Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16033 del 26/06/2013


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 16033 Anno 2013
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: CARRATO ALDO

SENTENZA

della legge n. 89
del 2001

sul ricorso proposto da:
D’ALESSANDRO GIACINTA (C.F.: DLS GNT 52E66 B238S), rappresentata e difesa,
in forza di procura speciale a margine del ricorso, dall’Avv. Concetta Di Luzio ed
elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avv. Maria Rosaria Pinto, in Roma, al
Largo Val Santerno, n. 1; – ricorrente contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato
e difeso “ex lege” dall’Avvocatura Generale dello Stato e domiciliato presso i suoi
Uffici, in Roma, alla v. dei Portoghesi, n. 12; – resistente avverso il decreto della Corte d’appello di Campobasso n. 9/2012, emesso il 27
settembre 201f ) depositato in data 26 gennaio 2012 (non notificato).
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 24 maggio 2013

dal Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato;

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Data pubblicazione: 26/06/2013

udito l’Avv. Lorenzo Agnoli (per delega) nell’interesse della ricorrente;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.
Lucio Capasso, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
Ritenuto in fatto

ricorso depositato in data 7 luglio 2011, il riconoscimento dell’equa riparazione, ai
sensi della legge 24 marzo 2001, n. 89, per la irragionevole durata di un processo
civile (in materia di lavoro) instaurato nel marzo 2002 dinanzi al Tribunale di Chieti e
definito, in primo grado, con sentenza depositata il 25 ottobre 2007 e, in secondo
grado, con sentenza della Corte di appello di L’Aquila depositata il 28 febbraio 2010.
Nella costituzione del resistente Ministero della Giustizia, l’adita Corte di appello, con
decreto depositato il 26 gennaio 2012, dichiarava l’improcedibilità del ricorso
(compensando le spese processuali), sul presupposto che, nella specie, non era
stata provata la sussistenza della condizione di proponibilità dell’azione relativa alla
tempestività del ricorso e alla sua procedibilità.
Avverso il menzionato decreto (non notificato) ha proposto ricorso per cassazione la
D’ Alessandro Giacinta, con atto ritualmente notificato, sulla base di tre motivi. Il
Ministero della Giustizia ha depositato una mera memoria costitutiva ai fini
,

dell’eventuale partecipazione alla discussione del ricorso.
Considerato in diritto
1. – Con il primo motivo dedotto la ricorrente ha denunciato (ai sensi dell’art. 360, n.
3, c.p.c.) la violazione e falsa applicazione degli artt. 2 e 3, comma 5, della legge n.
89 del 2001, nonché dell’art. 6 della C.E.D.U., non avendo la Corte territoriale dato
seguito alla sua richiesta di acquisire il fascicolo d’ufficio del giudizio presupposto.

La sig.ra D’Alessandro Giacinta chiedeva alla Corte d’appello di Campobasso, con

2.- Con il secondo motivo la ricorrente ha censurato il decreto impugnato per
violazione e falsa applicazione dell’art. 4 della stessa legge n. 89 del 2001, oltre che
del citato art. 6 della C.E.D.U., perché il ricorso si sarebbe dovuto ritenere
assolutamente tempestivo, essendo stato depositato il 7 luglio 2011, a fronte della

3. — Con il terzo ed ultimo motivo la ricorrente ha dedotto la violazione e falsa
applicazione degli artt. 132, comma 2, n. 4, c.p.c., e 3, comma 6, della legge n. 89
del 2001 (in relazione all’art. 360, nn. 4 e 5, c.p.c.), avuto riguardo all’illegittimo
computo del termine decadenziale semestrale per come operato dalla Corte
molisana, dal quale era derivata la declaratoria di improcedibilità del ricorso.
3. Rileva il collegio che i tre motivi — esaminabili congiuntamente siccome
strettamente connessi — sono fondati e devono essere accolti nei termini che
seguono.
Secondo l’ormai consolidato orientamento della giurisprudenza di questa Corte (cfr.,
ad es., Cass. n. 17249 del 2006 e Cass. n. 16367 del 2011, ord.), in tema di equa
riparazione per la violazione del termine ragionevole di durata del processo, l’oggetto
della domanda è individuabile nella richiesta di accertamento della violazione,
rispetto alla quale l’onere della parte istante è limitato alla semplice allegazione dei
dati relativi alla sua posizione nel processo (data iniziale di questo, data della sua
definizione, eventuale articolazione nei diversi gradi) e non anche alla produzione
degli atti posti in essere nel processo presupposto. In altri termini, nella materia
dell’equa riparazione, In tema di equa riparazione per la violazione del termine
ragionevole di durata del processo, la legge (art. 2, comma secondo, legge n. 89 del
2001) affida l’accertamento in concreto della violazione al giudice: la parte ha
indubbiamente un onere di allegazione e dimostrazione, ma esso riguarda la sua

