Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16008 del 01/08/2016


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Cassazione civile sez. VI, 01/08/2016, (ud. 06/07/2016, dep. 01/08/2016), n.16008

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARIENZO Rosa – Presidente –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19775-2014 proposto da:

F.V., ((OMISSIS)), elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA DELLE ACACIE 13, presso l’avvocato DI GENIO GIANCARLO presso il

CAF, rappresentata e difesa dall’avvocato FELICE AMATO giusta

procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE

DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati ANTONINO SGROI,

EMANUELE DE ROSE, CARLA D’ALOISIO, GIUSEPPE MATANO, LELIO MARITATO

giusta procura speciale in calce al ricorso notificato;

– resistente con procura –

avverso la sentenza n. 715/2013 della CORTE D’APPELLO di SALERNO del

22/5/2013, depositata i126/7/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

6/7/2016 dal Consigliere Relatore Dott. CATERINA MAROTTA;

udito l’Avvocato CARLA D’ALOISIO difensore del resistente che nulla

osserva.

Fatto

FATTO E DIRITTO

1 – Il Consigliere relatore, designato ai sensi dell’art. 377 c.p.c., ha depositato in cancelleria la seguente relazione ex artt. 380 bis e 375 c.p.c., ritualmente comunicata alle parti:

” F.V., premesso di aver lavorato alle dipendenze dell’azienda agricola “La Speranza Società Agricola a r.l.” nell’anno 2006 per 153 gg., conveniva l’I.N.P.S. dinanzi al Giudice del lavoro di Salerno e chiedeva la reiscrizione del proprio nominativo negli elenchi dei braccianti agricoli del Comune di residenza per tale anno. Il Tribunale accoglieva la domanda, condannava l’I.N.P.S. al pagamento delle spese processuali (spese liquidate in Euro 450,00 di cui Euro 300,00 per onorario). Avverso tale decisione proponeva impugnazione la F. (in relazione alla liquidazione delle spese di primo grado). La Corte di appello di Salerno, in accoglimento del gravame ed in parziale riforma dalla sentenza del Tribunale, liquidava le spese di primo grado in complessivi Euro 1.131,00 di cui Euro 415,00 per onorario ed Euro 716,00 per diritti. Compensava tra le parti le spese del giudizio di secondo grado. Riteneva, quanto alle doglianze mosse dalla F. alla quantificazione delle spese come operata dal Tribunale, riteneva applicabile lo scaglione avente come tetto massimo la somma di Euro 25.000,00 e che la modesta rilevanza giuridica della lite, di natura seriale, la molteplicità delle udienze di mero rinvio, giustificasse pienamente la liquidazione dei compensi in misura pari ai minimi di tariffa. Riteneva, poi, quanto alle spese del grado di appello, che l’omesso deposito della nota spese e gli errori di liquidazione conseguiti giustificassero la compensazione.

Propone ricorso per cassazione F.V. affidato a quattro motivi.

L’I.N.P.S. ha depositato procura in calce al controricorso.

Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art 91 c.p.c., della L. n. 1501 del 1957, art. unico della tariffa nazionale adottata con delibera del Consiglio Nazionale forense ed approvata con D.M. n. 127 del 2004, degli artt. 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17 c.p.c. e, in combinazione, del D.M. n. 127 del 2004, art. 4 nonchè omesso esame di un fatto decisivo e conosciuto dalle parti. Rileva che il valore della controversia fosse, nella specie, da ritenersi “indeterminabile” (essendo stato richiesto il riconoscimento della sussistenza e validità di un contestato rapporto di lavoro agricolo subordinato) e che lo scaglione di riferimento fosse quello da 25.000,01 ad Euro 50.000,00; evidenzia che, in base alla tabella allegata al D.M. e alla relazione illustrativa, avuto anche riguardo ai valori minimi di liquidazione, doveva ritenersi che la determinazione dei compensi nella misura stabilita dalla Corte di appello fosse stata effettuata in violazione degli indicati parametri.

