Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16032 del 26/06/2013


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 16032 Anno 2013
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: CARRATO ALDO

della legge n. 89
del 2001 – sentenza

SENTENZA

con motivazione
semplificata

sul ricorso proposto da:

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato
e difeso “ex lege” dall’Avvocatura Generale dello Stato e domiciliato presso i suoi
Uffici, in Roma, alla v. dei Portoghesi, n. 12;

– ricorrente –

contro
BRUTTO FRANCESCA (C.F.: BRT FNC 47L51 F845U);

– intimata –

avverso il decreto della Corte d’appello di Caltanissetta n. 82/2012 e depositato in
data 9 marzo 2012
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 24 maggio 2013
dal Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.
Lucio Capasso, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Ritenuto in fatto

Soca

Data pubblicazione: 26/06/2013

La sig.ra Brutto Francesca chiedeva alla Corte d’appello di Caltanissetta, con ricorso
depositato in data 19 aprile 2011, il riconoscimento dell’equa riparazione, ai sensi
della legge 24 marzo 2001, n. 89, per la irragionevole durata di un processo civile
instaurato dinanzi al Tribunale di Agrigento con atto di citazione notificato 1’8 luglio

Nella costituzione del resistente Ministero della Giustizia, l’adita Corte di appello, con
decreto depositato il 9 marzo 2012, accoglieva, per quanto di ragione, la proposta
domanda e, per l’effetto, condannava il convenuto Ministero al pagamento, per il
titolo dedotto in giudizio (e scomputati i periodi ricompresi nella durata irragionevole
del giudizio non addebitabili all’Ufficio), della somma di euro 1.500,00, oltre interessi
legali dalla data della domanda, ponendo a carico dello stesso Ministero un terzo
delle spese giudiziali e compensando i residui terzi.
Avverso il menzionato decreto (non notificato) ha proposto ricorso per cassazione il
Ministero della Giustizia, sulla base di un unico motivo. L’intimata non si è costituita
in questa fase di legittimità.
Il collegio ha deliberato di adottare il modello di sentenza in forma semplificata.
Considerato in diritto

1. – Con l’unico motivo dedotto il ricorrente Ministero ha denunciato (ai sensi dell’art.
360, n. 3, c.p.c.) la violazione dell’art. 4 della legge n. 89 del 2001 in relazione alla
reiezione dell’eccezione dell’inammissibilità della domanda di equa riparazione in
quanto non era stata depositata una copia conforme della sentenza con cui era stato
definito il giudizio presupposto, con l’attestazione del passaggio in giudicato o un
certificato attestante la pendenza della controversia.
2. – Rileva il collegio che il motivo è infondato e deve, perciò, essere rigettato per le
ragioni che seguono.

– 2 –

2004 e definito con sentenza depositata il 25 agosto 2009.

Secondo l’ormai consolidato orientamento della giurisprudenza di questa Corte (cfr.,
ad es., Cass. n. 17249 del 2006 e Cass. n. 16367 del 2011, ord.), in tema di equa
riparazione per la violazione del termine ragionevole di durata del processo, l’oggetto
della domanda è individuabile nella richiesta di accertamento della violazione,

dati relativi alla sua posizione nel processo (data iniziale di questo, data della sua
definizione, eventuale articolazione nei diversi gradi) e non anche alla produzione
degli atti posti in essere nel processo presupposto. In altri termini, nella materia
dell’equa riparazione, In tema di equa riparazione per la violazione del termine
ragionevole di durata del processo, la legge (art. 2, comma secondo, legge n. 89 del
2001) affida l’accertamento in concreto della violazione al giudice: la parte ha
indubbiamente un onere di allegazione e dimostrazione, ma esso riguarda la sua
posizione nel processo, la data iniziale di questo, la data della sua definizione e gli
eventuali gradi in cui si è articolato, e spetta poi al giudice – sulla base dei dati
suddetti e di quelli eventualmente addotti dalla parte resistente – verificare in
concreto e con riguardo alle singole fattispecie se vi sia stata una violazione del
termine ragionevole, avvalendosi anche – secondo il modello processuale di cui agli
artt. 737 e ss. c.p.c. adottato dalla legge (art. 3, comma 4, legge cit.) – di poteri di
iniziativa, i quali si estrinsecano attraverso l’assunzione di informazioni che,
espressamente prevista dall’art. 738 c.p.c., non resta subordinata all’istanza di parte.
Pertanto, il giudice – pur non essendo obbligato ad esercitare tali poteri, potendo
attingere “aliunde” le fonti del proprio convincimento – non può ascrivere alla parte
una asserita carenza probatoria superabile con l’esercizio dei poteri di iniziativa
d’ufficio, né, tanto meno, può ignorare la richiesta della parte ricorrente di acquisire,
ai sensi dell’art. 3, comma quinto, della legge n. 89 del 2001, gli atti del processo

3

rispetto alla quale l’onere della parte istante è limitato alla semplice allegazione dei

presupposto e fondare il proprio convincimento su mere ipotesi in ordine alle cause
della durata dello stesso. Inoltre, la giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. n.
13752 del 2011, ord.) ha chiarito che, qualora si intendano contestare i fatti allegati
dal ricorrente, l’onere della prova in ordine alla eventuale tardività della domanda di

della legge n. 89 del 2001 con riferimento all’individuazione del momento in cui è
passata in giudicato la sentenza del processo presupposto, grava sulla parte che
sollevi la relativa eccezione (ragion per cui, anche nella fattispecie, avrebbe dovuto
essere il ricorrente Ministero a fornire il riscontro probatorio della supposta tardività
della proposizione della domanda di equa riparazione, alla quale ricondurre la
sanzione dell’inammissibilità).
3. In definitiva, alla stregua delle ragioni complessivamente esposte, il ricorso deve
essere rigettato, senza che occorra adottare alcuna pronuncia sulle spese di questo
giudizio, non avendo l’intimata svolto attività difensiva.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione Civile della Corte
suprema di Cassazione, in data 24 maggio 2013.

equa riparazione, per avvenuto decorso del termine decadenziale di cui all’art. 4

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