Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1605 del 19/01/2022

Cassazione civile sez. lav., 19/01/2022, (ud. 26/05/2021, dep. 19/01/2022), n.1605

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – rel. Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16870-2015 proposto da:

I.V.S., + ALTRI OMESSI, tutti elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA MAZZINI 6, presso lo studio degli avvocati

SILVANA PATANELLA e VITO PATANELLA, che li rappresentano e

difendono;

– ricorrenti –

contro

ASSEMBLEA REGIONALE SICILIANA, in persona del Presidente pro tempore,

rappresentata e difesa ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, ALLA VIA DEI

PORTOGHESI, 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2284/2014 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 05/12/2014 R.G.N. 1011/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

26/05/2021 dal Consigliere Dott. PAOLO NEGRI DELLA TORRE.

 

Fatto

PREMESSO

che I.V.S. e gli altri ricorrenti indicati in epigrafe, dipendenti della Assemblea Regionale Siciliana con mansioni e qualifiche differenti, tutti promossi, in date diverse, dalla prima alla seconda fascia stipendiale, hanno agito in giudizio per vedersi riconoscere – in applicazione del Regolamento Interno del Personale, art. 51 (nella forma vigente al momento della promozione) – l’anzianità maturata nella precedente posizione di qualifica e i consequenziali aumenti periodici di stipendio;

– che l’adito Tribunale di Palermo ha accolto le domande, nei limiti della prescrizione;

– che con sentenza n. 2284/2014, depositata il 5 dicembre 2014, la Corte di appello di Palermo ha integralmente riformato la decisione di primo grado e respinto le domande, richiamando l’interpretazione dell’art. 51, di cui a Cass. n. 4461/2014, e osservando altresì l’assenza di ogni pregiudizio economico in capo ai lavoratori;

– che avverso detta sentenza hanno proposto ricorso per cassazione questi ultimi, con quattro motivi, cui l’Assemblea Regionale Siciliana ha resistito con controricorso.

Diritto

RILEVATO

che, con il primo motivo, deducendo la violazione e falsa applicazione del Regolamento del Personale dell’Assemblea Regionale Siciliana, artt. 36 e 51, nonché degli artt. 1362,1363 e 2067 c.c., i ricorrenti censurano la sentenza impugnata per avere adottato l’interpretazione, di cui a Cass. n. 4461/2014, senza considerare la diversità delle fattispecie oggetto dei due giudizi, concernendo quella esaminata nel precedente di legittimità la posizione di sette dirigenti con qualifica di segretario parlamentare mentre la presente fattispecie riguardava carriere di concetto e ausiliarie, per le quali l’art. 51 non assumeva la veste di norma di salvaguardia ma di specifica norma, sulla scorta della quale doveva, pertanto, essere regolata ogni promozione; senza considerare inoltre che proprio il rilevato incremento della retribuzione tabellare, in misura non inferiore al 15% per ciascun dipendente, costituiva il livello retributivo immediatamente superiore rispetto a quello goduto al momento della promozione, così come previsto all’art. 51, comma 1, la cui naturale conseguenza era il beneficio di cui al successivo comma 3 e cioè il riporto dell’anzianità per intero con riferimento ai successivi aumenti periodici di stipendio;

– che con il secondo motivo la sentenza di appello viene censurata, ancora per violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e 1363 c.c., là dove ha dìsatteso la tesi dei ricorrenti, per la quale il precedente di legittimità citato avrebbe omesso ogni valutazione in merito alla portata precettiva del Regolamento del personale dell’Assemblea, art. 36, unica norma deputata a disciplinare le modalità di promozione dei dipendenti in seconda fascia: la Corte territoriale, infatti, aveva rilevato che l’art. 36 richiamava i commi 1 e 3 dell’art. 51, ma aveva trascurato di evidenziare che il medesimo art. 36 non costituiva riferimento normativo per i sette dipendenti di cui alla sent. n. 4461/2014, trattandosi di dirigenti e non di lavoratori appartenenti alle categorie impiegatizia e ausiliaria;

– che con il terzo motivo viene dedotto il vizio di motivazione e il vizio di cui all’art. 360, n. 3 in riferimento all’art. 115 c.p.c., non avendo la Corte territoriale esaminato puntualmente tutti i decreti di promozione dei ricorrenti;

– che con il quarto viene dedotta la violazione degli artt. 91 e 92, poiché la Corte, anziché compensare integralmente le spese di entrambi i gradi di giudizio, avrebbe dovuto porle, per il principio di soccombenza, a carico dell’Assemblea Regionale Siciliana.

