Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16024 del 21/07/2011

Cassazione civile sez. VI, 21/07/2011, (ud. 27/01/2011, dep. 21/07/2011), n.16024

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. CHIARINI Maria Margherita – rel. Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 6346/2010 proposto da:

G.B. (OMISSIS), G.A.

(OMISSIS), G.G. (OMISSIS),

elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE LIEGI 7, presso lo studio

dell’avvocato MARCO CLAUDIO RAMAZZOTTI, rappresentati e difesi dagli

avvocati MORBIDUCCI Franco, MORBIDUCCI PAOLA, giusta delega in calce

al ricorso;

– ricorrenti –

contro

PROVINCIA DI ANCONA (OMISSIS), in persona del Presidente pro

tempore e del Direttore del Dipartimento 3^ “Governo del territorio”,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PIETRO POMPONAZZI 3 SC. C.

INT. 2, presso lo studio dell’avvocato BECCACECI GAIA, rappresentata

e difesa dall’avvocato SCALONI Mario, giusta Delib. Giunta

Provinciale 7 aprile 2010, n. 154, giusta determinazione del

Direttore n. 74 dell’8/04/2010 e giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrente –

e contro

ASSIMOCO – Compagnia di Assicurazioni e Riassicurazioni Movimento

Cooperativo SPA (OMISSIS), in persona del Direttore Generale,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEL MASCHERINO 72, presso lo

studio dell’avvocato ZOPPOLATO Maurizio, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato PRETI RICCARDO, giusta delega in calce al

controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

e contro

G.B. (OMISSIS), G.A.

(OMISSIS), G.G. (OMISSIS),

elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE LIEGI 7, presso lo studio

dell’avvocato RAMAZZOTTI MARCO CLAUDIO, rappresentati e difesi dagli

avvocati MORBIDUCCI FRANCO, MORBIDUCCI PAOLA, giusta delega in calce

al ricorso per Cassazione depositato il 20/03/2010;

– controricorrenti al ricorrente incidentale –

e contro

IMPRESA EDILE ICCI SRL (OMISSIS), UBALDI COSTRUZIONI SRL

(OMISSIS);

– intimati –

– ricorrenti incidentali –

avverso la sentenza n. 137/2010 della CORTE D’APPELLO di ANCONA del

27/10/09, depositata il 12/02/2010;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

27/01/2011 dal Consigliere Relatore Dott. MARIA MARGHERITA CHIARINI;

udito l’Avvocato Morbiducci Franco, difensore dei ricorrenti e

controricorrenti al ricorrente incidentale, che si riporta agli

scritti;

udito l’Avvocato Caroli Enrico, (delega avvocato Scaloni Mario),

difensore della controricorrente che si riporta agli scritti;

è presente il P.G. in persona del Dott. ROSARIO GIOVANNI RUSSO che

nulla osserva.

Fatto

OSSERVA

Al relatore, nominato ai sensi dell’art. 376 cod. proc. civ., è apparso possibile definire il giudizio ai sensi dell’art. 375 cod. proc. civ., comma 1, n. 1, e pertanto ha redatto la relazione ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., del seguente tenore:

” G.G. nel marzo 199 8 ha convenuto dinanzi al Tribunale di Ancona la Provincia, la s.r.l. Ubaldi Costruzioni e la s.r.l.

I.C.C.I. chiedendo l’accertamento della loro corresponsabilità e la condanna in solido al risarcimento dei danni derivatigli in conseguenza di un incidente stradale occorsogli per aver perso il controllo della guida dell’auto Renault Clio, finendo contro una recinzione di cemento, il (OMISSIS), verso le ore 23, a causa di un dislivello e di pietrisco ghiacciato sul fondo stradale situato in un punto interessato da lavori di sistemazione e ampliamento della carreggiata, eseguiti dalle società convenute su committenza della Provincia, proprietaria della strada.

La s.r.l. Ubaldo Costruzioni, contestata la domanda, chiamava in causa la s.p.a. Assimoco assicurazioni che eccepiva la prescrizione annuale dell’assicurata, ai sensi dell’art. 2952 cod. civ., comma 3, e nel merito sosteneva l’esclusiva responsabilità del G..

