Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16038 del 26/06/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 16038 Anno 2013
Presidente: FINOCCHIARO MARIO
Relatore: GIACALONE GIOVANNI

ORDINANZA

sul ricorso 27409-2011 proposto da:
PAGLIUCA

MARIO

PGLMRA59D04A509B,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CORBISIERI 22, presso lo
studio dell’avvocato RECUPITO GIUSEPPE, rappresentato e
difeso dall’avvocato SCHETTINO ANNIBALE, giusta procura
speciale in calce al ricorso;
– ricorrente contro
2013
1252

MILANO ASSICURAZIONI SPA ,
CONTINO CARMELA;
– intimate –

avverso la sentenza n. 1451/2011 del TRIBUNALE di
AVELLINO dell’8.7.2011, depositata 1’11/07/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di

Data pubblicazione: 26/06/2013

consiglio dell’8/05/2013 dal Consigliere Relatore Dott.
GIOVANNI GIACALONE.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del

Dott. AURELIO GOLIA.

3) R.G. 27409 /2011
IN FATTO E IN DIRITTO
Nella causa indicata in premessa. é stata depositata la seguente relazione:
“l. — La sentenza impugnata (Trib. Avellino, 11/07/2011), ha, per quanto
qui rileva, rigettato l’appello promosso da Mario Pagliuca contro la sentenza
emessa dal Giudice di Pace, con la quale era stata respinta la domanda, dallo

stradale, deducendo che erroneamente il Giudice di Pace aveva ritenuto
prescritta la domanda, in quanto aveva concluso che le raccomandate
contenenti la richiesta di risarcimento del danno, che per legge devono
essere indirizzate all’assicurazione presso l’ufficio incaricato dei sinistri nel
luogo di domicilio del danneggiato o presso l’agenzia presso cui è stato
concluso il contratto, erano state inviate a soggetti privi di rappresentanza e
quindi inefficaci. La Corte Territoriale dichiarava infondata la doglianza,
poiché riteneva che, pur risultando la raccomandata inviata e ricevuta
dall’Agenzia di Avellino della Milano Assicurazioni, l’attore non aveva
provato che con questa aveva concluso il contratto, con conseguente
prescrizione del diritto al risarcimento dei danni.
2. — Ricorre per Cassazione il Pagliuca; gli intimati non hanno svolto attività
difensiva. I motivi dedotti dal ricorrente sono:
2.1 — Violazione dell’art. 2947, comma 3, c.c., in quanto nell’ipotesi in cui
l’illecito civile sia considerato dalla legge come reato, ma il giudizio penale
non sia stato promosso, anche se per mancata presentazione della querela,
l’eventuale più lunga prescrizione prevista per il reato, si applica anche
all’azione di risarcimento; 2.2. falsa applicazione dell’art. 22 L.990/69, per
cui la richiesta scritta di risarcimento può essere sostituita da atti
equipollenti; 2.3. falsa applicazione dell’art. 360, comma 1 n.ri 3, 4, 5
nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione sui punti decisivi
della controversia in relazione all’art. 360, comma 5 c.p.c. ed all’art. 111
Cost.
3. — Il ricorso è manifestamente privo di pregio. Il ricorrente omette
l’indicazione dei motivi per i quali ricorre, violando l’art. 366, comma 1, n.
4 c.p.c., secondo il quale il ricorso deve indicare in modo specifico e
3

stesso proposta, per ottenere il risarcimento dei danni derivati da un sinistro

completo, a pena di inammissibilità, i motivi per i quali si chiede la
cassazione. Nel caso in esame, manca qualsiasi indicazione idonea a
ricondurre il ricorso al paradigma normativo di cui all’art.360 c.p.c., in
quanto parte ricorrente, nell’esporre le censure, prescinde totalmente dai
seguenti consolidati principi espressi da questa S.C.. Infatti, va ribadito che:
3.1. Il vizio della sentenza previsto dall’art. 360, n. 3, c.p.c. deve
essere dedotto, a pena di inammissibilità del motivo giusta la

