Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16036 del 28/07/2020

Cassazione civile sez. VI, 28/07/2020, (ud. 05/03/2020, dep. 28/07/2020), n.16036

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCODITTI Enrico – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

Dott. GORGONI Marilena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 33890-2018 proposto da:

D.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA Cesare BARONIO

148, presso lo studio dell’avvocato ROSARIA SPINELLO, rappresentato

e difeso dall’avvocato FRANCESCO RIZZO;

– ricorrente –

contro

UNIPOL SAI ASSICURAZIONI PA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 521/2018 del TRIBUNALE di GELA, depositata il

19/09/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 05/03/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MARILENA

GORGONI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

P.S. ricorre per la cassazione della sentenza n. 121/2018 del Tribunale di Gela, pubblicata il 19 settembre 2018, articolando tre motivi.

Nessuna attività difensiva è svolta dalla resistente.

Il ricorrente espone in fatto che il Giudice di Pace di Nisceni, con sentenza n. 108/2013, rigettava la domanda risarcitoria da lui proposta insieme con A.V., condannando entrambi al pagamento delle spese legali

Il Tribunale di Caltagirone, dinanzi al quale gli attori soccombenti impugnavano la decisione di prime cure, con ordinanza del 10 novembre 2016, dichiarava la propria incompetenza a decidere in favore del Tribunale di Gela, presso cui la causa veniva riassunta dagli appellanti.

Del processo svoltosi presso il Tribunale di Gela il ricorrente riferisce quanto segue: “rinnovava l’ammissione della prova testimoniale, che veniva regolarmente espletata, e dopo la richiesta di CTU da parte degli appellanti, il G.I. riservava ordinanza in data 18/04/2018; con Ordinanza del 09/08/2018 il G.I. rigettava la richiesta di C.T.U., formulata da parte appellante perchè esplorativa e rinviava la causa ai sensi dell’art. 281/sexies c.p.c., ritenuta la causa matura per la decisione all’udienza del 19/09/2018”.

Avendo ritenuto sussistenti le condizioni per la trattazione ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., il relatore designato ha redatto proposta, che è stata ritualmente notificata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza della Corte.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1.In via pregiudiziale va rilevato che la procura alle liti contiene espressioni che, essendo dirette ad attività proprie di altri giudizi e fasi processuali, risultano incompatibili con la volontà consapevole del ricorrente di conferire al difensore lo speciale mandato per questo giudizio di legittimità, con conseguente violazione degli artt. 83 e 365 c.p.c.

Il ricorso pertanto deve essere dichiarato inammissibile in applicazione della consolidata giurisprudenza di questa Corte: Cass. 23/01/ 2020, n. 1525; Cass. 21/02/2019, n. 5190; cass. 02/07/2019, n. 17708; Cass. 11/10/2018, n. 25177.

2. Il ricorso sarebbe comunque risultato inammissibile.

Queste le ragioni.

3.Con il primo motivo il ricorrente deduce “grave violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5”.

La doglianza del ricorrente e che il Tribunale: a) non abbia tenuto conto che S.L. nella sua deposizione testimoniale aveva confermato la dinamica indicata dagli appellanti, affermando la responsabilità di S.S. che aveva già in via processuale offerto all’ A. la somma di Euro 1.600,00; b) abbia manipolato la documentazione prodotta – un assegno emesso dalla Fondiaria a favore di A.V. – e anche le dichiarazioni degli appellanti quanto all’incompatibilità processuale del difensore.

4.Con il secondo motivo il ricorrente censura la sentenza gravata per violazione e falsa applicazione dell’art. 96 c.p.c., comma 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5. Ad avviso del ricorrente la condanna ai sensi della disposizione indicata in epigrafe sarebbe stata ingiustamente applicata, in assenza dei requisiti soggettivi ed oggettivi e del conflitto di interessi, e perchè la condanna alle spese non giustificava l’applicazione dell’art. 96 c.p.c., comma 3.

5.Con il terzo motivo il ricorrente imputa al giudice a quo “violazione e falsa applicazione del D.P.R. n.. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5”.

Essendo l’appellante ammesso al gratuito patrocinio, il Tribunale non avrebbe dovuto condannarlo al pagamento del doppio contributo unificato.

