Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16049 del 02/08/2016


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Cassazione civile sez. III, 02/08/2016, (ud. 28/06/2016, dep. 02/08/2016), n.16049

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. AMBROSIO Annamaria – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al numero 659 del ruolo generale dell’anno 2014,

proposto da:

SO.CO.MAR. S.r.l. (C.F.: (OMISSIS)), in persona del Presidente del

Consiglio di Amministrazione, legale rappresentante pro tempore,

U.S. rappresentata e difesa, giusta procura a margine del

ricorso, dagli avvocati Carla Rizzo (CF.: (OMISSIS)), Valter Angeli

(C.F.: (OMISSIS)) ed Enrico Biscarini (C.F.: (OMISSIS));

– ricorrente –

nei confronti di:

ERICSSON TELECOMUNICAZIONI S.p.A. (C.F.: (OMISSIS)), in persona del

Consigliere di Amministrazione, legale rappresentante pro tempore,

G.M. rappresentato e difeso, giusta procura a margine del

controricorso, dall’avvocato Massimiliano De Luca (C.F.: (OMISSIS));

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza pronunziata in data 27 settembre

2012 dalla Corte di Appello di Perugia n. 365/2012, depositata in

data 13 novembre 2012;

udita la relazione sulla causa svolta alla pubblica udienza in data

28 giugno 2016 dal Consigliere Tatangelo Augusto;

uditi:

l’avvocato Risi Luca, per delega degli avvocati Carla Rizzo, Valter

Angeli ed Enrico Biscarini, per la società ricorrente;

l’avvocato Galione Angela, per delega dell’avvocato Massimiliano De

Luca, per la società controricorrente;

il pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore generale

Dott. Russo Rosario Giovanni, che ha concluso per il rigetto del

ricorso, con condanna alle spese e statuizione sul contributo

unificato.

Fatto

FATTI E SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il 5 agosto del 1998 la SOCOMAR S.r.l. concesse in locazione alla Ericsson S.p.A. una porzione del lastrico solare di un proprio immobile perchè vi fosse installata una stazione radio base da cui diffondere segnali di telecomunicazione per la telefonia cellulare. Dopo alcuni anni agì in giudizio per ottenere la dichiarazione di nullità di tale contratto, ovvero il suo annullamento per errore o per dolo, e comunque per sentirne dichiarare l’inefficacia per il mancato avveramento della condicio iuris costituita dall’accertamento da parte della ASL della non pericolosità dell’impianto.

La domanda fu accolta dal Tribunale di Perugia, che dichiarò la nullità del contratto di locazione (per illiceità dell’oggetto, in quanto contrario alle prescrizioni della normativa regolamentare comunale sopravvenuta dopo la stipula, che aveva vietato l’installazione nelle aree cd. sensibili – come quella in cui si trovava l’immobile locato di impianti atti a provocare inquinamento elettromagnetico).

La Corte di Appello di Perugia, in riforma della decisione di primo grado, ha invece rigettato le domande della locatrice Socomar S.r.l..

Quest’ultima ricorre sulla base di due motivi.

Resiste la Ericsson Telecomunicazioni S.p.A. con controricorso.

Entrambe le parti hanno depositato memorie ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo del ricorso si denunzia “violazione e falsa applicazione dell’art. 1418 c.c., in relazione all’art. 2 Cost., ai sensi e per gli effetti dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, anche per omesso esame di un fatto decisivo del giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, ex art. 360, comma 1, n. 5.”. Con il secondo motivo del ricorso si denunzia “violazione e falsa applicazione dell’art. 1427 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”.

I due motivi del ricorso possono trattarsi congiuntamente in quanto il loro esame involge le medesime questioni giuridiche.

Essi sono infondati.

Si premette che, in fatto, risulta incontrovertibilmente accertato nel giudizio di merito che la destinazione d’uso dell’immobile locato pattuita tra le parti (installazione di una stazione radio base da cui diffondere segnali di telecomunicazione per la telefonia cellulare) era certamente legittima al momento in cui il contratto fu stipulato, e che però successivamente era intervenuta una regolamentazione comunale che la vietava.