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scadenza del termine utile fissato al 28 agosto 2011.

posizione nel processo, la data iniziale di questo, la data della sua definizione e gli
eventuali gradi in cui si è articolato, e spetta poi al giudice – sulla base dei dati
suddetti e di quelli eventualmente addotti dalla parte resistente – verificare in
concreto e con riguardo alle singole fattispecie se vi sia stata una violazione del

artt. 737 e ss. c.p.c. adottato dalla legge (art. 3, comma 4, legge cit.) – di poteri di
iniziativa, i quali si estrinsecano attraverso l’assunzione di informazioni che,
espressamente prevista dall’art. 738 c.p.c., non resta subordinata all’istanza di parte.
Pertanto, il giudice – pur non essendo obbligato ad esercitare tali poteri, potendo
attingere “aliunde” le fonti del proprio convincimento – non può ascrivere alla parte
un’asserita carenza probatoria superabile con l’esercizio dei poteri di iniziativa
d’ufficio, né, tanto meno, può ignorare la richiesta della parte ricorrente di acquisire
(come, per l’appunto, formulata anche nel caso di specie), ai sensi dell’art. 3, comma
quinto, della legge n. 89 del 2001, gli atti del processo presupposto e fondare il
proprio convincimento su mere ipotesi in ordine alle cause della durata dello stesso.
Inoltre, la giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. n. 13752 del 2011, ord.) ha
chiarito che, qualora si intendano contestare i fatti allegati dal ricorrente, l’onere della
prova in ordine alla eventuale tardività della domanda di equa riparazione, per
avvenuto decorso del termine decadenziale di cui all’art. 4 della legge n. 89 del 2001
con riferimento all’individuazione del momento in cui è passata in giudicato la
sentenza del processo presupposto, grava sulla parte che sollevi la relativa
eccezione.
Peraltro, nella specie, si deve considerare che, al momento del deposito del ricorso
per equa riparazione, il termine semestrale di decadenza – previsto dall’art. 4 della
legge n. 89 del 2001 – non era ancora decorso, dovendosi computare il dies a quo di

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termine ragionevole, avvalendosi anche – secondo il modello processuale di cui agli

decorrenza di detto termine dal passaggio in giudicato della sentenza di secondo
grado pubblicata il 28 febbraio 2010, in difetto della prova dell’avvenuta precedente
notificazione della sentenza ad istanza della parte avversa (il cui onere gravava sul
convenuto Ministero: cfr. Cass. n. 13752 del 2011, ord., cit.).

decadenza dall’azione poiché il ricorso era stato proposto antecedentemente al
decorso dei sei mesi dal passaggio in giudicato della sentenza del procedimento
presupposto, senza che l’Amministrazione resistente avesse provato che era
intervenuta la pregressa notificazione della sentenza stessa al fine dell’applicazione
del c.d. termine breve di cui all’art. 325 c.p.c. .
Deve, quindi, essere riconfermato il principio secondo cui,

in tema di equa

riparazione per violazione del termine ragionevole di durata del processo, ai
fini dell’individuazione della data di decorrenza del termine di decadenza di sei
mesi per la proponibilità della domanda, la decisione conclusiva del
procedimento, nel quale la violazione si assume verificata, diventa “definitiva”
con il passaggio in giudicato della sentenza che lo definisce, con la
conseguenza che allorché la decisione che conclude il processo presupposto
sia stata depositata ma non notificata, la sua definitività si identifica con il
decorso del c.d. termine lungo previsto dall’art. 327 c.p.c. e del periodo di
sospensione feriale dei termini (con la conseguenza che, nella specie, il
predetto termine decadenziale era stato rispettato, essendo stato depositato il
ricorso per equa riparazione il 7 luglio 2011).
3. In definitiva, il ricorso deve essere accolto con conseguente cassazione del
decreto impugnato e rinvio della causa alla Corte di appello di Campobasso, in
diversa composizione, che si atterrà all’enunciato principio di diritto e pronuncerà sul

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Pertanto, la Corte di merito non avrebbe potuto, nel caso di specie, rilevare la

merito del ricorso per equa riparazione (valutando tutte le condizioni previste dall’art.
2 della legge n. 89 del 2001), regolando anche le spese del presente giudizio di
legittimità.
PER QUESTI MOTIVI

del presente giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Campobasso, in diversa
composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione Civile della Corte
suprema di Cassazione, in data 24 maggio 2013.

La Corte accoglie il ricorso; cassa il decreto impugnato e rinvia, anche per le spese

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