6. Mette conto rilevare che l’esposizione del fatto è del tutto carente, in quanto il ricorrente omette: a) di indicare le ragioni della domanda proposta; non è neppure descritto il fatto che ha dato origine alla controversia, si riferisce di un conflitto di interessi, ma non se ne espongono i presupposti; b) di riferire dello svolgimento del giudizio di primo grado; c) di indicare le ragioni della decisione, dato che non va oltre il generico richiamo del dispositivo; c) di specificare i motivi di appello; d) di indicare le ragioni della decisione del Tribunale.

Se ne conclude che il ricorso non rispetta il requisito della esposizione sommaria dei fatti, prescritto a pena di inammissibilità del ricorso per cassazione dall’art. 366 c.p.c., comma 1 n. 3, che, essendo considerato da tale norma come uno specifico requisito di contenuto-forma del ricorso, deve consistere in uno esposizione che sia capace di garantire alla Corte di cassazione di avere una chiara e completa cognizione del fatto sostanziale che ha originato la controversia e del fatto processuale, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti in suo possesso, compresa la stessa sentenza impugnata (Cass., Sez. un., 18/05/2006 n. 11653). La prescrizione del requisito risponde, infatti, non ad un’esigenza di mero formalismo, ma a quella di consentire una conoscenza chiara e completa dei fatti di causa, sostanziali e o processuali, che permetta di bene intendere il significato e la portata delle censure rivolte al provvedimento impugnato (Cass., Sez. Un., 20/02/2003 n. 2602). Stante tale funzione, per soddisfare il requisito imposto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, è necessario che il ricorso per cassazione contenga, sia pure in modo non analitico o particolareggiato, l’indicazione sommaria delle reciproche pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le hanno giustificate, delle eccezioni, delle difese e delle deduzioni di ci scuna parte in relazione alla posizione avversaria, dello svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni e, ò unque, delle argomentazioni essenziali, in fatto e in diritto, s cui si è fondata la sentenza di primo grado, delle difese svolte dalle parti in appello, ed infine del tenore della sentenza impugnata.

In via gradata, si rileva che i motivi: a) contengono argomentazioni difensive che non sono confacenti con le ragioni di censura indicate in epigrafe; b) pretendono in maniera assolutamente assertiva di contestare la ricostruzione della dinamica dei fatti – fatti che non sono mai stati descritti – e la ricorrenza del conflitto di interessi – di cui, come si è già detto, non si conosce l’origine – adducendo l’omesso esame di prove testimoniali e documentali – che non sono riportate direttamente

nè indirettamente – e persino la manipolazione delle dichiarazioni degli appellanti – dichiarazioni, ovviamente, di cui si ignora il contenuto – e l’inconferenza delle sentenze indicate dal decidente – che non sono individuate e nemmeno confutate sotto il profilo della loro specifica rilevanza -; c) lamentano l’ingiustizia della condanna di cui all’art. 96 c.p.c., comma 3, senza mai avere reso edotta questa Corte delle ragioni che hanno spinto il Giudice a condannare gli appellanti al pagamento della somma di Euro 1.000,00; d) denunciano l’erronea condanna al pagamento del doppio contributo unificato, sull’assunto che l’appellante fosse stato ammesso al gratuito patrocinio, ma l’accertamento iel dovere di pagare il doppio contributo unificato spetta solo all’amministrazione giudiziaria e, quindi, al funzionario di cancelleria, e non invece al giudice, il quale si deve solo limitare a respingere integralmente, a dichiarare inammissibile o improcedibile la domanda, aprendo in caso la strada al doppio pagamento (Cass. 24/10/2018, n. 26907).

7. Ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

8. Nulla deve essere liquidato per le spese non avendo il resistente svolto alcuna attività difensiva.

9.Ai sensi della sentenza delle Sezioni Unite 20/02/2020 n. 4315, benchè il ricorrente risulti ammesso al gratuito patrocinio, questa Corte dà atto della sussistenza dei presupposti processuali di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17; spetterà poi all’amministrazione giudiziaria verificare se in concreto il pagamento sia dovuto o meno, per l’inesistenza di cause originarie o sopravvenutè di esenzione.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Depositato in Cancelleria il 28 luglio 2020

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