Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1601 del 27/01/2014
Civile Sent. Sez. 3 Num. 1601 Anno 2014
Presidente: AMATUCCI ALFONSO
Relatore: TRAVAGLINO GIACOMO
SENTENZA
sul ricorso 28080-2007 proposto da:
CIPRIANI DOMENICO, elettivamente domiciliato in ROMA,
VIA ROMEO ROMEI 35, presso lo studio dell’avvocato
MALOSSI GIAN LUIGI, rappresentato e difeso
dall’avvocato LAURINI GABRIO giusta delega in atti;
– ricorrente contro
ERNE’ CLAUDIO, elettivamente domiciliato in ROMA,
P.ZZA
DEI
CAPRETTARI
70,
presso
lo
studio
dell’avvocato MARTINETTI MAURIZIO, che lo rappresenta
e difende unitamente all’avvocato FORNASARO PIERO
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Data pubblicazione: 27/01/2014
giusta delega in atti;
– controricorrente nonchè contro
QUAIA MARIO;
– intimato –
di TRIESTE, depositata il 10/02/2007 R.G.N. 477/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 19/06/2013 dal Consigliere Dott. GIACOMO
TRAVAGLINO;
udito l’Avvocato GIANLUIGI MALOSSI per delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. CARMELO SGROI che ha concluso per il
rigetto del ricorso.
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avverso la sentenza n. 131/2007 della CORTE D’APPELLO
I FATTI
Domenico Cipriani, premesso di aver prestato servizio, in
qualità di agente di polizia, presso la squadra mobile della
questura di Trieste, e di essere stato indicato, in un articolo
dal titolo: “Processo sui veleni in questura: lo 007 non
finito sotto inchiesta”, e come “l’amico della ragazza trovata
uccisa in una soffitta per appuntamenti”, nell’ambito di un più
ampio resoconto di una deposizione testimoniale resa nel corso
di un processo penale; e premesso ancora che l’agente di polizia
indicato dal giornalista era risultato persona diversa (a nome
Giuseppe Dominici), convenne in giudizio l’autore dell’articolo,
Claudio Erné, e il direttore responsabile, Mario Quaia,
chiedendone la condanna al risarcimento dei danni derivatigli
dal discredito procuratogli nella locale comunità dalle false
indicazionidipersona,colpevolmente riconducibili al quotidiano
triestino.
Il giudice di primo grado accolse la domanda.
La corte di appello di Trieste, investita del gravame proposto
da entrambi i convenuti in prime cure, lo accolse.
Ritenne il giudice territoriale che, avendo il Cipriani agito
sulla base del reato di diffamazione e non anche (se non in
comparsa d’appello) lamentando la lesione di un valore della
persona costituzionalmente garantito, la impredicabilità
dell’elemento del dolo escludeva
ipso facto,
nella specie, la
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ricorda” pubblicato sul quotidiano “Il Piccolo”, come “l’agente
configurabilità del reato stesso e, con essa, la legittimità
della pretesa risarcitoria.
Per la cassazione della sentenza della Corte giuliana Domenico
Cipriani ha proposto ricorso illustrato da 3 motivi di censura.
con controricorso il solo Claudio Erné, mentre
Resiste
difensiva.
LE RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso è fondato quanto al suo terzo motivo.
Con il primo motivo,
si denuncia errata applicazione degli artt.
5, 42, 43, 47, 51, 59 e 595 c.p. e 21 Cost..
La censura è corredata dal seguente quesito di diritto
(formulato ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., applicabile
ratione temporis, nel vigore del D.lgs. 40/2006):
Dica la Corte se, in tema di diffamazione a mezzo stampa, nel
caso in cui il fatto narrato risulti obiettivamente
verum,
contra
l’applicabilità della scriminante putativa di cui agli
artt. 51 comma 1 e 59 comma 3 c.p. sussiste solo qualora il
cronista abbia assolto all’onere di controllare accuratamente la
notizia risalendo alla fonte originaria, ovvero se sia
sufficiente l’affidamento riposto in buona fede su una fonte non
costituente prova della verità.
Se in tale ultimo caso l’errore abbia ad oggetto la realtà di
fatto ovvero consista in una errata interpretazione del doveri
del cronista e conseguentemente abbia ad oggetto la realtà
giuridica e non il fatto.
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l’intimato Mario Quaia non ha svolto, in questa sede, attività
La doglianza non può essere accolta, attesane la evidente
eccentricità rispetto alla
ratio decidendi adottata dal giudice
triestino, che ha fondato sull’assenza del dolo, e non
sull’assenza di veridicità, la decisione assolutoria dalla
domanda di risarcimento.
si denuncia
violazione e falsa
applicazione degli artt. 51 e 595 c.p. ed omessa pronuncia in
ordine ad un punto decisivo della controversia.
La censura è corredata dal seguente quesito:
Dica la Corte se, in caso di accertamento dell’errore sulla
causa di giustificazione dell’esercizio del diritto di cronaca,
il giudice sia tenuto a verificare la sussistenza del concorso
di tutte le condizioni di applicabilità, anche se in forma
putativa, ovvero se sia sufficiente l’accertamento del solo
errore di fatto in ordine alla verità della notizia per ritenere
applicabili gli artt. 51 comma 1 e 59 comma 3 c.p.
La censura, eccentrica rispetto alla motivazione della decisione
impugnata al pari di quella che precede, non può trovare
accoglimento per i medesimi motivi esposti nell’esaminare il
primo motivo di ricorso.
Con il terzo motivo,
si denuncia violazione e falsa applicazione
degli artt. 2043 e 2059 c.c., 185 c.p., 115 c.p.c..
La censura,
che riporta,
in ossequio al principio di
autosufficienza del ricorso, il testuale contenuto della pag. 2
dell’atto di citazione (ove si lamenta espressamente la lesione
del diritto all’immagine alla luce ed in conseguenza di un
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,
Con il secondo motivo,
”fatto
altamente
dell’esponente”,
diffamatorio
tale da aver
e
lesivo
dell’onorabilità
“creato al medesimo in modo
inequivocabile un decadimento della propria immagine nonché
problemi di rilevante spessore nell’ambito della sua famiglia”)
è corredata dal seguente quesito:
domanda e della sostanziale pretesa azionata, il giudice di
merito sia tenuto o meno a non limitarsi alle sole conclusioni
contenute nell’atto introduttivo senza rapportarle all’intero
complesso dell’atto che le contiene ed alla complessiva condotta
processuale delle parti.
La censura è fondata.
Appare, difatti, evidente l’errore di diritto compiuto dalla
corte di merito che, nonostante il tenore letterale dell’atto di
in parte qua,
citazione come sopra riportato
ha, del tutto
illegittimamente, ricondotto e circoscritto il
petitum
sostanziale dell’attore alla sola fattispecie di reato di
diffamazione.
La sentenza va pertanto cassata in parte qua.
Il ricorso va conseguentemente accolto nei limiti e nei sensi di
cui in motivazione, con cassazione entro tali limiti della
sentenza impugnata e con rinvio del procedimento alla corte di
appello di Trieste che, in altra composizione, nell’applicare il
principio di diritto sopra esposto, provvederà a liquidare anche
le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
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Dica la Corte se, ai fini di una corretta interpretazione della
La Corte accoglie il terzo motivo del ricorso, rigetta il primo
e il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo
accolto e rinvia il procedimento, anche per la liquidazione
delle spese del giudizio di cassazione, alla corte di appello di
Trieste in diversa composizione.
Così deciso in Roma, li 19.6.2013