Intervenivano in giudizio i genitori di costui, G.A. e G.B..

Il Tribunale rigettava la domanda ritenendo causa esclusiva del sinistro il comportamento gravemente imprudente del G. che usciva di strada dopo aver percorso il cantiere per alcune centinaia di metri, e dunque dopo essersi reso conto della situazione di pericolo del tratto stradale percorso, procedendo a velocità eccessiva malgrado i cartelli rifrangenti segnalatori dei lavori in corso e del limite di velocità di 30 Kmh, senza tener conto dell’andamento non rettilineo della strada, nè dell’ora notturna, nè delle condizioni climatiche rigide con possibile formazione di ghiaccio sul fondo.

La Corte di Appello di Ancona, con sentenza del 12 febbraio 2010, rigettava gli appelli dei danneggiati e della società Assimoco sulle spese, compensate nella misura del 50% dal giudice di primo grado, sulle seguenti considerazioni: 1) i lavori di ampliamento e sistemazione stradale erano segnalati, conformemente all’ordinanza della Provincia di Ancona del novembre 1993, con segnali catarifrangenti di “lavori in corso” – che assicurano la visibilità notturna, ai sensi degli artt. 36 e 79 Regolamento della Strada – senso unico alternato, pericolo generico, limite di velocità (fino a 20 Kmh), infissi e appoggiati a terra, che il G. non ha osservato non avendo adeguato la velocità alle condizioni di luogo – fondo disomogeneo, segnalazioni di pericolo, andamento non rettilineo – e di tempo – ora notturna, gelo, scarsa visibilità – pur essendone consapevole avendo percorso quasi l’intero cantiere al momento dell’incidente; 2) infatti il trasportato S. aveva dichiarato che la velocità era di 60-70 Kmh al momento dell’incidente ed il C.T.U., nel ricostruire la cinetica, l’ha ritenuta compresa tra i 75 e i 100 Kmh, aggiungendo che con una velocità intorno ai 67 – 68 Kmh il disastro sarebbe stato evitato;

3) il medesimo C.T.U. non ha potuto accertare il lamentato dislivello, ma secondo i testi escussi il pietrisco sparso sulla strada era stato battuto, stabilizzato e rullato, e quindi non era pericoloso; 4) nel tratto ove si era verificato l’incidente il C.T.U. aveva accertato l’assenza di ostacoli, ingombro o restringimenti di carreggiata per cui non vi era obbligo di transenne, barriere e segnalazioni integrative e supplementari; 5) i giusti motivi di compensazione al 50% delle spese processuali di primo grado, da ritenere sussistenti anche in appello, erano costituiti dalle difficoltà probatorie nella determinazione dell’evento dannoso e dal rigetto dell’appello incidentale sul punto.

G.G. e A. e G.B. censurano tale sentenza per “violazione dell’art. 36, n. 6 nonchè dell’art. 38, n. 7 del D.P.R. n. 495 del 1992, degli artt. 21, 31, 32, 79, 92, e 93 del Regolamento del C.d.S. e dell’art. 360, n. 5” perchè, pur essendo rilevata dalla stessa Corte di merito la mancanza di qualsiasi dispositivo di luce rossa fissa nel segnale “LAVORI”, prescritta dal D.Lgs. n. 495 del 1992, n. 6, art. 36, che dispone “ad integrazione della visibilità dei mezzi segnaletici rifrangenti, durante le ore notturne ed in tutti i casi di scarsa visibilità, le barriere di testata di zone di lavoro devono essere muniti di idonei apparati luminosi di colore rosso a luce fissa. Il segnale “LAVORI” deve essere munito di analogo apparato luminoso di colore rosso a luce fissa”, tuttavia ha affermato che la visibilità notturna era sufficientemente assicurata dalla rifrangenza dei segnali, ed invece per tale mancanza di luce rossa fissa la segnaletica era carente, la situazione dei luoghi non era idoneamente segnalata e non erano state adottate le misure idonee ad evitare il danno. Inoltre B. A., promotore dell’ordinanza della Provincia, aveva affermato che vi erano segnali di senso unico alternato e ciò significa che vi era restringimento della carreggiata e perciò era necessaria l’installazione delle barriere indicate nell’art. 31 reg. C.d.S., comma 5, per delimitare il cantiere stradale. Mancava anche l’apposizione di segnali prescritti in detta ordinanza per materiale instabile – art. 31 – strada sdrucciolevole – art. 92 – banchina cedevole o cunetta profonda – art. 93 – e comunque i segnali erano a terra, sporchi, rovinati e non molto visibili come dichiarato dal Carabiniere De Luca Sergio, e quindi in violazione dell’art. 38 C.d.S. n. 7 e art. 79 C.d.S., che impongono rispettivamente la perfetta efficienza dei segnali e la visibilità di giorno e di notte, tanto più attesa l’ora ed il periodo natalizio di sospensione lavori e quindi l’affermazione della Corte secondo cui la situazione dei luoghi è stata tempestivamente ed idoneamente segnalata, è illogica e contraddittoria.