Osservate

che il primo e il secondo motivo, da esaminarsi congiuntamente in quanto connessi, sono infondati;

– che l’art. 51 (rubricato “Norme di salvaguardia”) dispone, al comma 1, che: “Nei casi di promozione, al personale provvisto nella qualifica di provenienza di una posizione di stipendio superiore, uguale o immediatamente inferiore alla posizione iniziale di stipendio della nuova qualifica, è in questa attribuita la posizione di stipendio pari alla posizione della qualifica di provenienza successiva a quella goduta al momento della promozione. Ove nella nuova qualifica non esista la posizione di stipendio pari alla successiva nella qualifica di provenienza, è attribuita la posizione di stipendio immediatamente superiore a quella goduta al momento della promozione”;

– che, all’art. 51, comma 3, dispone che: “Nella nuova posizione è riportata per intero, ai soli fini dell’attribuzione dei successivi aumenti periodici, l’anzianità maturata nella posizione di stipendio della qualifica o carriera di provenienza”;

– che, ciò premesso, ritiene il Collegio di ribadire, condividendolo, il principio affermato da questa Corte nella sentenza n. 4461/2014, già citata e posta a fondamento della propria decisione dalla Corte di appello di Palermo;

– che in tale sentenza è stato, più in particolare, affermato che: a) “Un’interpretazione complessiva dei commi che costituiscono l’art. 51 cit. induce a ritenere che detta norma non è finalizzata ad assicurare un beneficio retributivo a tutti indistintamente in caso di passaggio ad una qualifica superiore o categoria, ma soltanto ad evitare il verificarsi di situazioni retributive peggiorative nel passaggio di qualifica o categoria, a salvaguardare, dunque, livelli retributivi già raggiunti che potrebbero essere pregiudicati nel passaggio alla qualifica o categoria superiore”; b) che “Dal coordinamento delle due norme, la cui lettura congiunta risulta imposta dall’espressione nella nuova posizione con cui inizia il comma 3 così ricollegandosi alle precedenti disposizioni, risulta che la regola del c.d. riporto dell’anzianità nella nuova posizione economica si verifica allorché la nuova posizione economica sia attribuita in misura pari alla posizione della qualifica di provenienza successiva a quella goduta al momento della promozione o in misura immediatamente superiore a quella goduta al momento della promozione e ciò in quanto all’atto della promozione ii personale godeva, nella qualifica di provenienza, di una posizione di stipendio superiore, uguale o immediatamente inferiore alla posizione iniziale di stipendio della nuova qualifica”; c) “Il presupposto per l’applicabilità del comma 3 e’, dunque, la necessità di salvaguardare posizioni retributive maturate nella precedente posizione che possono essere pregiudicate nel passaggio di qualifica”; d) che dovevano inoltre essere “accolte le argomentazioni svolte dall’Assemblea Regionale secondo cui nelle ipotesi previste dal comma 1 al personale promosso viene attribuita una posizione economica che è basata ancora sulle posizioni economiche di provenienza in quanto solo facendo riferimento a queste ultime si può individuare la posizione economica della nuova qualifica che sia pari alla posizione della qualifica di provenienza successiva a quella goduta al momento della promozione, o che sia pari a quella immediatamente superiore a quella goduta (nella qualifica di provenienza) al momento della promozione” e che “Le situazioni esaminate dai comma 1 giustificano il c.d. riporto dell’anzianità retributiva pregressa”; e) che l’interpretazione dell’art. 51 “sia letterale, sia complessiva dei commi che lo compongono, sia valutata la finalità della norma stessa, induce ad escludere il c.d. trascinamento dell’anzianità maturata nella precedente posizione di qualifica ai fini degli aumenti periodici di stipendio nella nuova posizione economica al di fuori delle ipotesi previste dal comma 1”;

– che la norma, come si desume dalla citata sentenza, ha portata generale, riferendosi a tutto il personale dell’Assemblea Regionale Siciliana e non solo a quello avente qualifica dirigenziale, e, d’altra parte, alla luce del richiamo posto nell’art. 36 anche all’art. 51, comma 1 (oltre che al comma 3), deve ritenersi che l’interpretazione seguita da Cass. n. 4461/2014 sia integralmente applicabile alla fattispecie presente, con l’inevitabile conseguenza di limitare il c.d. riporto dell’anzianità retributiva pregressa alle sole ipotesi in cui sia necessario salvaguardare le rendite economiche maturate nella precedente posizione (cfr. in tal senso, esattamente, la sentenza impugnata, p. 5);

– che inoltre la tabella di riepilogo delle retribuzioni (cfr. ancora sentenza, p. 5) non risulta trascritta o riportata, neppure nei dati essenziali a chiarire il preciso tenore delle censure che su di essa si fondano, cosi le stesse devono ritenersi inammissibili (art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6) e inidonee a contrastare la conclusione, cui è pervenuta la Corte di appello all’esito di un motivato apprezzamento di fatto, e cioè che non solo non vi è stato per i dipendenti alcun pregiudizio economico conseguente al passaggio dalla posizione economica in godimento alla data della promozione a quella loro attribuita successivamente, ma che, all’esito della promozione, la retribuzione tabellare di ciascuno era sensibilmente aumentata in misura mai inferiore al 15%;

– che parimenti inammissibile è il terzo motivo, posto che, anche volendo prescindere dalla genericità della censura, è consolidato il principio, in forza del quale, per dedurre la violazione dell’art. 115 c.p.c. con il ricorso per cassazione, occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio): Sez. U. n. 20867/2020;

– che il quarto non può, in realtà, considerarsi un motivo di ricorso in senso proprio, in quanto vi si deduce l’applicazione della regola della soccombenza a carico dell’Assemblea dalla prospettata fondatezza dei motivi che lo precedono.

Ritenuto:

conclusivamente che il ricorso deve essere respinto;

– che le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in Euro 6.000,00 per compensi professionali, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 26 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2022

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