Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16030 del 26/06/2013


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 16030 Anno 2013
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: CARRATO ALDO

SENTENZA

della legge n. 89
del 2001

sul ricorso proposto da:
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato
e difeso “ex lege” dall’Avvocatura Generale dello Stato e domiciliato presso i suoi
Uffici, in Roma, alla v. dei Portoghesi, n. 12; – ricorrente contro
CINIGLIO ROSANNA (C.F.: CNG RNN 63D57 A783G), rappresentata e difesa, in
forza di procura speciale a margine del ricorso, dall’Avv. Domenico Pizzillo ed
elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avv. Italo Castaldi, in Roma, via Affilio
Regolo, n. 12/D; – controricorrente avverso il decreto della Corte d’appello di Roma emesso il 9 maggio 2011 nel proc.
v LAA.Aszyt,y
iscritto al N.R.G.V.G. 50394/2005 depositato in data -9 -nraggio 201te notificato il 19
maggio 2012.

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Data pubblicazione: 26/06/2013

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 24 maggio 2013
dal Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.
Lucio Capasso, che ha concluso per il rigetto del primo motivo del ricorso e per
..
Ritenuto in fatto
La sig.ra Ciniglio Rosanna chiedeva alla Corte d’appello di Roma, con ricorso
ritualmente depositato, il riconoscimento dell’equa riparazione, ai sensi della legge
24 marzo 2001, n. 89, per la irragionevole durata di un processo civile (avente ad
oggetto una domanda di risarcimento danni) instaurato il 17 luglio 1996 dinanzi al
Tribunale di Benevento e conclusosi, in primo grado, con l’emissione di ordinanza di
cancellazione della causa dal ruolo ex art. 309 c.p.c. in data 30 giugno 2008 (sul
presupposto dell’intervenuta transazione tra le parti in data 13 maggio 2008),
invocando la condanna del Ministero della Giustizia al risarcimento del danno non
patrimoniale subito da quantificarsi in euro 7.000,00 (in relazione alla durata
eccedente quella ordinaria), oltre interessi legali dalla domanda al soddisfo.
Nella costituzione del resistente Ministero della Giustizia, l’adita Corte di appello, con
decreto depositato il 9 maggio 2011, accoglieva, per quanto di ragione, la proposta
-.
-.

domanda e, per l’effetto, condannava il convenuto Ministero al pagamento, per il
titolo dedotto in giudizio (e scomputati i periodi ricompresi nella durata irragionevole
del giudizio addebitabili a comportamenti delle parti), della somma di euro 7.000,00,
oltre interessi legali dalla data della domanda, ponendo a carico dello stesso
Ministero le spese del giudizio, con attribuzione ai difensori antistatari.
Avverso il menzionato decreto (notificato il 19 maggio 2012) ha proposto ricorso per
cassazione il Ministero della Giustizia, con atto ritualmente notificato, sulla base di tre

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l’accoglimento del secondo e del terzo motivo.

motivi. L’intimata Ciniglio Rosanna si è costituita con controricorso, illustrato da
memoria.
Considerato in diritto
1. – Con il primo motivo dedotto il ricorrente Ministero ha denunciato (ai sensi dell’art.

2001, in relazione alla supposta erroneità della individuazione della data di
decorrenza del termine utile per la proposizione della domanda di equa riparazione,
avendo la Corte territoriale posto riferimento alla data di intervenuta cancellazione
della causa dal ruolo del giudizio presupposto anziché a quella dell’intervenuta
transazione.
2. — Con il secondo motivo (formulato in via subordinata) il Ministero della Giustizia
ha dedotto — ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c. — la violazione e falsa applicazione
dell’art. 2 della legge n. 89 del 2001, avuto riguardo alla determinazione
dell’indennizzo in relazione alla computata durata irragionevole del giudizio
presupposto, malgrado lo stesso non presentasse una particolare complessità.
3. — Con il terzo motivo (da intendersi avanzato sempre in linea subordinata), il
ricorrente ha censurato il decreto impugnato per carenza di motivazione sul fatto
decisivo della controversia inerente la valutazione dei presupposti di cui al secondo
motivo.
4. Il primo riportato motivo è infondato e deve, pertanto, essere rigettato.
La Corte di merito ha correttamente ritenuto che, ai fini della individuazione del “dies
a quo” per il computo del termine di decadenza stabilito dall’art. 4 della legge n. 89
del 2001, avrebbe dovuto porsi riferimento alla in cui era intervenuta l’ordinanza di
cancellazione della causa dal ruolo, rimanendo irrilevante, a tal fine, che le parti
avessero raggiunto una transazione extragiudiziale in precedenza, con la