norme asseritamente violate, ma anche, e soprattutto, mediante
specifiche argomentazioni intelligibili ed esaurienti intese a
motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in
diritto contenute nella sentenza gravata debbano ritenersi in contrasto
con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione
delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità, diversamente,
impedendo, in mancanza, alla Corte regolatrice di adempiere il suo
istituzionale compito di verificare il fondamento della lamentata
violazione. Risulta, quindi, inidoneamente formulata la deduzione di
“errori di diritto” individuati per mezzo della sola preliminare
indicazione delle singole norme pretesamente violate, ma non
dimostrati per mezzo di una critica delle soluzioni adottate dal giudice
del merito nel risolvere le questioni giuridiche poste dalla controversia,
specie ove non siano operate — come nella specie – specifiche e puntuali
contestazioni nell’ambito di una valutazione comparativa con le opposte
soluzioni (del tutto genericamente) prospettate nel motivo, limitandosi
questi alla mera contrapposizione di queste ultime a quelle desumibili
dalla motivazione della sentenza impugnata

(Cass. n. 5353/2007;

2249972006; 13830/2004; 17627/2003). Invero, allorché, come nella specie,
non risultano indicate le argomentazioni in diritto contenute nella
sentenza gravata che si assumono in contrasto con le norme che si
assumono violate o con l’interpretazione fornitane dalla giurisprudenza
di legittimità o dalla prevalente dottrina, il motivo è inammissibile, in
quanto non consente alla Corte di cassazione di adempiere al proprio
compito istituzionale di verificare il fondamento della denunziata
violazione. Non è infatti sufficiente un’affermazione apodittica (nella
specie, il generico richiamo all’erronea affermazioni dei presupposti della
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disposizione dell’art. 366, n. 4, c.p.c., non solo con la indicazione delle

decadenza dalla pretesa, senza adeguati riferimenti al contenuto
dell’impugnata sentenza) e non seguita da alcuna dimostrazione, dovendo
il ricorrente viceversa porre la Corte in grado di orientarsi fra le
argomentazioni in base alle quali ritiene di censurare la pronunzia
impugnata (Cass. n. 3325/09, in motivazione; 1893/2009; 15604/2007, in
motivazione; 13066/2007; 9245/2007; 828/2007; 12984/2006);
3.2. quanto alla deduzione dei vizi motivazionali, è inammissibile, alla

per cassazione con cui, ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c., la parte si limiti a
censurare l’apoditticità e carenza di motivazione della sentenza
impugnata, in riferimento alla valutazione d’inadeguatezza delle prove
da parte del giudice del merito, in quanto la norma processuale impone
la precisazione delle ragioni che rendono la motivazione inidonea a
giustificare la decisione mediante lo specifico riferimento ai fatti
rilevanti, alla documentazione prodotta, alla sua provenienza e
all’incidenza rispetto alla decisione (Cass. n. 4589/09; n.16528/2008;
n.25117/2008).
4. — Il relatore propone la trattazione del ricorso in camera di consiglio ai
sensi degli artt. 375, 376, 380 bis c.p.c. e il rigetto dello stesso.”
La relazione é stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata ai
difensori delle parti costituite.
La parte ricorrente ha presentato memoria, riproponendo le argomentazioni
del ricorso.
Ritenuto che:
a seguito della discussione sul ricorso in camera di consiglio, il collegio ha
condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione, non intaccati
da quanto osservato nella memoria di parte ricorrente;
il ricorso deve perciò essere rigettato, essendo manifestamente infondato;
non v’è motivo di provvedere sulle spese del presente giudizio nei confronti
della parte intimata, non avendo questa svolto attività difensiva;
visti gli artt. 380-bis e 385 cod. proc. civ..
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, 1’8 maggio 2013.

stregua della seconda parte dell’art. 366 bis c.p.c., il motivo di ricorso

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