Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16019 del 02/08/2016


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Cassazione civile sez. III, 02/08/2016, (ud. 21/10/2015, dep. 02/08/2016), n.16019

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. CARLUCCIO Giuseppa – rel. Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 26591/2012 proposto da:

STUDIO LEGALE ASSOCIATO M. – MU. (OMISSIS), in persona del

legale rappresentante avv. M.F., elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA TOSCANA 10, presso lo studio dell’avvocato

ANTONIO RIZZO, rappresentato e difeso dall’avvocato M.F.

difensore di sè medesimo;

– ricorrente –

contro

FONDIARIA SAI SPA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 815/2012 del TRIBUNALE di UDINE, depositata il

05/06/2012, R.G.N. 4129/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/10/2015 dal Consigliere Dott. GIUSEPPA CARTOCCIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

AUGUSTINIS Umberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DEL PROCESSO

1. M.F., in rappresentanza dello Studio legale associato M.- Mu., convenne in giudizio la Fondiaria-SAI spa e chiese il pagamento di quanto dovuto (Euro 1.632,996) a titolo di compenso professionale per l’attività giudiziale, svolta su incarico dell’agente generale di (OMISSIS) B.D., relativa al recupero di premi di polizza restati insoluti. Espose che, successivamente alla revoca della procura da parte della Compagnia di assicurazione al B., i nuovi agenti avevano deciso di abbandonare le pratiche di recupero già avviate dal B. e che la Compagnia e i nuovi agenti avevano rifiutato il pagamento per l’attività espletata.

L’Assicurazione sostenne che sulla base della procura conferita al B., regolarmente pubblicata, spettava all’agente che aveva conferito l’incarico professionale far fronte al pagamento delle competenze maturate dai legali. In esito alla difesa della convenuta, l’attore formulò la domanda di arricchimento senza causa.

Il Giudice di Pace rigettò la domanda ritenendo la Fondiaria priva della legittimazione passiva (nel senso che la stessa non era obbligata al pagamento); inoltre, ritenne tardiva la domanda di arricchimento.

Il Tribunale di Udine rigettò l’impugnazione (sentenza del 5 giugno 2012).

2. Avverso la suddetta sentenza, l’Avv. M.F., in rappresentanza dello studio legale, propone ricorso affidato a due motivi, esplicati da memorie.

La Fondiaria, ritualmente intimata, non svolge difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Non è in discussione: – che l’agente generale avesse il potere di rappresentare l’assicuratore, e, quindi, di compiere atti giuridici con effetto diretto ed immediato nella sfera giuridica dell’assicuratore, in forza di procura pubblicata nelle forme di legge; – che la suddetta procura contenesse una clausola, secondo cui l’agente deve “eseguire a sua cura ed a sue spese gli atti giudiziari occorrenti per realizzare l’incasso dei premi relativi a tutti i rami di assicurazione gestiti dalla società … rilasciando all’uopo mandato ad avvocati e procuratori legali”; che l’agente agì, in nome e per conto dell’assicuratore, per il recupero di premi assicurativi di contratti da lui stipulati, conferendo il mandato difensivo all’avvocato, ora ricorrente ed originario attore.

2. Si discute: se la suddetta clausola sia limitativa dei poteri di rappresentanza dell’agente, con conseguente opponibilità ai terzi per essere stata idoneamente resa pubblica, con conseguente non sussistenza dell’obbligazione dell’assicuratore rispetto ad atti compiuti dal rappresentante esorbitanti dai suoi poteri rappresentativi, secondo la tesi dell’assicuratore, sostanzialmente fatta propria dalla sentenza gravata, anche se la riferibilità della clausola suddetta ai limiti del potere rappresentativo non è mai esplicitata chiaramente; ovvero, se la clausola in argomento attenga solo ai rapporti interni – in questa sede non rilevanti – tra assicuratore ed agente e non al potere di rappresentanza dell’agente, con conseguente irrilevanza della avvenuta pubblicità mediante la procura, con consequenziale operatività della regola generale in tema di rappresentanza, che fa gravare sull’assicuratore/rappresentato gli effetti delle dichiarazioni negoziali del proprio agente/rappresentante in riferimento al mandato difensivo conferito all’avvocato per il compimento di un atto rientrante nella procura conferita all’agente, secondo la tesi fatta valere con il primo motivo di ricorso, nel quale si invoca la violazione dell’art. 1903 c.c..

3. La censura è fondata e va accolta.

La clausola in argomento attiene solo al rapporto tra assicuratore e proprio agente con rappresentanza, rispetto all’onere delle spese sopportate per gli incarichi professionali conferiti dall’agente/rappresentante per l’esercizio dell’azione giudiziaria cui era abilitato quale rappresentante. Tanto discende dallo stesso art. 1903 c.c., ed, in particolare, dalla lettura combinata dei due commi.

L’art. 1903 c.c., comma 2, sul presupposto della esistenza della rappresentanza sostanziale dalla quale non può essere disgiunta, attribuisce agli agenti autorizzati a concludere i contratti la rappresentanza processuale per promuovere azioni relative ad obbligazioni dipendenti dagli atti compiuti nell’esecuzione del mandato, tra le quali rientrano senza dubbio le azioni per riscuotere i premi dei contratti stipulati per suo tramite.

Presupposto è il conferimento di una procura avente ad oggetto il potere di concludere contratti in nome e per conto dell’assicuratore preponente, indipendentemente dalla menzione della rappresentanza processuale nella stessa procura. Naturalmente, avendo l’agente legittimazione processuale ha la facoltà di nomina dei difensori. Allora, se la rappresentanza processuale per gli atti in argomento, che presuppone la rappresentanza sostanziale, deriva dalla previsione dell’art. 1903 c.c., comma 2, le limitazioni ai poteri rappresentativi che possono essere contenute nella procura, di cui allo stesso art. 1903 c.c., comma 1, non possono che riguardare un ambito diverso da quello degli atti compiuti per le obbligazioni dipendenti da atti posti in essere in esecuzione del mandato di concludere i contratti e, quindi, come espressamente detto dal primo comma, gli atti concernenti le modificazioni e la risoluzione dei contratti medesimi. Ne deriva che, l’ipotizzata riferibilità della clausola in argomento alle limitazioni convenzionali dei poteri rappresentativi, previste dall’art. 1903 c.c., comma 1, non è neanche prospettabile proprio per il contrasto che ne deriverebbe rispetto alla regolamentazione legislativa effettuata con il secondo comma dello stesso articolo.

4. L’accoglimento del primo motivo di ricorso determina l’assorbimento del secondo motivo, con il quale si impugna la sentenza nella parte in cui ha rigettato per tardività l’azione subordinata di arricchimento senza causa.

5. In conclusione, per effetto dell’accoglimento del primo motivo di ricorso, la sentenza è cassata e la causa è rimessa al Tribunale di Udine, in diversa persona, che deciderà la controversia a prescindere dalla clausola in argomento, e provvederà anche per le spese del giudizio di legittimità.

PQM

LA CORTE DI CASSAZIONE accoglie il primo motivo del ricorso; dichiara assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, al Tribunale di Udine, in diversa persona.

Così deciso in Roma, il 21 ottobre 2015.

Depositato in Cancelleria il 2 agosto 2016

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