Il motivo è parte inammissibile, parte manifestamente infondato.

E’ infatti inammissibile per mancanza di causalità logica con il ragionamento probatorio della Corte di merito nella parte in cui denuncia la violazione di norme regolamentari del codice della strada che sono irrilevanti sulla ratio decidendi in relazione agli accertamenti di fatto non contestati ed in particolare: 1) l’incidente si è verificato verso la fine del cantiere, e perciò dopo che il G. aveva percorso centinaia di metri dall’inizio del tratto interessato dai lavori in corso, sì che aveva avuto il tempo e il modo di accorgersi dello stato dei luoghi che stava percorrendo; 2) conseguentemente, secondo la Corte di merito, poichè il G. aveva già superato da alcune centinaia di metri la barriera di testata – D.P.R. n. 495 del 1992, art. 36, comma 6 – che delimita l’inizio del cantiere stradale – art. 31, comma 5, lett. A) cit. D.P.R. – la mancanza di luce rossa fissa su di essa è priva di qualsiasi incidenza causale sulla perdita del controllo del mezzo avvenuta su un tratto di strada quasi alla fine del cantiere; 3) su tale tratto, secondo gli accertamenti del C.T.U., non vi erano ostacoli nè restringimenti, e perciò su quel punto non doveva esser apposta nessuna barriera di segnalazione di senso unico alternato, nè aveva incidenza causale che mancasse in altro tratto di carreggiata; 4) non vi era materiale sdrucciolevole o instabile perchè, secondo le testimonianze rese, il brecciolino era stato rullato e fissato al suolo, e quindi non era necessario apporre la segnalazione richiesta; 5) viceversa, la velocità quasi tripla rispetto a quella consentita – 75,100 Kmh – che il C.T.U. ha accertato tenuta dal G. in quel luogo malgrado le pericolose condizioni di fatto – “andamento non rettilineo della strada, ora notturna, condizioni climatiche rigide con possibilità di formazione di ghiaccio sul fondo” (cfr. sentenza di primo grado, richiamata da quella di appello) – ha impedito al brecciolino di contrastare lo slittamento delle ruote sul gelo, possibile soltanto se l’andatura lenta del mezzo consente al battistrada, nell’aderire al manto stradale, di schiacciare il brecciolino nel gelo, diversamente scivolando su questo ed impedendo la coesione con il brecciolino e perciò, secondo la Corte di merito, l’eccessiva velocità sulla strada gelata aveva interrotto ogni nesso causale con la presenza del brecciolino.

Nessuna di queste argomentazioni, logiche e coerenti, sono state contraddette dai ricorrenti e quindi le censure sono inammissibili e comunque manifestamente infondate.

