Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16016 del 28/07/2020

Cassazione civile sez. VI, 28/07/2020, (ud. 05/03/2020, dep. 28/07/2020), n.16016

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCODITTI Enrico – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – rel. Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

Dott. GORGONI Marilena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20944-2018 proposto da:

COMUNE DI SCAFATI, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA GERMANICO 107, presso lo studio

dell’avvocato NICOLA BULTRINI, rappresentato e difeso dall’avvocato

RAFFAELE MARCIANO;

– ricorrente –

contro

A.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PICO DELLA

MIRANDOLA 56/H, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO BRUNETTI, che

lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 136/2018 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 29/01/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 05/03/2020 dal Consigliere Relatore Dott. GABRIELE

POSITANO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

con atto di citazione in appello, A.G. evocava in giudizio il Comune di Scafati, per ottenere la riforma della sentenza n. 1525 del 29 gennaio 2008, emessa dal Tribunale di Nocera Inferiore, che aveva dichiarato la responsabilità dell’amministrazione comunale nella causazione dell’incidente subito dall’attore il giorno 13 giugno 1998. Questi, mentre percorreva una pubblica via in (OMISSIS), era scivolato per la presenza di pietrisco sulla strada, rovinando su blocchi di cemento, che avevano la funzione di spartitraffico e dai quali fuoriuscivano ferri acuminati. Conseguentemente il Tribunale aveva condannato l’ente pubblico al pagamento della somma di Euro 1572, oltre interessi e spese legali;

l’appellante lamentava l’erronea determinazione della misura del danno. Si costituiva il Comune di (OMISSIS) chiedendo la conferma della decisione. La Corte d’Appello di Salerno disposta nuova consulenza, con sentenza del 29 gennaio 2018, in accoglimento dell’appello condannava il Comune al pagamento della somma di Euro 70.252, oltre interessi e spese processuali;

avverso tale decisione propone ricorso per cassazione il Comune di (OMISSIS) affidandosi a due motivi. Resiste con controricorso A.G..

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo si lamenta l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, la violazione di norme di diritto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 e l’errata quantificazione del danno non patrimoniale. La Corte territoriale salernitana avrebbe condiviso in maniera acritica le conclusioni espresse dal consulente d’ufficio in appello, disattendendo le valutazioni del primo consulente, che aveva accertato postumi permanenti nella misura dell’r/o. Difetterebbe l’illustrazione delle ragioni che avrebbero condotto la Corte d’Appello a ritenere maggiormente attendibili le conclusioni del secondo consulente. In particolare, non sarebbe stata presa in esame la circostanza che i postumi riscontrati in primo grado erano costituiti da “esiti cicatriziali conseguenza della ferita lacero contusa della coscia destra”, e non anche dalla invocata incisione dell’arteria femorale safena. Si ribadisce che, in presenza di consulenze discordanti, la Corte non avrebbe spiegato la ragione che le avrebbe consentito di elevare l’originaria percentuale invalidante (dell’r/o) a quella finale del 18%. La giurisprudenza di legittimità, in tali casi, richiede che il giudicante “non si limiti ad un’adesione acritica, ma giustifichi la propria preferenza, specificando la ragione per la quale ritiene di discostarsi dalle conclusioni del primo consulente, salvo che queste abbiano formato oggetto di esame critico nell’ambito della nuova relazione peritale, con considerazioni non specificamente contestate dalle parti” (Cass. 26 agosto 2013 n. 19572);

con il secondo motivo si deduce la nullità del procedimento e della sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4 e la deviazione dal procedimento legale prescritto dal legislatore, con violazione dell’art. 112 c.p.c.. In particolare, la domanda originaria non avrebbe specificato l’importo del risarcimento del danno, per cui, in assenza di un siffatto valore, il giudicante avrebbe dovuto limitare la condanna entro il parametro “massimo della causa di valore indeterminabile, compreso nello scaglione fino ad Euro 52.000” e non nella maggiore somma di Euro 70.252 disposta in concreto, in violazione dell’art. 112 c.p.c..