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360, n. 4, c.p.c.) la violazione e falsa applicazione dell’art. 4 della legge n. 89 del

conseguenza che il ricorso si sarebbe dovuto ritenere tempestivo e, quindi,
ammissibile.
A tal proposito il giudice del merito si è esattamente conformato al condivisibile
orientamento della giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. n. 5398 del 2005 e, da

cancellata dal ruolo per mancata comparizione delle parti, il termine di sei mesi
per proporre la domanda di equa riparazione per violazione del termine di
ragionevole durata del processo decorre dal giorno della cancellazione della
causa dal ruolo, anche se la definizione della lite dipenda da una transazione
stragiudiziale, non potendosi fare riferimento, ai fini della predetta decorrenza,
al momento di conclusione dell’accordo, i cui effetti vengono in evidenza solo
quando siano fatti rifluire nel processo e facciano così cessare il dovere del
giudice di provvedere sulla domanda, mentre il tempo lasciato trascorrere per
abbandonare il processo, o chiederne la chiusura, rileva ai soli fini
dell’imputazione, alle parti e non allo Stato, della responsabilità per l’ulteriore
durata del processo.
5. Il secondo e terzo motivo – formulati condizionatamente al rigetto della prima
censura ed esaminabili congiuntamente siccome attinenti alla medesima questione —
sono fondati per quanto di ragione e devono essere accolti nei termini che seguono.
La Corte territoriale si è ingiustificatamente discostata dai parametri individuati da
questa Corte (liquidando euro 1000,00 per ogni anno di ritardo), malgrado avesse
qualificato il giudizio presupposto come giudizio di non particolare complessità.
A tale risultato avrebbe dovuto, quindi, la Corte romana parametrare la liquidazione
del richiesto danno non patrimoniale dedotto in giudizio dalla Ciniglio, sulla scorta
degli esatti criteri di computo indicati nella giurisprudenza di questa Corte (v., ad es.,

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ultimo, Cass. n. 6185 del 2010), secondo cui, nel caso in cui la causa sia stata

Cass. n. 21840 del 2009 e, da ultimo, Cass. n. 8471 del 2012), ovvero di euro
750,00 per ogni anno di ritardo in relazione ai primi tre anni eccedenti la durata
ragionevole e di euro 1.000,00 per gli anni successivi, con il conseguente
riconoscimento totale dell’indennizzo dovuto ai sensi della legge n. 89 del 2001 nella

6. In definitiva, deve essere respinto il primo motivo mentre vanno accolti gli altri due
per quanto di ragione; può, previa cassazione del decreto impugnato e non essendo
necessari ulteriori accertamenti di fatto (ai sensi dell’art. 384, comma 2, c.p.c.),
provvedersi a decidere direttamente la causa nel merito in questa sede, con il
riconoscimento della fondatezza, per quanto di ragione, della domanda proposta
nell’interesse della ricorrente dinanzi alla Corte di appello di Roma, con la
conseguente condanna del Ministero della Giustizia al pagamento, a titolo di
indennizzo per la causale dedotta in giudizio, della ridotta somma di euro 6.250,00,
oltre agli interessi legali dalla domanda al saldo.
Sussistono giustificati motivi, in relazione alla reciproca soccombenza delle parti in
questa fase di legittimità, per compensare integralmente tra le stesse le relative
spese giudiziali.

PER QUESTI MOTIVI
La Corte rigetta il primo motivo ed accoglie il secondo ed il terzo; cassa, per quanto
;

di ragione (fermo nel resto), il decreto impugnato in relazione ai motivi accolti e,
decidendo nel merito, condanna il Ministero della Giustizia al pagamento
dell’indennizzo per equa riparazione, in favore di Ciniglio Rosanna, rideterminandolo
in complessivi euro 6.250,00, oltre interessi legali dalla domanda al saldo.
Compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio di cassazione.

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misura totale di euro 6.250,00 (euro 750×3 + euro 1.000 x 4).

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione Civile della Corte

suprema di Cassazione, in data 24 maggio 2013.

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