Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16052 del 21/07/2011
Cassazione civile sez. trib., 21/07/2011, (ud. 08/06/2011, dep. 21/07/2011), n.16052
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MERONE Antonio – Presidente –
Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –
Dott. DIDOMENICO Vincenzo – Consigliere –
Dott. CIRILLO Ettore – rel. Consigliere –
Dott. SAMBITO Maria Giovanna Concetta – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 19669/2009 proposto da:
F.S. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA OVIDIO 32, presso lo studio dell’avvocato CANTILLO Oreste,
che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato CANTILLO
GUGLIELMO, giusta procura speciale a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e
difende, ope legis;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 170/2008 della COMMISSIONE TRIBUTARIA
REGIONALE di NAPOLI del 10/10/08, depositata il 24/10/2008;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio
dell’08/06/2011 dal Consigliere Relatore Dott. ETTORE CIRILLO;
è presente il P.G. in persona del Dott. RAFFAELE CENICCOLA.
Fatto
FATTO E DIRITTO
La Corte:
ritenuto che è stata depositata in cancelleria la seguente relazione a sensi dell’art. 380 bis c.p.c.:
“Il 24 ottobre 2008 la commissione tributaria regionale di Napoli ha accolto l’appello dell’agenzia delle entrate nei confronti di F.S., confermando l’avviso di accertamento notificatogli per l’anno 1991 (Iva, Irpef, Irap). Ha motivato la decisione ritenendo che la notifica dell’accertamento impugnata fosse legittima, atteso che il contribuente non aveva pagato le somme concordate ai sensi del D.Lgs. n. 218 del 1997, art. 9.
Ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, il contribuente; l’agenzia si è costituita con controricorso.
Entrambi i motivi, sia pure con diversi accenti (art. 360 c.p.c., nn. 4 e 5), si dolgono del mancato esame delle altre questioni di merito sollevate dal contribuente nell’opporsi all’accertamento, assorbite dalla favorevole pronuncia di prime cure su questione pregiudiziale, poi superata dai giudici d’appello limitatisi ad accogliere il gravame dell’ufficio sul punto senza procedere oltre nell’esame della vertenza.
La doglianza non coglie nel segno, perchè, come risulta dal ricorso per cassazione (pag. 5), il contribuente, nel costituirsi in secondo grado, si era limitato a ribadire tutte le motivazioni eccepite alla commissione tributaria provinciale e a chiedere di confermare per intero la sentenza appellata.
Si tratta di rilievo assolutamente insufficiente alla luce dei principi sanciti da questa Sezione nella sentenza n. 21506 del 20/10/2010 (Rv. 614818):
Incorre nel vizio di ultrapetizione la sentenza della Commissione tributaria regionale la quale esamini una questione già sollevata con il ricorso introduttivo, ma non specificamente riproposta in appello, in quanto il D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 56, nel prevedere che le questioni ed eccezioni non accolte nella sentenza della Conmissione provinciale, che non sono specificamente riproposte in appello, s’intendono rinunciate – ha una portata analoga alla disposizione contenuta nell’art. 346 cod. proc. civ., posto che il termine questioni (per tali intendendosi quelle suscettibili di essere dedotte come autonomo motivo di ricorso o d’impugnazione) non ha un’accezione più ampia del riferimento alle domande contenute nell’art. 346 cod. proc. civ., non ricomprendendo, pertanto le mere argomentazioni giuridiche; nè, ai fini della rituale riproposizione di una questione, che va effettuata in maniera chiara ed univoca, è sufficiente il generico riferimento dell’appellante a tutte le argomentazioni difensive prospettate nel ricorso principale.
Conseguentemente il ricorso può essere deciso in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 1”.
Rilevato che la relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata alle parti costituite; osservato che il Collegio, a seguito della discussione in Camera di consiglio, condividendo i motivi in fatto e in diritto della relazione, ritiene che ricorra l’ipotesi della manifesta infondatezza del ricorso, per tutte le ragioni sopra indicate nella relazione;
considerato che, disatteso il ricorso, da ciò consegue anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del giudizio di legittimità liquidate in Euro 1.000,00 per onorario, oltre alle spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, il 8 giugno 2011.
Depositato in Cancelleria il 21 luglio 2011