Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16054 del 07/07/2010

Cassazione civile sez. trib., 07/07/2010, (ud. 06/05/2010, dep. 07/07/2010), n.16054

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. D’ALONZO Michele – Consigliere –

Dott. DIDOMENICO Vincenzo – rel. Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

S.M.G., elettivamente domiciliato in ROMA VIA

SICILIA 66, presso lo studio dell’avvocato GIULIANI FRANCESCO, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato FANTOZZI AUGUSTO,

giusta delega in calce;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12 presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2/2 005 della COMM. TRIB. REG. di BOLOGNA,

depositata il 16/05/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/05/2010 dal Consigliere Dott. DIDOMENICO Vincenzo;

udito per il ricorrente l’Avvocato GIULIANI FRANCESCO, che ha chiesto

l’accoglimento;

udito per il resistente l’Avvocato DE BELLIS GIANNI, che ha chiesto

il rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

NUNZIO Wladimiro, che ha concluso per l’accoglimento.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Commissione Regionale dell’Emilia Romagna con sentenza dep. il 16/05/2005 ha, accogliendo l’appello dell’Agenzia delle Entrate, ufficio di Bologna, riformato la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Bologna che aveva accolto il ricorso di S.M.G. in ordine all’avviso di rettifica del valore di immobili venduti negli ultimi sei mesi di vita della defunta M.M.M.. la CTR, in particolare, aveva ritenuto corretto il riferimento ai valori indicati nell’atto pubblico, non potendosi fare riferimento al D.Lgs. n. 346 del 1990, art. 34 che voleva evitare il ricorso alla valutazione del valore venale ove il valore dichiarato non fosse inferiore a quello catastale. Per la cassazione di detta sentenza il ha proposto ricorso il contribuente, affidandolo a tre motivi fondati su violazione e falsa applicazione di legge e vizio motivazionale.

L’Agenzia delle Entrate in persona del Direttore pro tempore ha resistito con controricorso.

La causa e’ stata rimessa alla decisione in pubblica udienza.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

La controversia in esame ha per oggetto la questione se, ai fini della valutazione degli immobili alienati negli .. ultimi sei mesi di vita del de cuius, possa farsi riferimento al valore dichiarato nell’atto di vendita (evidentemente, nel caso in esame, superiore al valore catastale) come ritiene la CTR che ha accolto la tesi dell’Ufficio, ovvero se la indicazione nella denuncia di successione di un valore non inferiore al valore catastale precluda, anche in questo caso, ogni possibilita’ di accertamento di diverso valore.

Con il primo motivo il S. deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs n. 346 del 1990, artt. 14 e 34 in quanto nessuna delle disposizioni in esame faceva riferimento al valore risultante dall’atto, dovendo invece l’Ufficio arrestarsi dinanzi ad una dichiarazione di valore non inferiore a quella desumibile dalla rendita, nonche’ vizio motivazionale.

Col secondo deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs n. 346 del 1990, art. 34, comma 5 sotto altro profilo e cioe’ che, nonostante l’Ufficio avesse sostenuto di non avere effettuato una vera rettifica del valore ma di avere attribuito il valore indicato dal de cuius nell’atto in realta’, ci si trovava, invece, dinanzi ad un vero e proprio atto di accertamento, con il superiore limite alla possibilita’ di accertare il valore venale dell’immobile in caso di dichiarazione di valore non inferiore quello risultante applicando la valutazione catastale.

Col terzo e ultimo motivo deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs n. 346 del 1990, art. 10, comma 1 e art. 9, comma 2 in quanto, a seguire la tesi dell’Ufficio e cioe’ che il valore tassabile fosse quello indicato negl’atto, vi sarebbe una doppia tassazione.

I motivi per la stretta connessione logica devono essere trattati congiuntamente.

