Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16039 del 27/06/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 27/06/2017, (ud. 15/03/2017, dep.27/06/2017),  n. 16039

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21108-2015 proposto da:

L.D., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA G MAZZINI

27, presso lo studio dell’avvocato LUCIO NICOLAIS, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato CLAUDIO CECCHELLA;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 32/4/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di ANCONA, depositata il 03/02/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 15/03/2017 dal Consigliere Dott. PAOLA VELLA;

vista la memoria ex art. 380-bis c.p.c. prodotta dalla resistente.

Fatto

RILEVATO

che:

1. in fattispecie relativa ad accertamento sintetico del reddito dell’anno di imposta 2007, la C.T.R. ha accolto solo parzialmente l’appello della contribuente, riducendo il reddito accertato ma respingendo le contestazioni sull’omessa instaurazione del contraddittorio preventivo e sulla rilevanza delle movimentazioni del proprio conto corrente bancario e delle risorse finanziarie apportare dal coniuge;

2. l’odierna ricorrente impugna la sentenza d’appello censurando il mancato rispetto dell’obbligo del contraddittorio preventivo – sia per inosservanza del termine dilatorio di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, che per violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, come modificato dal D.L. n. 78 del 2010 convertito dalla L. n. 122 del 2010 – e, in subordine, la violazione dello stesso art. 38 cit. con riguardo alla mancata considerazione da parte della C.T.R. delle prove da essa fornite circa la “legittima detenzione delle fonti reddituali necessarie al sostenimento delle spese indicative della sua capacità contributiva”;

3. all’esito della camera di consiglio, il Collegio ha disposto adottarsi la motivazione in forma semplificata.

Diritto

CONSIDERATO

che:

4. il primo motivo è infondato, alla luce della giurisprudenza di questa Corte per cui “l’accertamento dei redditi con metodo sintetico, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma -1, nella formulazione applicabile ratione temporis, anteriormente all’entrata in rigore del D.L. n. 78 del 2010” – e quindi con effetto dal periodo d’imposta 2009 (Cass. 2474/17 e 11283/16) – “non postilla, in difetto di ogni previsione al riguardo della norma, che gli elementi e le circostanze di fatto in base ai quali il reddito viene determinato dall’Ufficio siano, in qualsiasi modo, preventivamente contestati al contribuente. (Cass. 7483/2010; Cass. 27076/2009). Ed invero, solo a seguito delle modifiche introdotte dal D.L. n. 78 del 2010, art, 22, in vigore dal 31 maggio 2010 e che non ha efficacia retroattiva (Cass. 21041/2014), è configurabile l’obbligo di instaurazione preventiva del contradditorio, mediante invito del contribuente a comparire di persona o per mezzo di rappresentanti per fornire dati e notizie rilevanti ai fini dell’accertamento e, successivamente, di avviare il procedimento di accertamento con adesione ai sensi del D.Lgs. 19 giugno 1997, n. 218, art. 5” (Cass. sez. 6-5 n. 25585/16; conf. Cass. 17427/16). Inoltre, trattandosi di imposte dirette, va altresì “escluso che sia configurabile un obbligo di generalizzato di instaurazione del contraddittorio per tutti gli accertamenti tributari, al di fuori dei casi specificamente previsti dalla legge” (Cass. SU 24823/15);

5. il secondo motivo invece, oltre ad apparire esente dalla censura di inammissibilità prospettata dall’amministrazione resistente, è fondato.

6. invero, con riguardo all’onere posto a carico del contribuente di dimostrare documentalmente che il maggior reddito determinato sinteticamente è costituito, in tutto o in parte, da redditi esenti, o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta, questa Corte ha chiarito che il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, “richiede qualcosa in più della prova della mera disponibilità di ulteriori redditi, vale a dire una prova documentale su circostanze (anche meramente) sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto. In tal senso va inteso lo specifico riferimento alla prova – risultante da idonea documentazione – dell’entità di tali ulteriori redditi e della durata del loro possesso, prova che ha la finalità di ancorare a fatti oggettivi (di tipo quantitativo e temporale) la disponibilità di detti redditi, per consentire la riferibilità della maggiore capacità contributiva accertata con metodo sintetico in capo al contribuente proprio a tali ulteriori redditi” (Cass. 25585/16, 14855/15, 25104/14); tuttavia è stato anche precisato che entità e durata del possesso di tali redditi di per sè “costituiscono circostanze sintomatiche del fatto che la spesa contestata sia stata sostenuta con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta” – come tali idonee a “vincere la presunzione nascente dall’accertamento redditometrico, nella versione normativa anche qui rilevante ai fini del giudizio” – non potendosi pretendere anche “la dimostrazione del nesso di causalità fra il possesso delle disponibilità del contribuente ed il sostentamento delle spese indicate dall’ufficio” (Cass. 27069/16, 14885/15, 7339/15, 25104/14, 17665/14, 6396/14, 8095/14);

7. nel caso di specie, il giudice d’appello ha fatto malgoverno dei richiamati principi, omettendo dichiaratamente di prendere in considerazione gli estratti conto bancari con i quali la contribuente intendeva fornire la dovuta prova contraria circa la coerenza delle relative movimentazioni finanziarie con le spese in contestazione, e ciò per l’erroneo convincimento che una simile valutazione fosse possibile solo in forza del D.L. n. 78 del 2010, “applicabile a decorrere dall’anno 2009”;

8. la sentenza va quindi cassata con rinvio, per nuovo e completo esame delle risultanze di causa, alla luce dei principi di diritto sopra riportati.

PQM

 

Accoglie il secondo motivo del ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla C.T.R. delle Marche, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 15 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 27 giugno 2017

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