Sotto questo aspetto la pronunzia impugnata è adeguatamente motivata, e dunque non può ritenersi ammissibile la censura avanzata dalla società ricorrente sotto il profilo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, con riguardo alla questione dei potenziali danni derivanti dalle onde elettromagnetiche ed al cd. principio di precauzione, specie tenuto conto della formulazione della disposizione applicabile alla fattispecie, in considerazione della data di deposito della sentenza di merito.

La soluzione della controversia è dunque unicamente incentrata sulla questione di diritto relativa all’ipotesi in cui venga stipulato un contratto di locazione di un immobile la cui destinazione d’uso convenzionale sia legittima, sotto il profilo amministrativo (ovvero richieda un titolo abilitativo che sussiste o che è conseguibile) nel momento in cui avviene la stipula, ma che successivamente, nel corso del rapporto, in virtù di sopravvenuti mutamenti normativi, divenga vietata (ovvero venga meno il titolo abilitativo o la possibilità di conseguirlo).

Secondo la corte di appello, in tale ipotesi va esclusa la possibilità di ravvisare una invalidità sopravvenuta del contratto di locazione (sia sotto il profilo della nullità che dell’annullabilità), in quanto sotto il profilo del sinallagma cd. genetico l’atto negoziale presenta tutti i requisiti richiesti ai fini della sua validità e della sua efficacia, e sono eventualmente ipotizzabili rimedi esclusivamente sotto il profilo funzionale dell’attuazione del rapporto (cioè sotto il profilo del cd. sinallagma funzionale).

Poichè nel caso in esame la parte attrice ha proposto esclusivamente domande attinenti alla originaria validità ed efficacia del contratto stesso, chiedendone la dichiarazione di nullità, ovvero l’annullamento, o ancora la dichiarazione di inefficacia per il mancato avveramento della condicio iuris costituita dall’accertamento della non pericolosità dell’impianto da installare nell’immobile locato, tali domande non possono trovare accoglimento.

Si tratta di una impostazione che la Corte ritiene corretta.

Ai sensi dell’art. 1571 c.c., la locazione è il “contratto col quale una parte si obbliga a far godere all’altra una cosa mobile o immobile per un dato tempo, verso un determinato corrispettivo”.

Ai sensi dell’art. 1575 c.c., n. 2, tra le obbligazioni del locatore rientra quella di mantenere la cosa locata in stato da servire all’uso convenuto.

La idoneità del bene locato allo svolgimento dell’attività cui lo stesso sia pattiziamente destinato e, in particolare, la possibilità di conseguire le eventuali autorizzazioni necessarie per l’esercizio dell’attività suddetta in tale immobile, in ragione di caratteristiche sue proprie (ivi inclusa la sua eventuale ubicazione, ove rilevante in tal senso) non rientra dunque, di regola, tra gli elementi essenziali del contratto di locazione (la cui eventuale mancanza, impossibilità o illiceità ne determina l’invalidità), ma costituisce un’obbligazione del locatore il cui mancato adempimento giustifica esclusivamente la risoluzione del contratto, su domanda del conduttore, per inadempimento del locatore, sempre che questi abbia garantito la predetta idoneità (in tal senso è la giurisprudenza ampiamente maggioritaria di questa Corte: cfr. Cass., Sez. 3^, Sentenza n. 8285 del 16/09/1996, Rv. 499604; Sez. 1^, Sentenza n. 11055 del 10/08/2001, Rv. 548970; Sez. 3^, Sentenza n. 12030 del 12/09/2000, Rv. 540113; Sez. 3^, Sentenza n. 15489 del 05/11/2002, Rv. 558229; Sez. 3^, Sentenza n. 23695 del 21/12/2004, Rv.578567; Sez. 3^, Sentenza n. 13372 del 08/06/2007, Rv. 597983; Sez. 3^, Sentenza n. 7081 del 28/03/2006, Rv. 591358; Sez. 3^, Sentenza n. 8409 del 11/04/2006, Rv. 591346; Sez. 3^, Sentenza n. 975 del 17/01/2007, Rv. 596922; Sez. 3^, Sentenza n. 20067 del 19/07/2008, Rv. 604395; Sez. 3^, Sentenza n. 11971 del 17/05/2010, Rv. 613048; Sez. 3^, Sentenza n. 12708 del 25/05/2010, Rv. 613112; Sez. 3^, Sentenza n. 1398 del 21/01/2011, Rv. 616382; cfr., in particolare, le più recenti Cass., Sez. 3^, Sentenza n. 13651 del 16/06/2014, Rv. 631823, Sez. 3^, Sentenza n. 26907 del 19/12/2014, Rv. 633840 e Sez. 3^, Sentenza n. 666 del 18/01/2016, Rv. 638364, per la precisazione secondo cui il locatore è comunque inadempiente quando le carenze intrinseche o le caratteristiche proprie del bene locato ostino all’esercizio dell’attività del conduttore in conformità all’uso pattuito ovvero all’adozione delle autorizzazioni o concessioni amministrative a tal fine necessarie), ovvero, sussistendone i presupposti, ai sensi dell’art. 1463 c.c., per l’impossibilità sopravvenuta della prestazione dello stesso locatore, ove l’inadempimento non sia a questo imputabile.

