Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16025 del 28/07/2020
Cassazione civile sez. VI, 28/07/2020, (ud. 05/03/2020, dep. 28/07/2020), n.16025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCODITTI Enrico – Presidente –
Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –
Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –
Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere –
Dott. GORGONI Marilena – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 5034-2019 proposto da:
L.P.V., T.C.M., elettivamente domiciliati
in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati
e difesi dall’avvocato FABIO LO PRESTI;
– ricorrenti –
contro
MPS GESTIONE CREDITI BANCA SPA, ITALFONDIARIO STA, BANCA MONTI DEI
PASCHI DI SIENA SPA;
– intimate –
avverso la sentenza n. 1487/2018 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,
depositata il 26/06/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 05/03/2020 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE
CRICENTI.
Fatto
FATTI DI CAUSA
I ricorrenti hanno costituito un fondo patrimoniale conferendovi tutti i beni di proprietà di uno loro di due, ossia L.P.V., il quale era fideiussore di una società debitrice della banca Antonveneta, poi confluita nel Monte dei Paschi.
ltalfondiario Spa ha agito in giudizio per mandato del Monte dei Paschi onde ottenere la revocatoria del fondo patrimoniale, che è stata riconosciuta sia dal giudice di primo grado che da quello di appello, con motivazioni conformi.
Ora i due autori del fondo ricorrono in Cassazione con tre motivi. Non v’è costituzione di ltalfondiario, sebbene effettuata a quest’ultimo notifica mediante posta elettronica.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.- La corte di merito accerta che la costituzione del fondo è successiva al sorgere dei debiti e che è dimostrata la sussistenza dell’elemento soggettivo, a nulla rilevando che il credito della banca fosse contestato.
2.- Con il primo motivo i ricorrenti, denunciando violazione dell’art. 2901 c.c., si dolgono proprio di tale asserzione. Ritengono che la corte ha errato nell’affermare la sussistenza del credito a tutela del quale la banca ha chiesto la revocatoria, in quanto il credito era contestato e non poteva cosi definirsi certo.
Il motivo è infondato, posto che anche il credito litigioso legittima il creditore ad agire per la tutela in revocatoria delle sue ragioni. Come ripetuto da questa corte “il credito litigioso, che trovi fonte in un atto illecito o in un rapporto contrattuale contestato in separato giudizio, è idoneo a determinare l’insorgere della qualità di creditore abilitato all’esperimento dell’azione revocatoria ordinaria avverso l’atto dispositivo compiuto dal debitore, sicchè il relativo giudizio non è soggetto a sospensione necessaria ex art. 295 c.p.c. in rapporto alla pendenza della controversia sul credito da accertare e per la cui conservazione è stata proposta domanda revocatoria, poichè l’accertamento del credito non costituisce l’indispensabile antecedente logico-giuridico della pronuncia sulla domanda revocatoria, nè può ipotizzarsi un conflitto di giudicati tra la sentenza che, a tutela dell’allegato credito litigioso, dichiari inefficace l’atto di disposizione e la sentenza negativa sull’esistenza del credito” (Cass. 3379/ 2019; Cass. 2673/2016).
3.- Secondo e terzo motivo possono esaminarsi congiuntamente.
I ricorrenti si dolgono, con il secondo motivo, di un erroneo accertamento della scientia danni, che denunciano come violazione del significato dell’art. 2901 c.c.; e con il terzo dell’erronea valutazione di tale elemento soggettivo (che denunciano come violazione dell’art. 1956 c.c.) nel senso che i giudici di appello avrebbero ritenuto sussistere l’elemento soggettivo senza tener conto del fatto che il fideiussore non poteva conoscere lo stato di decozione della società, anche perchè non era informato dei bilanci nè delle continue elargizioni di credito da parte della banca.
3.1.- Si tratta di censure inammissibili.
La corte ha ritenuto sussistente l’elemento soggettivo, di per sè sufficiente, trattandosi di atto di disposizione successivo al sorgere del credito, con accertamento in fatto motivato adeguatamente.
Sotto l’apparente denuncia di violazione di legge, il cui significato non è stato travisato dalla corte, nè effettivamente un travisamento viene a questa imputato, si denuncia in effetti l’erroneo accertamento dei fatti, proponendosi qui una nuova e diversa loro valutazione, del tutto inammissibile, al di fuori del caso in cui tale valutazione sia priva del tutto di motivazione.
Infatti, la censura attiene al rilievo, in fatto, attribuito ad alcuni elementi, e negato ad altri (la circostanza che il L.P. fosse all’oscuro della situazione creditizia e finanziaria della società). Ossia di elementi di fatto liberamente valutati dal giudice di merito.
Il ricorso va rigettato
P.Q.M.
La corte rigetta il ricorso. Nulla spese.
Così deciso in Roma, il 5 marzo 2020.
Depositato in Cancelleria il 28 luglio 2020