2. – Con la seconda censura – “La sentenza della Corte di Appello di Ancona è errata e viene impugnata a norma dell’art. 360 n. 3 c.p.c. e dell’art. 360 c.p.c., n. 5, per violazione dell’art. 2050 c.c.” – i ricorrenti lamentano che la Corte di merito, attribuendo la colpa esclusiva del danno patito al comportamento del danneggiato, ha violato l’art. 2050 c.c., perchè l’incidente è avvenuto in un luogo in cui vi erano lavori in corso, che costituiscono attività pericolosa, sì che colui che la svolge deve provare di aver adottato tutte le cautele idonee ad evitare il danno, e tale prova liberatoria non è stata fornita dai convenuti i quali, come evidenziato dal C.T.U. Cardinali, avrebbero dovuto adottare “apparati luminosi di colore rosso a luce fissa – art. 36, comma 6 – ad integrazione del segnale di lavori in prossimità delle testate del cantiere, nonchè dispositivi a luce gialla fissa sui margini longitudinali laterali – art. 36, comma 8 – e lampeggianti o stroboscopiche (luci gialle in sincrono o in progressione) in corrispondenza delle curve; ripetere i segnali di pericolo e di prescrizione del limite massimo di velocità di 30 Kmh, adottare coni e delineatori flessibili – art. 34 – e fissi di margine rifrangente – art. 36 – e retroriflettenti; inoltre, data la mancata costante sorveglianza ed il perdurare dei lavori, era consigliabile che la segnaletica fosse infissa al terreno per migliore visibilità e sicurezza e che la presenza di materiale stabilizzante – pietricci – fosse ripetutamente segnalata con apposito segnale a sfondo giallo di “materiale instabile sulla strada” (art. 31), come dichiarato dal teste F. che aveva transitato la stessa notte sulla strada, appena successo il sinistro, ed aveva avvertito, dopo la curva, un gradino piuttosto pronunciato – che quando pioveva si riempiva d’acqua – e del pietrisco sparso, non battuto, come aveva confermato il teste M.; quindi erroneamente la Corte di merito ha ritenuto che il G. aveva avuto tutto il tempo di rendersi conto “della situazione dei luoghi tempestivamente e idoneamente segnalata”, senza considerare neppure gli articoli di stampa che definivano il cantiere “pieno di rischi, un mix di brecciolino e fondo ghiacciato, strada trappola e killer”, ed aveva supposto la velocità da quegli tenuta in base alla valutazione soggettiva del trasportato S. e probabilistica del C.T.U., che non ha considerato quel “certo” dislivello avvertito dallo stesso trasportato, e che ha ipotizzato, come i CC, ripetuti testa -coda dell’auto, senza che fossero provati, avendoli invece esclusi lo S.. Di conseguenza la Corte di merito ha arbitrariamente attribuito il sinistro alla velocità tenuta dal G., che invece non aveva fretta di arrivare da un’amica, è uscito di strada in una curva ad ampio raggio, e quindi non pericolosa in sè, dopo aver percorso tranquillamente gran parte del cantiere, allorchè è finito sul dislivello costituito da pietrisco ghiacciato e non rullato. In ogni caso la velocità tenuta dal medesimo, non imprevedibile e non tale da recidere ogni nesso di causalità con l’attività pericolosa dei convenuti, poteva tutt’al più configurare un concorso di colpa, ma non escludere la presunzione di essa, quasi oggettiva, a carico di costoro, le cui omissioni erano gravissime, e non gli avevano consentito di avere un’effettiva percezione del pericolo, non essendo sufficiente la mera consapevolezza della pericolosità dei lavori in corso.

Il motivo, assorbito dalle considerazioni che precedono per la parte che reitera le omissioni di segnalazione evidenziate nel primo motivo – luce rossa fissa sulle testate di barriera, materiale instabile in strada – è manifestamente infondato nella parte in cui assume l’omessa valutazione delle risultanze istruttorie, in particolare in relazione alla presenza sul punto dell’incidente di dislivello costituito da pietrisco ghiacciato e sparso, testimoniato da automobilisti passati la stessa notte del sinistro su quel tratto di strada, perchè proprio la circostanza che essi non hanno perso il controllo del mezzo esclude l’omessa valutazione delle circostanze di fatto decisive per il giudizio della Corte di merito di attribuzione della causa esclusiva dello sbandamento dell’auto condotta dal G. alla velocità dal medesimo tenuta all’uscita di una curva – che egli stesso definisce non pericolosa in sè – senza tener conto delle condizioni del cantiere, segnalate da numerosi cartelli, che egli aveva già quasi interamente percorso, sì da costituire caso fortuito imprevedibile ed inevitabile (Cass. 24419/2009).

