Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16022 del 09/06/2021

Cassazione civile sez. trib., 09/06/2021, (ud. 18/01/2021, dep. 09/06/2021), n.16022

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – rel. Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 1682/2015 R.G. proposto da:

Associazione Sportiva Dilettantistica Atletica Rieti, in persona del

legale rappresentante pro tempore, e G.S.,

rappresentati e difesi dall’Avv. Corrado Grande e dall’avv. Mariella

Cari, con domicilio eletto presso il suo studio, sito in Rieti, via

Contigliano, 15;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio,

n. 3409/14/14, depositata il 21 maggio 2014.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 18 gennaio

2021 dal Consigliere Paolo Catallozzi.

 

Fatto

RILEVATO

che:

– la Associazione Sportiva Dilettantistica Atletica Rieti e G.S., suo legale rappresentante, propongono ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio, depositata il 21 maggio 2014, che, in accoglimento dell’appello erariale, ha respinto il ricorso della contribuente per l’annullamento della cartella di pagamento e dei prodromici avvisi di accertamento relativi agli anni 2005, 2006 e 2007, con cui si chiedeva il pagamento delle maggiori imposte accertate e non versate e si irrogavano le relative sanzioni;

– il giudice di appello ha ritenuto che tali avvisi di accertamento erano stati regolarmente notificati, per cui non sussisteva il dedotto vizio derivato della cartella di pagamento posto a fondamento dell’impugnazione;

– il ricorso è affidato a tre motivi;

– resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– con il primo motivo di ricorso si denuncia, con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, artt. 14 e 53, per omessa partecipazione al giudizio di appello dell’agente della riscossione, parte del giudizio di primo grado, cui l’Amministrazione finanziaria appellante non aveva notificato il gravame;

– con il secondo motivo si deduce l’erronea interpretazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 53 e 54, in relazione alla mancata rilevazione da parte della Commissione regionale dell’omessa notifica del gravame nei confronti dell’agente della riscossione;

– i motivi, esaminabili congiuntamente, sono inammissibili, in quanto, contrariamente a quanto affermato dai ricorrenti, l’atto di appello risulta essere stato notificato anche all’agente della riscossione (la Equitalia Sud s.p.a.), parte del giudizio svoltosi dinanzi alla Commissione provinciale;

– in ogni caso, il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, comma 2, secondo cui l’appello deve essere proposto nei confronti di tutte le parti che hanno partecipato al giudizio di primo grado, non fa venir meno la distinzione tra cause inscindibili e cause scindibili, ai sensi degli artt. 331 e 332 c.p.c., con la conseguenza che qualora, come nel caso in esame, si sia in presenza di cause scindibili, la mancata proposizione dell’appello nei confronti di tutte le parti presenti in primo grado non comporta l’obbligo di integrare il contraddittorio quando, rispetto alla parti pretermesse, sia ormai decorso il termine per l’impugnazione (cfr. Cass., ord., 27 ottobre 2017, n. 25588; Cass. 12 novembre 2014, n. 24083);

– pertanto, poichè l’appello aveva ad oggetto solo l’esistenza dell’obbligazione tributaria, la sua mancata proposizione nei confronti dell’agente della riscossione, convenuto in primo grado unitamente all’Amministrazione finanziaria, non comportava l’obbligo di disporre la notificazione del ricorso in suo favore;

– con l’ultimo motivo di ricorso la parte si duole della violazione e falsa applicazione dell’art. 148 c.p.c., e del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 60, comma 1, lett. e), per aver la sentenza impugnata ritenuto valida la notifica eseguita con la procedura prevista per i casi di irreperibilità assoluta del destinatario benchè difettassero i relativi presupposti e, in particolare, senza il compimento delle attività necessarie ad accertare l’impossibilità di effettuare la notifica secondo le modalità prevista per i casi di irreperibilità relativa;

– il motivo è inammissibile;

– la Commissione regionale ha affermato che sussistessero i presupposti per effettuare le notifiche degli atti prodromici con la procedura prevista per i casi di irreperibilità assoluta del destinatario, evidenziando che “le ricerche del destinatario furono approfondite e svolte con scrupolo” e che i messi notificatori “usarono la dovuta diligenza per effettuare le ricerche”;

– la doglianza si risolve, dunque, in una critica alla valutazione delle risultanze probatorie effettuata dal giudice di appello che non può trovare ingresso in questa sede in quanto la Corte di cassazione non è mai giudice del fatto in senso sostanziale e non può riesaminare e valutare autonomamente il merito della causa (cfr. Cass. 28 novembre 2014, n. 25332; Cass., ord., 22 settembre 2014, n. 19959);

– pertanto, per le suesposte considerazioni il ricorso non può essere accolto;

– le spese processuali seguono il criterio della soccombenza e si liquidano come in dispositivo;

– sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-bis, se dovuto;

PQM

la Corte rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi Euro 8.000,00, oltre rimborso spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 18 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 9 giugno 2021

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