Con il secondo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., della L. n. 794 del 1942 e succ. modif., della L. n. 1501 del 1957, art. unico della tariffa nazionale adottata con delibera del Consiglio Nazionale forense ed approvata con D.M. n. 127 del 2004 e Tabella A, paragrafo 2 e Tabella B, paragrafo 1, colonna 14, nonchè violazione e falsa applicazione di legge e del principio del rispetto e inderogabilità dei diritti. Censura la decisione per avere ritenuto non dovuti i diritti ed onorari relativi a: “esame dispositivo” e “esame testo integrale sentenza”; “attività di notifica della sentenza”, “corrispondenza cliente”, “consultazioni con il cliente” e per avere ritenuto che vi fossero state udienze di mero rinvio.

Con il terzo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., della L. n. 794 del 1942 e succ. modif., della L. n. 1501 del 1957, art. unico, della tariffa nazionale adottata con delibera del Consiglio Nazionale forense ed approvata con D.M. n. 127 del 2004 e Tabella A, paragrafo 2 e Tabella B, paragrafo 1, colonna 14, nonchè violazione e falsa applicazione di legge e del principio del rispetto e inderogabilità dei diritti. Censura la decisione impugnata che, pur considerata corretta la determinazione del valore della controversia come effettuato ed il riconoscimento delle voci indicate nella decisione, avrebbe errato nel non riconoscere il compenso spettante a termini di tariffa.

Con il quarto motivo denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. in relazione alla disposta compensazione delle spese del grado di appello. Evidenzia che tale compensazione è assolutamente incoerente con il complessivo esito del giudizio e che non sussistevano ragioni per non applicare l’ordinario criterio della soccombenza.

Sono manifestamente fondati i primi due motivi di ricorso e determinano l’assorbimento degli altri.

Va premesso che nella specie si discute (anche) del diritto alla iscrizione negli elenchi dei lavoratori agricoli e non (solo) del diritto ad una prestazione. In tale ipotesi, come si desume anche da Cass. 26 febbraio 2014, n. 4590, il valore della causa è indeterminabile. Lo stesso, infatti, non è suscettibile di concreta quantificazione sulla base di elementi precostituiti e disponibili fin dall’introduzione del giudizio (cfr. Cass. 24 marzo 2004, n. 5901; Cass. 12 luglio 2005, n. 14586).

Si osserva, poi, che questa Corte ha ripetutamente affermato, in tema di liquidazione degli onorari di avvocato e dei diritti di procuratore, che, nelle spese di lite relative al giudizio di cognizione devono comprendersi anche quelle conseguenti alla sentenza conclusiva del giudizio e che, quindi, nella liquidazione delle stesse il giudice deve tener conto, ad esempio, anche dei diritti relativi al ritiro del fascicolo di parte ed all’esame della sentenza (cfr. in tal senso Cass. nn. 6973 e 7156/1987 e, più di recente, Cass. 18 dicembre 2013, n. 28301). E’ stato, in particolare, ritenuto che: “In considerazione della natura delle prestazioni, che ineriscono alla conclusione del giudizio di cognizione, e della collocazione, nel testo normativo (D.M. 30 maggio 1969, Tab. B, par. 2), sotto il titolo di “processo di cognizione”, le prestazioni procuratorie inerenti all’esame della sentenza di primo grado (voce 14), alla richiesta di notifica del dispositivo (voce 21), alla registrazione della sentenza (voce 39), all’esame della sentenza d’appello (voce 14) ed al ritiro del fascicolo di parte dalla cancelleria (voce 29) ineriscono tutte al processo di cognizione e non a quello di esecuzione, ancorchè rese successivamente alla pronuncia” (così Cass. n. 3220/1981). Si veda, con riguardo alle riconoscibilità delle spese, pur successive alla sentenza di primo grado, ma ad essa necessariamente consequenziali – costituendo la sentenza titolo esecutivo non soltanto per le somme liquidate, ma anche per le spese successive e necessarie per la realizzazione della volontà in essa espressa -, Cass. 20 settembre 2013, n. 21663 ed in senso sostanzialmente conforme Cass. 9 luglio 1975, n. 2671, Cass. 9 luglio 1969, n. 2525.

