Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16029 del 02/08/2016


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Cassazione civile sez. VI, 02/08/2016, (ud. 14/04/2016, dep. 02/08/2016), n.16104

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. FRASCA Raffaele – rel. Consigliere –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 249-2014 proposto da:

ULIVIERI SRL, LVRRCR53E02L833M, in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE GLORIOSO 13,

presso lo studio dell’avvocato Livio BUSSA, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato ANDREA SALVIA giusta delega in calce

al ricorso;

– ricorrente –

contro

GENERALI ASSICURAZIONI SPA, G.S.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 989/2012 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE del

4/09/2012, depositata il 10/09/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

14/04/2016 dal Consigliere Relatore Dott. FRASCA Raffaele.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Quanto segue:

1. La s.r.l. Ulivieri ha proposto ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 348-ter c.p.c., comma 3, contro la s.p.a. Assicurazioni Generali e G.S., “in proprio e quale titolare della ditta Gam Plast di G.S., cancellata il 22 dicembre 2011” avverso la sentenza resa in primo grado in una controversia inter partes il 17 dicembre 2012.

L’impugnazione è stata proposta a seguito dell’ordinanza dell’8 maggio 2013, con ci la Corte d’Appello di Trieste ha dichiarato inammissibile l’appello proposto contro la sentenza del Tribunale.

2. Al ricorso non v’è stata resistenza degli intimati.

3. Prestandosi il ricorso alla trattazione con il rito di cui all’art. 380 bis c.p.c., è stata redatta relazione ai sensi di tale norma, della quale è stata fatta notificazione all’avvocato della parti ricorrente unitamente al decreto di fissazione dell’odierna adunanza.

Parte ricorrente ha depositato memoria.

Considerato quanto segue:

1. Nella relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. sono state svolte le seguenti considerazioni.

“…. 3. Il ricorso può essere deciso in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., in quanto appare manifestamente inammissibile.

Queste le ragioni.

3.1. Nel ricorso il ricorrente non ha allegato che l’ordinanza della Corte d’Appello non sarebbe stata a lui comunicata.

Ora, l’art. 348-ter c.p.c., comma 3 prevede che il termine per l’impugnazione, riferito alla sentenza di primo grado, decorre dalla comunicazione o dalla notificazione se anteriore e, quindi, per il caso di mancanza dell’una e dell’altra formalità, prevede l’operatività del c.d. termine lungo di cui all’art. 327 c.p.c..

Ne segue che chi esercita il diritto di ricorrere in cassazione, se è avvenuta la comunicazione dell’ordinanza deve rispettare il termine di sessanta giorni da essa, posto che l’art. 348-ter, comma 3, secondo inciso, quando allude al termine per proporre ricorso per cassazione, allude a quello di cui all’art. 325 c.p.c., comma 2.

Solo per il caso che la controparte abbia notificato la sentenza prima della comunicazione (che l’art. 133 c.p.c. assoggetta ad un termine di cinque giorni e ciò anche nel testo applicabile alla controversia) notifichi, il termine de quo decorre dalla notificazione. Lo stesso decorso si verifica se la cancelleria ometta del tutto la comunicazione. In fine, solo qualora risulti omessa la comunicazione e manchi anche la notificazione, opera il termine lungo di cui all’art. 327 c.p.c..

Questa essendo la disciplina dettata dal legislatore chi esercita il diritto di ricorrere in Cassazione a norma dell’art. 348-ter c.p.c., comma 3, per dimostrare la sua tempestività, qualora proponga il ricorso oltre i sessanta giorni dalla pubblicazione dell’ordinanza, potendo la comunicazione avvenire fino dallo stesso giorno della pubblicazione, è tenuto ad allegare, se la comunicazione sia mancata al momento in cui notifica il ricorso, che essa non è avvenuta e, gradatamente, che non è avvenuta la notificazione e che, pertanto, propone il ricorso fruendo del c.d. termine lungo.

Nella specie i ricorrenti non hanno allegato che l’ordinanza non sarebbe stata loro comunicata ed hanno notificato il ricorso nel dicembre del 2013, cioè ben oltre i sessanta giorni dalla pubblicazione dell’ordinanza.

In tale situazione non essendo stata allegata la mancata comunicazione, l’impugnazione non appare tempestiva già sulla base della sola lettura del ricorso, giacchè, essendo la comunicazione possibile dalla data della pubblicazione, la mancata allegazione del se e quando essa sia avvenuta rende il ricorso nella sua attività assertiva carente dell’allegazione della sua tempestività (salva la dimostrazione di mancanza della comunicazione o di sua effettuazione in un momento tale che il ricorso possa considerarsi tempestivo).

Si deve, poi, aggiungere che, concernendo il giudizio una controversia di accertamento dell’obbligo del terzo, non era soggetta alla sospensione feriale dei termini nel 2013 e, pertanto, il termine lungo di sei mesi ex art. 327 c.p.c., comma 1, (applicabile alla controversia, iniziata in primo grado dopo la sua entrata in vigore), scadeva l’8 novembre 2013.

3.2. Peraltro, nell’esposizione del fatto, neppure si dice quali fossero stati i motivi dell’appello, indicazione necessaria per rispettare il requisito dell’art. 366 c.p.c., n. 3, non potendosi neppure comprendere se le questioni ora sollevate contro la sentenza di primo grado con esse erano state al giudice d’appello devolute (si vedano già le ordd. nn. 8940, 8941, 8942 e 8943 del 2014 di questa Corte).

Sicchè si configurerebbe anche e comunque inammissibilità per inosservanza dell’art. 366 c.p.c., n. 3”.

2. Il Collegio rileva che nella memoria parte ricorrente non ha allegato nè che l’ordinanza non gli sia stata comunicata nè se e quando eventualmente lo sia stato. Ed anzi si limita a prendere atto della prospettazione della relazione definendola come espressione di un univoco orientamento.

Peraltro, prima di questa presa d’atto, nella memoria si adombra che una diversa soluzione, nel senso della irrilevanza della comunicazione ai fini del decorso del termine di impugnazione, sarebbe potuta derivare dalla modifica dell’art. 133 c.p.c., operata dal D.L. n. 90 del 2014, convertito dalla L. n. 114 del 2014: la tesi è stata già ritenuta priva di fondamento da Cass. (ord.) n. 23526 del 2014.

Nella descritta situazione la valutazione di inammissibilità della relazione risulta consolidata, non essendosi dimostrata la tempestività dell’esercizio del diritto di impugnazione (ed anzi essendosi implicitamente ammessa la sua inesistenza), il che sarebbe stato possibile fino all’adunanza della Corte, in cui parte ricorrente non è comparsa.

Non è necessario, dunque, commentare le deduzioni della memoria sull’osservanza dell’art. 366 c.p.c., n. 3.

3. Il ricorso è, pertanto, dichiarato inammissibile per mancata dimostrazione della sua tempestività.

4. Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo ai sensi del D.M. n. 55 del 2014. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso Nulla per le spese del giudizio di cassazione. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3, il 14 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 2 agosto 2016

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