tutti i litisconsorti e’ nullo per violazione del principio del contraddittorio di cui all’art. 101 c.p.c., e art. 111 Cost., comma 2, e la nullita’ puo’ e deve essere rilevata in ogni stato e grado del procedimento, anche di ufficio, con conseguente rimessione della controversia avanti al giudice di primo grado, che deve ordinare l’integrazione del contraddittorio a meno che non possa disporre la riunione dei ricorsi proposti separatamente, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 29.

In applicazione di questi principi, la sentenza impugnata e’ affetta da evidente nullita’, avendo pronunciato su una questione comune a soci e societa’ (tale dovendosi considerare quella posta dalla societa’ che impugna l’accertamento con cui l’Ufficio aveva elevato il reddito della societa’) senza la partecipazione dei soci.

Questa Corte, pertanto, deve rilevare d’ufficio la nullita’ del giudizio, senza che sia possibile porre rimedio al vizio predetto disponendo la riunione in questa fase del processo dell’eventuale giudizio promosso dai soci avverso gli accertamenti loro notificati a seguito della rideterminazione del reddito della societa’, dal momento che questa riunione non potrebbe che ovviamente avvenire in un momento successivo a quello in cui le singole sentenze sono state pronunciate in difetto del necessario contraddittorio tra tutti gli interessati. Le sentenze di merito devono essere quindi cassate e la causa e’ rimessa dinanzi al giudice di primo grado affinche’, compiuti i necessari adempimenti per assicurare l’integrita’ del contraddittorio, pronunci sul merito della impugnativa.

Si compensano integralmente tra le parti le spese dell’intero giudizio, in quanto la sentenza delle Sezioni unite di questa Corte e’ stata emessa in epoca successiva alla proposizione del ricorso.

PQM

LA CORTE Pronunciando sul ricorso, dichiara la nullita’ dell’intero giudizio, cassa le sentenze di primo e secondo grado e rinvia le parti innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Frosinone. Si compensano le spese dell’intero giudizio.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di cassazione, Sezione Tributaria, il 1 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 7 luglio 2010

 

 

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