Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16050 del 21/07/2011

Cassazione civile sez. trib., 21/07/2011, (ud. 08/06/2011, dep. 21/07/2011), n.16050

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MERONE Antonio – Presidente –

Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –

Dott. DIDOMENICO Vincenzo – Consigliere –

Dott. CIRILLO Ettore – rel. Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria G.C. – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 18250-2009 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS) in persona del Direttore pro-

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende, ope legis;

– ricorrente –

contro

P.C. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avv.

ORLANDO ANTONIO, giusta mandato a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 319/2007 della Commissione Tributaria

Regionale di NAPOLI del 5.7.07, depositata il 05/06/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio

dell’8/06/2011 dal Consigliere Relatore Dott. ETTORE CIRILLO.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. RAFFAELE

CENICCOLA.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte, ritenuto che è stata depositata in cancelleria la seguente relazione a sensi dell’art. 380 bis c.p.c.: “Il 5 giugno 2008 la commissione tributaria regionale di Napoli ha accolto l’appello proposto da P.C. nei confronti dell’agenzia delle entrate, annullando la cartella di pagamento notificatagli per IRPEF 1991. Ha motivato la decisione ritenendo che la notifica del presupposto avviso d’accertamento era nullo, mancando l’avviso di ricevimento della raccomandata ex art. 140 c.p.c., e che, per l’effetto, era nulla anche la consequenziale cartella di pagamento impugnata.

Ha proposto ricorso per cassazione, affidato a un solo motivo, l’amministrazione; il contribuente resiste con controricorso.

Con l’unico motivo, corredato da idoneo quesito, l’avvocatura erariale denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 140 c.p.c. e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3. In estrema sintesi, la ricorrente, premesso che l’avviso di accertamento non è un atto funzionale al processo ma un atto amministrativo (esplicativo della potestà impositiva dell’amministrazione finanziaria, ossia un atto tributario sostanziale), sostiene che, ove l’amministrazione abbia osservato tutte le modalità di notificazione prescritte dall’art. 140 cod. proc. civ., sarebbe irrilevante la mancata consegna dell’avviso di “giacenza” della raccomandata con cui si da notizia del deposito al contribuente destinatario. Il rilievo non è condivisibile.

La natura sostanziale e non processuale dell’avviso di accertamento tributario – che costituisce un atto amministrativo autoritativo attraverso il quale l’amministrazione enuncia le ragioni della pretesa tributaria – non osta all’applicazione d’istituti appartenenti al diritto processuale, soprattutto quando vi sia un espresso richiamo di questi nella disciplina tributaria. Pertanto, l’applicazione per l’avviso di accertamento, in virtù del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, delle norme sulle notificazioni nel processo civile comporta, quale logica necessità, l’applicazione del regime delle nullità (Sez. U, n. 19854 del 2004). Perciò, qualora la notificazione dell’avviso di accertamento sia stata fatta nelle forme prescritte dall’art. 140 cod. proc. civ., ai fini della prova dell’avvenuto perfezionamento del procedimento notificatorio, è necessaria la produzione in giudizio dell’avviso di ricevimento della raccomandata con la quale l’ufficiale giudiziario abbia dato notizia al destinatario dell’avvenuto compimento delle formalità di cui al suddetto articolo (Sez. 5, n. 21132 del 2009; cfr. in generale Sez. U, n. 627 del 2008). Tale adempimento persegue lo scopo di consentire la verifica che l’atto sia pervenuto nella sfera di conoscibilità del destinatario, perciò l’avviso di ricevimento deve essere allegato all’atto notificato e la sua mancanza provoca la nullità della notificazione (Sez. U, n. 458 del 2005).

Tali principi, trovano riscontro nella più recente giurisprudenza della Corte Costituzionale (sent. N. 3 del 2010), per cui si deve ritenere essere oramai parte del diritto vivente il principio secondo cui l’avviso di ricevimento della raccomandata ex art. 140 c.p.c. è elemento indispensabile per il consolidamento del procedimento notificatorio. Ciò comporta che, diversamente dall’assunto dell’avvocatura erariale, non può dirsi irrilevante la mancata consegna dell’avviso di “giacenza” della raccomandata con cui si da notizia del deposito al contribuente destinatario. Peraltro, atteso che la correttezza del procedimento di formazione della pretesa tributaria è assicurata mediante il rispetto di una sequenza procedimentale di determinati atti, con le relative notificazioni, allo scopo di rendere possibile un efficace esercizio del diritto di difesa del destinatario, l’omissione o la nullità della notifica di un atto presupposto costituisce un vizio procedurale che comporta la nullità dell’atto consequenziale notificato. Tale nullità può essere fatta valere dal contribuente mediante la scelta, consentita dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, comma 3, d’impugnare solo l’atto consequenziale notificatogli (nella specie la cartella di pagamento), facendo valere proprio il vizio derivante dall’omessa o nulla notifica dell’atto presupposto; vale, quindi, la scelta compiuta nella specie dalla società contribuente, con la conseguenza che, verificata la sussistenza del difetto/nullità della notifica dell’atto presupposto, è legittimo pronunciare la nullità dell’atto consequenziale (Sez. U, n. 5791 del 2008).

Conseguentemente il ricorso può essere deciso in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 1″.

Rilevato che la relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata alle parti costituite;

osservato che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condividendo i motivi in fatto e in diritto della relazione, ritiene che ricorra l’ipotesi della manifesta infondatezza del ricorso, per tutte le ragioni sopra indicate nella relazione;

considerato che da ciò consegue, oltre al rigetto del ricorso, anche la condanna della ricorrente al pagamento delle spese.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese del giudizio di legittimità liquidate in Euro 7.100, di cui Euro 7000 per onorario, oltre agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 8 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 21 luglio 2011

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