Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16006 del 09/06/2021

Cassazione civile sez. trib., 09/06/2021, (ud. 12/01/2021, dep. 09/06/2021), n.16006

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLITANO Lucio – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – rel. Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Paolo – Consigliere –

Dott. MAISANO Giulio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 8572/2014 R.G. proposto da:

M.G., rappresentato e difeso dall’avv. Sabatino Di

Girolamo, elettivamente domiciliato presso l’avv. Silvia Addari, in

Roma, via Guglielmo degli Ubertini n. 55;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, in persona del direttore p.t., rappresentata e

difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici, in

Roma, in via dei Portoghesi, n. 12, è domiciliata;

e

Equitalia Centro S.p.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Maurizio Cimetti,

Giuseppe Parente e Sante Ricci, elettivamente domiciliata presso

quest’ultimo in Roma alla via delle Quattro Fontane n. 161;

– controricorrenti –

nonchè

Equitalia Pragma S.p.A., in persona del direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Teramo alla via F. Crispi n. 315;

– intimata –

avverso la sentenza n.100/III/13 della Commissione tributaria

regionale dell’Abruzzo, pronunciata in data 28 marzo 2013,

depositata in data 1 ottobre 2013 e non notificata.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12 gennaio

2021 dal consigliere Andreina Giudicepietro.

 

Fatto

RILEVATO

che:

M.G. ricorre con tre motivi avverso l’Agenzia delle Entrate ed Equitalia Centro S.p.A. per la cassazione della sentenza n. 100/III/13 della Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo (di seguito C.t.r.), pronunciata in data 28 marzo 2013, depositata in data 1 ottobre 2013 e non notificata, che ha rigettato l’appello del contribuente, in controversia avente ad oggetto l’impugnativa dell’iscrizione ipotecaria n. 435/2009 notificata al ricorrente a mezzo posta in data 10/7/2009 con gli estratti di ruolo di tre cartelle di pagamento;

con il ricorso originario, il contribuente aveva impugnato i ruoli delle cartelle, deducendo la mancata ricezione delle stesse e dei relativi atti presupposti;

in particolare, per la prima cartella, il contribuente disconosceva la firma apposta sull’avviso di ricevimento, denunziava la contraffazione delle due diverse date in esso indicate e lamentava il mancato invio dell’accertamento presupposto e/o della comunicazione di irregolarità;

per la seconda cartella, il contribuente invocava la nullità della stessa, perchè consegnata a persona non convivente e non legittimata a ricevere l’atto;

per la terza cartella, il contribuente contestava il mancato invio dell’avviso di accertamento presupposto e/o della comunicazione di irregolarità;

la C.t.p. di Teramo rigettava il ricorso ed il contribuente ricorreva in appello, depositando innanzi alla C.t.r. perizia grafologica, quale documento fondante la proposizione di querela incidentale di falso, ai sensi dell’art. 221 c.p.c.;

inoltre, l’appellante rilevava che, per la seconda cartella, aveva avanzato domanda di definizione della lite pendente, ai sensi della L. 15 luglio 2011, n. 111, rinunziando al giudizio D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, ex art. 56;

con riferimento alla terza cartella, il contribuente rimarcava la mancata applicazione della normativa vigente all’epoca, non essendo applicabile al caso di specie, in cui la dichiarazione era stata presentata il 26 ottobre 2005, la disciplina prevista dal D.L. 30 settembre 2005, n. 203, che disponeva che le comunicazioni degli esiti delle liquidazioni delle dichiarazioni avvenissero con mezzi informatici all’intermediario abilitato, previa accettazione, per le dichiarazioni presentate dal 1 gennaio 2006, prorogato al 1 gennaio 2007;

la C.t.r. dell’Abruzzo, con la sentenza attualmente impugnata, confermava la decisione di primo grado, ritenendo che ” a prescindere che il ricorrente si è limitato a ripetere circostanze in fatto già sollevate in primo grado ed oggetto tra l’altro di un’accurata disamina da parte del primo giudice, va qui comunque rilevato come nessuna prova di quanto dallo stesso ricorrente dedotto a sua difesa è stata fornita a questa Commissione”;

con riferimento alla prima cartella, che a detta del contribuente sarebbe stata notificata a mezzo posta e ricevuta da persona a lui estranea, il giudice di appello rilevava che l’appellante faceva ” riferimento ad una presunta denuncia penale presentata, della quale, però, si disconosce l’esito. Tra l’altro, sul punto, il sig. M.G. avrebbe dovuto presentare una “querela di falso” (così come peraltro lui stesso aveva dichiarato in udienza di voler propoporre, senza però poi mai farlo ritualmente) e non già come detto una “denuncia-querela” per truffa presso la stazione dei carabinieri di (OMISSIS) in data (OMISSIS). Pertanto, in mancanza di elementi di prova certi, quelle sollevate del ricorrente sono solamente asserzioni prive di riscontro alcuno”;