Inoltre, non vi è dubbio che, laddove, come nel caso di specie, il deposito della sentenza sia avvenuto successivamente alla lettura del dispositivo, vadano riconosciute entrambe le voci previste dalla tabella e cioè “esame del dispositivo” e “esame testo integrale della sentenza”.

Come da questa Corte già affermato, risulta fondata la doglianza relativa alla erronea esclusione delle voci “corrispondenza informativa” e “consultazioni con il cliente”. Quanto alla prima, la stessa risulta dovuta in coerenza con l’orientamento di questa Corte – cfr. Cass. 17 ottobre 2007, n. 21841; Cass. 18 settembre 2012, n. 15656; Cass. 11 aprile 2014, n. 8517 – secondo il quale: “In tema di onorari professionali di avvocato e procuratore, l’espletamento dell’attività di “corrispondenza informativa con il cliente” – cui si ricollega la riconoscibilità del relativo diritto di procuratore ex art. 21 della Tabella B allegata alla tariffa professionale di cui al D.M. 5 ottobre 1994, n. 585 – nel corso del procedimento di primo grado svolto con il rito del lavoro è oggetto di una vera e propria presunzione iuris tantum, in ragione della peculiare natura del procedimento che impone la comparizione personale della parte interessata all’udienza di discussione e quindi a ritenere per ciò stesso assolto da parte del difensore il dovere di informare il cliente per invitarlo a parteciparvi, con la conseguenza che per la liquidazione della corrispondente voce non è richiesta la prova; l’attribuzione di ulteriori competenze a quel titolo è subordinata, invece, alla documentazione e, comunque, alla prova certa dell’effettività della prestazione professionale come specificamente indirizzata a tenere informato il cliente di eventi processuali rilevanti”. Quanto alla voce “consultazione con il cliente”, la stessa va riconosciuta in quanto l’attività difensiva da parte del procuratore presuppone l’avvenuto espletamento anche di tale attività.

La sentenza impugnata non si è attenuta agli indicati principi, atteso che, tenuto conto delle voci indicate dal ricorrente, nel rispetto del principio di autosufficienza, e con riferimento al valore della causa, risulta che la quantificazione delle spese del giudizio di primo grado sia avvenuta in violazione delle tabelle e degli inderogabili minimi tariffari applicabili a termini del D.M. n. 127/2004 (cfr. Cass. 19 aprile 2006, n. 27804; Cass. 29 ottobre 2014, n. 22983).

Per tutto quanto sopra considerato, si propone l’accoglimento dei primi due motivi di ricorso (con assorbimento degli altri e della questione relativa alla eventuale sussistenza di udienze di mero rinvio, posta dalla Corte territoriale, insieme con altre circostanze, a base della regolamentazione delle spese, del giudizio di appello) e la cassazione della sentenza impugnata con rinvio per un nuovo esame ad altro giudice; il tutto con ordinanza, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., n. 5″.

2 – Non sono state depositate memorie ex art. 380 bis c.p.c., comma 2 – Questa Corte ritiene che le osservazioni in fatto e le considerazioni e conclusioni in diritto svolte dal relatore siano del tutto condivisibili, siccome coerenti alla giurisprudenza di legittimità in materia e che ricorra con ogni evidenza il presupposto dell’art. 375 c.p.c., n. 5, per la definizione camerale del processo.

4 – In conclusione, vanno accolti i primi due motivi di ricorso, con assorbimento degli altri; la sentenza impugnata va cassata in relazione ai motivi accolti con rinvio alla Corte di appello di Napoli che procederà ad un nuovo esame e provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie i primi due motivi di ricorso, con assorbimento degli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Napoli.

Così deciso in Roma, il 6 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 1 agosto 2016

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