3.- Con il terzo motivo i ricorrenti principali censurano la sentenza della Corte di Appello a norma dell’art. 360 c.p.c., n. 3 e art. 360 c.p.c., n. 5, per violazione dell’art. 2051 e.e. per mancanza di eccezionalità ed imprevedibilità della condotta di guida tenuta dal G. e di sufficienza autonoma a produrre l’evento, non avendo la Corte neppure considerato che la mancanza di segnalazione del dislivello non rendeva del tutto imprevedibile l’asserita imprudenza del danneggiato.

Il motivo è manifestamente inammissibile (Cass. 4009/2006) perchè ipotizza che il dislivello sia stata la causa della perdita del controllo del mezzo ed invece la Corte ha ritenuto, con motivazione immune da vizi logici e giuridici, che la velocità gravemente imprudente del G. che ha impedito l’aderenza delle ruote al manto stradale.

4. – La sentenza – proseguono i ricorrenti principali – è impugnata altresì a norma dell’art. 360 c.p.c., n. 3 e dell’art. 360 c.p.c., n. 5, per violazione anche dell’art. 2043 c.c., poichè permane l’insidia se il pericolo è segnalato, ma non è visibile per la sua ubicazione, ed è quindi imprevedibile, configurandosi così il trabocchetto poichè non è percepibile l’esatto punto di esso, come nel caso di specie in cui il G. aveva percorso quasi tutto il cantiere senza incorrere in nessuno sbandamento dell’auto, e perciò aveva tenuto una velocità consona allo stato dei luoghi, ed era uscito di strada a causa del dislivello, contornato da pietrisco ghiacciato, non avvistato.

Il motivo è assorbito dalle considerazioni che precedono.

5.- Con il ricorso incidentale la società Assimoco lamenta la compensazione delle spese di primo e di secondo grado, perchè la illogicamente giustificata dalla complessità dell’istruttoria che doveva esser onere degli attori.

Il motivo è manifestamente infondato essendo la motivazione di “giusti motivi” – richiesti dalla L. 28 dicembre 2005, n. 263, art. 2, comma 1, lett. a, e succ. modif. ed integr. per la particolare complessità sia degli aspetti sostanziali che processuali giuridicamente corretta. Pertanto i proposti ricorsi devono essere rigettati. Persistono i predetti giusti motivi per la compensazione delle spese”.

La relazione è stata comunicata ai difensori delle parti che hanno depositato memoria. Il Pubblico Ministero non ha mosso osservazioni.

Il collegio condivide le considerazioni sviluppate nella relazione che non sono superate dalle osservazioni contenute nella memoria di parte ricorrente, memoria sostanzialmente ripetitiva di quanto esposto in ricorso. La più recente giurisprudenza di questa Corte è costante nell’affermare che: “Con riguardo all’esercizio di attività pericolosa, anche nell’ipotesi in cui l’esercente non abbia adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno, in tal modo realizzando una situazione astrattamente idonea a fondare una sua responsabilità, la causa efficiente sopravvenuta, che abbia i requisiti del caso fortuito e sia idonea – secondo l’apprezzamento del giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità in presenza di congrua motivazione – a causare da sola l’evento, recide il nesso eziologico tra quest’ultimo e l’attività pericolosa, producendo effetti liberatori, e ciò anche quando sia attribuibile al fatto di un terzo o del danneggiato stesso” (Cass. 13 marzo 2007 n. 5839, 5 gennaio 2010 n. 25, 13 maggio 2003 n. 7298).

Non controverso il principio di cui sopra si osserva che il giudice di merito ha accertato in linea di fatto che “il comportamento colposo del danneggiato, riconducibile al profilo eziologico dell’evento interferendo nella situazione in atto, ha di per sè prodotto l’evento stesso”, è stata “causa esclusiva dell’evento patito” è evidente che correttamente il giudice a quo ha rigettato la domanda.

La conferma della sentenza di appello che a sua volta aveva già confermato il rigetto della domanda da parte del giudice di primo grado, impone di condannare i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di cassazione a favore della Provincia di Ancona. Si compensano, stante la reciproca soccombenza, le spese di detto giudizio con la Compagnia di assicurazione Assimoco. Non si deve provvedere sulle spese per gli altri intimati, non avendo svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di cassazione in favore della Provincia di Ancona che liquida in Euro 2.000,00 di cui Euro 1.800,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 27 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 21 luglio 2011

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