preliminarmente va esaminata l’eccezione di nullità della procura speciale del controricorrente che ha dedotto che, nel corpo di tale atto, non vi sarebbe alcun riferimento alla possibilità di ricorrere in cassazione. Poichè la procura speciale risponde al carattere della specificità, in difetto di ogni riferimento alla volontà della parte di conferire al difensore lo speciale incarico di ricorrere in cassazione, deve concludersi secondo il controricorrente – che una generica procura alle liti non sarebbe idonea allo scopo. Tale censura è fondata;

la procura speciale è nulla perchè sia perchè contenente espressioni incompatibili con la proposizione di un ricorso per cassazione, sia perchè l’atto reca una data (4 luglio 2017) antecedente rispetto a quella della sentenza impugnata (29 gennaio 2018);

questa Corte intende dare continuità all’orientamento di legittimità secondo cui, ricorre l’inammissibilità del ricorso per cassazione quando la procura speciale è conferita su foglio separato rispetto al ricorso, privo di data successiva al deposito della sentenza d’appello e senza alcun riferimento al ricorso introduttivo, alla sentenza impugnata o al giudizio di cassazione (fra le tante, Cass. n. 25177/2018), ossia al consapevole conferimento, da parte del cliente, dell’incarico al difensore per la proposizione del giudizio di legittimità; così risultando incompatibile con il carattere di specialità di questo giudizio. Questa Corte, in un caso del tutto analogo a quello in oggetto, ha ribadito il principio con riferimento ad una procura che – come nel caso in esame – recava indicazioni esclusivamente riferibili ad incombenti processuali tipici dei gradi di merito, essendo così formulata: “Delego a rappresentarmi e difendermi nel presente procedimento ed in ogni sua fase, stato e grado, compreso l’eventuale appello od opposizione con… più ampia facoltà di legge ed in particolare quella di transigere e conciliare la lite, rinunciare agli atti del giudizio ed accettare rinunce, depositare quietanze ed incassare somme, proporre domande riconvenzionali, appelli principali o incidentali…” (Cass. Sez. 1 n. 4069 del 18/02/2020 e negli stessi termini per l’ipotesi di procura, spillata di seguito al ricorso, che non conteneva alcun riferimento alla sentenza impugnata, nè recava alcuna data, e risultava conferita “per tutte le fasi e gradi del presente giudizio”, Cass. Sez. L. n. 28146 del 05/11/2018). La procura alle liti in oggetto, rilasciata in (OMISSIS) in data 4 luglio 2017 è strutturata in maniera analoga, prevedendo il conferimento di “ogni più ampia facoltà di legge, ivi compresa la facoltà di transigere, conciliare, incassare, rinunciare agli atti ed accettarne la rinunzia… proporre domande riconvenzionali ed azioni cautelari… chiedere ed accettare rendiconti” ed è priva di ogni riferimento al giudizio di legittimità ed alla proposizione di un ricorso per cassazione;

è appena il caso di aggiungere che non ricorre l’ipotesi di motivazione inesistente (Cass. Sez. Un. 8350 del 2014) avendo la Corte territoriale operato un rinvio per relationem alla consulenza di ufficio, condividendo le argomentazioni del consulente (Cass. n. 15147 del 2018) rispetto alle quali il ricorrente avrebbe dovuto allegare, nel rispetto dell’art. 366 c.p.c., n. 6, di avere svolto contestazioni specifiche alla seconda consulenza di ufficio, ignorate dalla Corte territoriale;

tale profilo è espressamente contestato dal controricorrente che ha affermato (peraltro anche lui incorrendo nello stesso difetto di autosufficienza) che, in sede di svolgimento della seconda consulenza, l’attuale ricorrente non avrebbe sollevato alcuna osservazione o contraria valutazione rispetto agli esiti peritali;

il secondo motivo è dedotto in violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6, quanto ai limiti della domanda, poichè parte ricorrente avrebbe dovuto trascrivere la parte dell’atto di citazione contenente le conclusioni, con specifico riferimento alla richiesta di risarcimento del danno o, quantomeno, allegare tale scritto difensivo o localizzarlo all’interno del fascicolo di legittimità. Per il resto, le dichiarazioni relative al valore della causa, rilevano solo ai fini fiscali;

ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; le spese del presente giudizio di cassazione liquidate nella misura indicata in dispositivo – seguono la soccombenza, con distrazione in favore del difensore che si è dichiarato antistatario ex art. 93 c.p.c.. Infine, tenuto conto del tenore della decisione, mancando ogni discrezionalità al riguardo (Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) va dichiarato che sussistono i presupposti processuali per il pagamento del doppio contributo se dovuto.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese in favore del controricorrente, liquidandole in Euro 2.300,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge, con distrazione in favore del difensore antistatario, avv. Massimo Brunetti.

Sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma I-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta Sezione Civile-3, il 5 marzo 2020.

Depositato in Cancelleria il 28 luglio 2020

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