Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16016 del 09/06/2021

Cassazione civile sez. trib., 09/06/2021, (ud. 18/01/2021, dep. 09/06/2021), n.16016

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 7530/2014 R.G. proposto da:

D.M., rappresentato e difeso dagli Avv.ti Vincenzo M.

Cesaro e Bruno Cantone, con domicilio eletto presso il primo in Roma

via Calabria n. 56, giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via

dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Campania n. 167/44/13, depositata il 10 settembre 2013.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 18 gennaio

2021 dal Consigliere Giuseppe Fuochi Tinarelli.

 

Fatto

RILEVATO

che:

D.M., titolare di impresa edile, non andata a buon fine la procedura di accertamento con adesione impugnava l’avviso di accertamento per Iva, Irpef e Irap per l’anno 2005, con cui l’Agenzia delle entrate rideterminava i maggiori ricavi disconoscendo costi e contestando l’errata imputazione di Iva a debito per lavori svolti presso la Provincia di Caserta.

La CTP di Caserta riteneva il ricorso improcedibile per difetto di mandato ad litem e per l’avvenuta spedizione del ricorso in busta e non senza busta. La sentenza era confermata dal giudice d’appello, il quale, peraltro, riteneva inammissibile il ricorso di primo grado per incertezza sulla data di ricezione dell’avviso e tardività del ricorso.

D.M. ricorre per cassazione con due motivi. L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Il primo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 16 e 20, per aver la CTR ritenuto tardivo il ricorso in primo grado attesa l’inapplicabilità del principio di scissione degli effetti della notifica tra notificante e notificato.

Il giudice d’appello, in particolare, in relazione alla ritenuta notifica dell’avviso in data (OMISSIS) e alla proposizione dell’istanza D.Lgs. n. 218 del 1997, ex art. 6, aveva individuato la data di maturazione del suddetto termine per il 26 maggio 2011, mentre l’atto era stato spedito a mezzo posta in data 25 maggio 2011 e ricevuto dall’Ufficio solo in data 31 maggio 2011.

2. Il secondo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, omesso esame di fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione, nonchè, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c..

La CTR, in particolare, ha ritenuto incerta la data di ricezione dell’atto impugnato atteso che una prima notifica risulterebbe operata in data (OMISSIS), mentre l’unico atto riferibile all’avviso è quello riportante il timbro postale del (OMISSIS), essendo la ricevuta di ritorno relativa alla notifica dell’accertamento del (OMISSIS) priva del numero di raccomandata, sicchè non riferibile a quella con cui sarebbe stato notificato l’avviso di accertamento.

Sottolinea che, diversamente, la stessa istanza di accertamento con adesione sarebbe risultata tardiva, eccezione, invece, mai sollevata dall’Ufficio.

3. I motivi, da esaminare unitariamente per connessione logica, vanno disattesi.

3.1. La CTR ha fondato la propria decisione su una duplice ratio: da un lato ha ritenuto “l’incertezza sulla data di ricezione dell’atto impugnato”; dall’altro, “quand’anche si ritenga che l’accertamento sia stato ricevuto il (OMISSIS)” “in ogni caso (sussiste la) tardività del ricorso in primo grado” poichè non si applica, per la notifica dell’avviso, “il c.d. principio di scissione ma quello di ricezione del plico da parte dell’ufficio”.

Entrambe le rationes sono state impugnate dal contribuente.

3.2. Orbene, il secondo motivo, con cui si censura il primo dei fondamenti della sentenza impugnata, è infondato.

3.3. Quanto al dedotto vizio di omesso esame, infatti, occorre considerare che la CTR ha tenuto in piena considerazione tutti gli elementi di fatto evidenziati dal ricorrente, ivi inclusa la circostanza che la “ricevuta di ritorno dell’atto pervenuto per racc. il (OMISSIS)” non riportava il numero della “racc. di riferimento”, che, tuttavia, era “indicata in foliario dell’ufficio come “fotocopia ricevuta notifica accertamento””, sottolineando, anzi, che “su tutto nulla dice il contribuente, cui incombe l’onere, oltre che l’interesse, a far chiarezza sulla data di ricezione dell’atto impugnato, a pena di inammissibilità del ricorso in primo grado”.

La censura, dunque, si risolve, in realtà, in una contestazione sull’adeguatezza e sufficienza della motivazione, non più proponibile ex art. 360 c.p.c., n. 5, ratione temporis applicabile (trattandosi di sentenza pubblicata il 10 settembre 2013) e, anzi, in una critica dell’interpretazione e valutazione da parte del giudice di merito degli elementi probatori in giudizio.

Inoltre, la doglianza è anche carente in punto di autosufficienza, neppure riproducendo la documentazione relativa alla contestata notifica del (OMISSIS).

3.4. Quanto alla dedotta violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., poi, la censura è parimenti inammissibile atteso che, come affermato recentemente dalle Sezioni Unite (Sez. U, n. 20867 del 30/09/2020), da un lato “In tema di ricorso per cassazione, per dedurre la violazione dell’art. 115 c.p.c., occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 c.p.c.” e, dall’altro, “la doglianza circa la violazione dell’art. 116 c.p.c., è ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa – secondo il suo “prudente apprezzamento”, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione”.

Si tratta di condizioni in evidenza assenti.

3.5. L’infondatezza del secondo motivo determina, quindi, l’inammissibilità del primo, essendo la prima ratio idonea e sufficiente a sorreggere la decisione impugnata.

4. Il ricorso va pertanto rigettato. Le spese, liquidate come in dispositivo, sono regolate per soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna D.M. al pagamento delle spese a favore dell’Agenzia delle entrate, che liquida in complessive Euro 5.000,00, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso stesso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 18 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 9 giugno 2021

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