Un vizio genetico che determini la nullità del contratto di locazione in relazione all’uso convenuto della cosa locata potrebbe dunque ritenersi sussistere – al di là delle ipotesi in cui vi siano espresse previsioni di legge in proposito – esclusivamente laddove l’attività cui convenzionalmente venga destinato l’immobile locato sia del tutto vietata dall’ordinamento, e lo svolgimento di tale attività possa ritenersi costituire la causa concreta del contratto stipulato (per ipotesi del genere, cfr.: Cass., Sez. 3^, Sentenza n. 24769 del 07/10/2008, Rv. 604888; Sez. 3^, Sentenza n. 19220 del 29/09/2015, Rv. 637085), ovvero possa ravvisarsi una vera e propria originaria impossibilità giuridica dell’oggetto del contratto (come hanno ritenuto Cass., Sez. 3^, Sentenza n. 5103 del 26/05/1999, Rv. 526679; Sez. 3^, Sentenza n. 12142 del 10/08/2002, Rv. 56890; Sez. 3^, Sentenza n. 18886 del 10/07/2008, Rv. 604206; Sez. 3^, Sentenza n. 11964 del 16/05/2013, Rv. 626211), il che va escluso laddove del bene sia del tutto lecito nel momento in cui il contratto viene stipulato (cfr. Cass., Sez. 3^, Sentenza n. 23618 del 20/12/2004, Rv. 579540; Sez. 3^, Sentenza n. 22886 del 30/10/2007, Rv. 599956).

Tanto chiarito, appare evidente che il ricorso per buona parte non coglie la ratio decidendi della decisione impugnata, e precisamente per la parte in cui fa riferimento alla potenziale pericolosità delle emissioni elettromagnetiche e al cd. principio di precauzione. La corte di merito non ha in alcun modo escluso; nè che le onde elettromagnetiche possano essere in astratto pericolose per la salute umana, nè che il divieto, posto dal regolamento comunale del 2004, di installazione dell’impianto nelle zone sensibili del territorio cittadino potesse valere nella specie. Essa ha solo escluso che lo ius superveniens determinasse la nullità del contratto, potendo invece comportare al più una mera inefficacia delle obbligazioni attinenti alla prosecuzione del rapporto futuro, questione che però ha (correttamente) ritenuto non posta dalla originaria domanda della locatrice, e che, per quanto sin qui osservato, deve comunque ritenersi in radice da questa non proponibile, riguardando un eventuale inadempimento o comunque una sopravvenuta impossibilità della prestazione della stessa locatrice, ed essendo quindi solo la parte conduttrice legittimata a farla valere.

Le considerazioni che precedono escludono parimenti che possano ritenersi sussistenti i presupposti per l’annullamento del contratto di locazione per errore o dolo, trattandosi comunque di vizi genetici del contratto, che nella specie risulta invece validamente stipulato. 2. Il ricorso è rigettato.

Per le spese del giudizio di cassazione si provvede, sulla base del principio della soccombenza, come in dispositivo.

Dal momento che il ricorso risulta notificato successivamente al termine previsto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 18, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 – quater, introdotto dall’art. 1, comma 17, della citata L. n. 228 del 2012.

PQM

La Corte:

– rigetta il ricorso;

– condanna la società ricorrente a pagare le spese del presente giudizio in favore della società controricorrente, liquidandole in complessivi Euro 7.800,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 – quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 – bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, il 28 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 2 agosto 2016

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