Questa Corte, con sentenza n. 12169/2009, ha recentemente affrontato il caso in esame, osservando: “Il D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, art. 10 poi abrogato dalla L. 21 novembre 2000, n. 342, art. 69, comma 1, lett. d), – con previsione sostanzialmente identica a quella gia’ dettata dal D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 637, art. 9 -, a proposito dei “beni alienati negli ultimi sei mesi” di vita del de cuius, dispone:

– al comma 1, che “si considerano compresi nell’attivo ereditario i beni e i diritti soggetti ad imposta alienati a titolo oneroso dal defunto” nel semestre detto;…. …Il tenore logico, oltre che quello (imprescindibile) propriamente letterale (che parla di beni e diritti “alienati” e mai di corrispettivi, men che meno di corrispettivi effettivamente percepiti), del combinato disposto di tali previsioni – quale emerge univocamente, in particolare, dalla individuazione legislativa (contenuta, nel comma 3) del … valore dei beni e dei diritti, oltre che dalla considerazione generale del rilevo solo marginale (peraltro, in danno del contribuente: cfr.

D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 72, a proposito delle conseguenze giuridiche connesse all’occultazione, totale o parziale, dello stesso) del corrispettivo, di contro all’importanza fondamentale che, invece, assume (ai fini delle imposte sugli atti aventi ad oggetto un trasferimento di beni, cioe’ di una operazione dimostrativa di un passaggio di ricchezza) sempre e solo il valore del bene alienato (cfr. D.P.R. n. 131 del 1986, art. 51) : cio’ specificamente, in tema di imposta sulle successioni, per il disposto del D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, art. 14 (compreso nella sezione Seconda, alle cui norme il D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, art. 10 detto impone di fare riferimento), il quale prescrive di considerare sempre e solo il “valore venale in comune commercio alla data di apertura della successione” dei beni -, esclude fondamento giuridico alla tesi, sostenuta dai ricorrenti, secondo cui ©il legislatore, quando si e’ riferito ai trasferimenti a titolo oneroso effettuati dal de cuius nel semestre anteriore alla morte, lo ha fatto tenendo presente, come parte dell’asse ereditario, non il valore dei beni ceduti bensi’ il corrispettivo della loro alienazione”. Dall’analisi ermeneutica che precede discende che la norma …. tendente (Corte Cost., 16 maggio 1997 n. 137, sia pure in riferimento al citato D.P.R. n. 637 del 1972, art. 7) a “scongiurare depauperamenti dell’attivo ereditario, preordinati, in virtu’ della loro collocazione temporale, a ridurre il carico impositivo dell’erede” e (Corte Cost., 19 ottobre 1988 n. 982, in relazione allo stesso art. 9) “palesemente non irragionevole”, corrispondendo “a concreti indici di verosimiglianza presumere… che le alienazioni compiute negli ultimi sei mesi di vita del de cuius siano intese a far eludere l’imposta di successione” – obbliga a considerare (iuris et de iure) “compresi nell’attivo ereditario” il valore dei beni o dei diritti (sempre che, altrimenti, “soggetti ad imposta”), trasferiti a terzi, a titolo oneroso, nel semestre anteriore alla morte del dante causa, e non gia’ il corrispettivo pattuito o ricavato dall’afferente negozio traslativo….. In definitiva, va confermato il principio (gia’ enunciato da Cass., trib., 29 febbraio 2008 n. 5475) della irrilevanza giuridica, ai fini dell’imposta di successione, del “prezzo effettivamente incassato” dall’alienazione rispetto al “valore da assegnare ai beni venduti, secondo la specifica disciplina fiscale” perche’, come ivi osservato, “diversamente opinando…

risulterebbe leso il principio… d’inclusione nell’attivo ereditario, secondo il loro proprio valore, di beni e diritti venduti nel semestre precedente l’apertura della successione”.

Tale indirizzo, seguito in precedenza anche da Cass. n. 5475 del 2008, ritiene di fare proprio questa Corte, non risultando ne’ essendo stati dedotti validi argomenti in contrario.

L’accoglimento della superiore interpretazione, esaustiva risposta ai primi due motivi di ricorso, e’ assorbente delle ragioni di cui al terzo motivo.

Non necessitando di ulteriori accertamenti di fatto, la controversia puo’ essere decisa nel merito con l’accoglimento del ricorso del contribuente.

Ricorrono giusti motivi per la particolarita’ delle questioni trattate per compensare le spese dello intero giudizio.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso del contribuente. Compensa le spese dello intero giudizio.

Cosi’ deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Tributaria, il 6 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 7 luglio 2010

 

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