Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16016 del 21/07/2011

Cassazione civile sez. lav., 21/07/2011, (ud. 21/06/2011, dep. 21/07/2011), n.16016

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FOGLIA Raffaele – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – rel. Consigliere –

Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

M.A., elettivamente domiciliato in Roma, Via Cesare

Federici n. 2, presso io studio dell’Avv. Maria Concetta

Alessandrini, rappresentato e difeso dall’Avv. Freda Ettore per

procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

L’ASTUTO S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore,

Sig.ra V.F., elettivamente domiciliata in Roma, Via

Bissolati n. 72, presso lo studio dell’Avv. Alessandra Giovannetti,

rappresentata e difesa dagli Avv.ti Vincenzo ed Alberto Gentile come

da procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

e contro

NEW POL S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore;

– intimata –

per la cassazione della sentenza n. 174/09 della Corte di Appello di

Napoli dei 14.01.2009/20.01.2009 nella causa iscritta al n. 4327 R.G.

dell’anno 2008.

Udita fa relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21.06.2011 dal Cons. Dott. Alessandro De Renzis;

sentito il P.M., in persona del Sost. Proc. Gen. Dott. FINOCCHI

GHERSI Renato, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte di Appello di Napoli, adita con atto di appello dell’Istituto di Vigilanza NEW POL S.r.l. e dalla S.r.l. L’ASTUTO, in parziale riforma della pronuncia di primo grado del Tribunale di Ariano Irpino, con sentenza n. 174 del 2009 ha rigettato la domanda proposta da M.A. volta ad ottenere declaratoria di illegittimità del licenziamento a lui intimato in data 22.05.2006 dalla prima società, cui era succeduta nelle more del giudizio la seconda.

La Corte territoriale ha ricostruito i fatti e ha ritenuto, sulla base delle risultanze testimoniali, che l’episodio del diverbio e delle successive vie di fatto con altro collega ( A.) fosse da attribuire a responsabilità esclusiva del M..

La Corte ha osservato che, trattandosi di fatto lesivo di doveri fondamentali a carico del lavoratore e di infrazioni con evidente disvalore sociale, non si rendeva necessaria nel caso di specie la preventiva affissione del codice disciplinare.

La stessa Corte ha rilevato inoltre che la sanzione intimata era proporzionata ai fatti addebitati e accertati a carico del M., non essendo rilevante l’assenza di precedenti disciplinari e l’assenza di conseguenze significative in tema di danni. Ciò che rilevava, ad avviso della Corte, era il fatto obiettivo delle percosse e delle assenze dei due lavoratori determinate dall’episodio in questione. Contro la sentenza di appello il M. propone ricorso per cassazione con quattro motivi, illustrati con memoria. La S.r.l. L’Astuto resiste con controricorso, mentre non si è costituita la società New Poi S.r.l..

Entrambe le parti hanno depositato rispettive memorie ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 85 e 125 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, sostenendo che dalla copia conforme del ricorso in appello, notificato dalle società appellanti, risultava la mancanza di sottoscrizione del loro difensore e la mancanza di autenticazione delle firme apposte in calce al mandato.

La lamentata censura è infondata e va disattesa, in quanto l’originale del ricorso in appello risulta sottoscritto dal difensore e non rileva l’assenza di firma sulla copia (in questo senso Cass. n. 14637 del 1999; Cass. n. 3754 del 1995 ed altre decisioni conformi, secondo cui quando la sottoscrizione del difensore esiste nell’originale, ma non nella copia notificata dell’atto, si ha una ipotesi di nullità che resta sanata dalla costituzione in giudizio del convenuto, salvi i diritti sostanziali e processuali anteriormente quesiti).

2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia vizio di motivazione su un fatto decisivo per il giudizio, violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4. Il M. contesta la decisione di appello per mancato apprezzamento di tutti gli elementi probatori acquisiti, ed in particolare con riguardo alla valorizzazione da parte del giudice di merito delle sole dichiarazioni rese nel corso della fase cautelare dagli informatori, senza alcuna considerazione delle deposizioni rese, nella fase di merito, dai testimoni (viene richiamata in particolare la testimonianza di G.G.) sotto il vincolo dell’impegno di dire la verità.

Il motivo è infondato, in quanto la parte ricorrente si limita a contrastare la valutazione del giudice di appello, fondata su adeguata e coerente motivazione, del materiale probatorio, il che non è consentito in sede di legittimità.

3. Con il terzo motivo il ricorrente lamenta violazione della L. n. 300 del 1970, art. 7 dell’art. 112 c.p.c., vizio di motivazione, violazione dell’art. 127 CCNL. Le censure sono dirette contro la sentenza impugnata laddove ha omesso di motivare sull’eccezione di nullità del licenziamento per mancata preventiva affissione del codice disciplinare nei locali aziendali, con riguardo ad una ipotesi di giusta causa o giustificato motivo prevista e sanzionata dalla contrattazione collettiva.

Tali censure sono prive di pregio, giacchè l’impugnata sentenza ha correttamente ritenuto ininfluente l’osservanza della preventiva affissione del codice disciplinare in relazione a comportamenti, come quelli in esame, d i aggressione fisica, che violano fondamentali doveri connessi al rapporto di lavoro e comunque contrari al cd.

minimo etico per l’evidente disvalore dell’infrazione.

4. Con il quarto motivo il ricorrente ripropone in sede di legittimità i rilievi, già mossi contro la sentenza di primo grado, riguardanti il difetto di proporzionalità della sanzione intimata, in assenza di precedenti disciplinari a suo carico, in mancanza di significative ripercussioni nei rapporti tra i due protagonisti dell’episodio, da cui erano derivati per entrambi piccole lesioni prontamente guarite. Anche questo motivo non è fondato.

Il giudice di appello ha ricostruito la condotta del M. in tutti i suoi profili (soggettivo ed oggettivo) evidenziandone la gravità anche in ordine alle percosse e al protrarsi delle assenze dei due lavoratori, sicchè l’addebito mosso era tale da far venir meno la fiducia del datore di lavoro nell’operato del dipendente, che si era reso responsabile di un atto di violenza nei confronti di altro lavoratore.

In questo quadro la sanzione espulsiva è ampiamente giustificata ed è adeguata alla gravità della condotta, per cui la mancanza di precedenti disciplinari nel periodo pregresso di lavoro non assume decisiva rilevanza. E’ altresì ininfluente la circostanza che le lesioni sofferte da entrambi i lavoratori siano guarite in breve tempo. in definitiva la censura del ricorrente si risolve in un diverso apprezzamento della condotta da lui tenuta rispetto alla valutazione del giudice di appello, sorretta da congrua e logica motivazione, non censurabile come tale in sede di legittimità.

5. In conclusione i ricorso è destituito di fondamento e va rigettato.

Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e si liquidano a favore della controricorrente L’Astuto S.r.l come da dispositivo.

Nessuna statuizione sulle spese del giudizio di cassazione nei confronti dell’intimata NEW Poi S.r.l., non avendo svolto alcuna attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese, che liquida a favore della controricorrente L’ASTUTO S.r.l. in Euro 20,00, oltre Euro 2500,00 per onorari ed oltre IVA, CPA e spese generali. Nulla per le spese nei confronti dell’intimata NEW POL S.r.l..

Così deciso in Roma, il 21 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 21 luglio 2011

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