Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16026 del 28/07/2020

Cassazione civile sez. VI, 28/07/2020, (ud. 05/03/2020, dep. 28/07/2020), n.16026

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCODITTI Enrico – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. GORGONI Marilena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9455-2019 proposto da:

STIA IMPIANTI SRL IN LIQUIDAZIONE, in persona del liquidatore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati PAOLO DE

VINCENZO, ARISTIDE BRAVACCIO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

Contro

ALFIMPIANTI SRL;

– intimata –

avverso la sentenza n. 4119/2018 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 13/09/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 05/03/2020 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE

CRICENTI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La società Stia Impianti srl ha ceduto il ramo d’azienda alla società Alfaimpianti srl.

Equitalia, per conto del Fisco, assumendo un credito di 2.260.433,67 curo, per titoli tributari di varia natura, ha agito per far dichiarare in primo luogo la simulazione della vendita, ed, in subordine, la revocazione dell’atto, in quanto posto in essere in pregiudizio delle ragioni del creditore.

La società si è difesa sostenendo la effettività della vendita, al prezzo di mercato, e l’insussistenza dei presupposti della revocatoria, in particolare del danno per il creditore.

Il giudice di primo grado ha escluso la simulazione, ritenendo effettivamente corrisposto il prezzo, ma ha ritenuto la vendita elusiva delle ragioni del creditore.

La decisione è stata confermata in appello.

Ricorre con un motivo la Stai Impianti srl.

V’è controricorso dell’Agenzia delle entrate.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- La corte d’appello ha tratto ragione dell’esclusività della vendita, non solo dalla posteriorità di essa rispetto al credito, quanto dalla circostanza che soci ed amministratori dell’alienante (Stia) avevano cariche sociali nella società acquirente (Alfaimpianti), ed inoltre dalla coincidenza della sede legale di entrambe le società.

1.1.- La Stia Impianti srl propone un motivo di censura con cui denuncia violazione dell’art. 2901 c.c. nonchè delle norme sull’uso delle presunzioni (2729 c.c.) e sull’onere della prova (2697 c.c.).

Secondo la ricorrente, intanto, non si è fatto buon uso delle presunzioni, ossia degli elementi da cui sarebbe stata ricavata l’elusività della vendita; non risulta poi provato il danno, posto che la vendita è avvenuta al prezzo di mercato con sostituzione al ramo d’azienda del valore pecuniario; non v’è prova dunque della diminuzione delle garanzie del credito; irrilevante è il rapporto personale tra soci nonchè la corrispondente assunzione di cariche sociali.

2.- Il ricorso è inammissibile.

Si tratta di censure che attengono al giudizio di merito, non proponibili in questa sede.

L’unica censura astrattamente ammissibile è quella che denuncia violazione dell’art. 2729 c.c..

Lo scorretto uso delle presunzioni, in astratto, può configurare una violazione di legge (ossia violazione delle norme che descrivono i presupposti del ragionamento presuntivo), ma è necessario che il ricorrente indichi ovviamente in che senso tale uso è effettuato in violazione di legge, e quale avrebbe dovuto essere quello corretto.

La ricorrente si limita ad affermare che la corte di merito non ha fatto buon uso delle presunzioni, ma non dice perchè.

Il resto del motivo tende ad ottenere una nuova e diversa valutazione dei fatti e delle prove, sia in ordine alla diminuzione della garanzia patrimoniale: e qui va ricordato che costituisce danno per il creditore, tale da giustificare la revocatoria, anche l’atto che rende meno agevole l’esecuzione forzata, come nel caso di sostituzione di un bene con denaro, pur rimanendo immutati i valori; sia in ordine al valore indicativo dei rapporti di parentela tra i soci delle due società ed al ruolo di ciascuno in entrambe le società interessate: tutte circostanze di fatto il cui valore indiziante è rimesso all’accertamento del giudice di merito, che ha motivato la valutazione fatta conseguentemente.

Il ricorso va dichiarato pertanto inammissibile.

P.Q.M.

La corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite, nella misura di 2800,00 curo, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto che il tenore del dispositivo è tale da giustificare il pagamento, se dovuto e nella misura dovuta, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, il 5 marzo 2020.

Depositato in Cancelleria il 28 luglio 2020

 

 

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