con riferimento, invece, alla seconda cartella, la C.t.r. riteneva che il contribuente non avesse dimostrato la nullità della notifica (che sarebbe stata ricevuta da una sua presunta zia non convivente) e rilevava che lo stesso, in data 29/06/2011, presentava istanza di rateizzazione dell’intera posizione debitoria, con pieno riconoscimento, con ciò, del debito;

la C.t.r. concludeva, quindi, affermando che “quanto infine alla cartella n. (OMISSIS) la stessa risulta regolarmente notificata ai sensi e per gli effetti di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 1″;

a seguito di rituale notifica del ricorso, l’Ufficio ed Equitalia Centro S.p.A. si costituivano e resistevano con controricorso, mentre Equitalia Pragma S.p.A. rimaneva intimata;

il ricorso è stato fissato per la Camera di Consiglio del 12 gennaio 2021, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c., e dell’art. 380 bis 1, c.p.c., il primo come modificato ed il secondo introdotto dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, conv. in L. 25 ottobre 2016, n. 197;

il ricorrente depositava memoria ed istanza di sospensione del giudizio ex art. 295 c.p.c., quale causa pregiudicata, fino alla definizione del giudizio n. 2050/2015 R.G., avente ad oggetto la revocazione della sentenza di rigetto dell’impugnazione del diniego di definizione agevolata della lite pendente, oppure di riunione dei due giudizi per connessione.

Diritto

CONSIDERATO

che:

preliminarmente, deve rigettarsi l’istanza di riunione al presente giudizio di quello n. 2050/2015, fissato per l’odierna camera di consiglio innanzi a questo collegio, in quanto i procedimenti sono definibili autonomamente;

con il primo motivo, il ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt. 221 e 222 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5;

la C.t.r., con riferimento alla prima cartella, che a detta del contribuente sarebbe stata notificata a mezzo posta e ricevuta da persona a lui estranea, aveva rilevato che l’appellante aveva fatto ” riferimento ad una presunta denuncia penale presentata, della quale, però, si disconosce l’esito. Tra l’altro, sul punto, il sig. M.G. avrebbe dovuto presentare una “querela di falso” (così come peraltro lui stesso aveva dichiarato in udienza di voler propoporre, senza però poi mai farlo ritualmente) e non già come detto una “denuncia-querela” per truffa presso la stazione dei carabinieri di (OMISSIS) in data (OMISSIS). Pertanto, in mancanza di elementi di prova certi, quelle sollevate del ricorrente sono solamente asserzioni prive di riscontro alcuno”;

secondo il ricorrente, la C.t.r. avrebbe errato nel non riconoscere che, mediante il ricorso in appello, era stata proposta querela di falso in via incidentale a mezzo di procuratore speciale;

pertanto, il giudice di appello avrebbe dovuto interpellare la parte sulla sua volontà di avvalersi della perizia grafologica prodotta in giudizio a sostegno della querela di falso della firma apposta sull’avviso di ricevimento della raccomandata contenente la cartella di pagamento;

il motivo è infondato e va rigettato;

il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 39, dispone che “il processo è sospeso quando è presentata querela di falso”;

secondo una rigorosa interpretazione della norma in esame, è pertanto da ritenersi che i soli presupposti per la sospensione del processo tributario, in caso di proposizione di querela di falso, siano la presentazione di rituale querela e la rilevanza, per la decisione della controversia che dovrebbe essere sospesa, dell’atto colpito dalla suddetta querela;

in particolare, occorre ulteriormente specificare che la valutazione circa la ritualità deve essere estrinseca e formale e limitarsi alla considerazione della riconoscibilità o meno della proposta querela come atto di impulso processuale del tipo ipotizzato (rilevando in proposito, ad esempio, casi di querela mancante di sottoscrizione o rivolta a soggetto diverso dall’autorità giudiziaria), dovendo escludersi che il giudice tributario possa compiere una valutazione più pregnante (ad esempio con riguardo alla competenza territoriale del giudice adito o all’integrità del contraddittorio), sia perchè un tale sindacato non è previsto dalla norma in questione, sia perchè tale tipo di valutazione spetta, nella specie, ad un giudice non solo diverso ma anche appartenente a diversa giurisdizione;

in proposito, questa Corte ha affermato che “a seguito della presentazione della querela di falso, il giudice tributario deve limitarsi a verificare la ritualità di tale iniziativa e la rilevanza del documento impugnato ai fini della decisione. La valutazione del primo presupposto ha ad oggetto esclusivamente la riconoscibilità o meno della proposta querela come atto di impulso processuale del tipo ipotizzato, e non può estendersi ad altri aspetti, quali la competenza territoriale del giudice adito, l’integrità del contraddittorio, la validità o fondatezza della querela o l’idoneità dei mezzi di prova offerti ” (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 4003 del 19/02/2009);

nel caso di specie, il ricorrente si duole del fatto che il giudice tributario di secondo grado non abbia non abbia dato seguito alla querela di falso incidentale, contenuta nell’atto di appello sottoscritto da procuratore speciale, procedendo all’interpello di cui all’art. 222 c.p.c.;

pertanto, secondo il ricorrente, il giudice di appello avrebbe dovuto interpellare la parte sulla sua volontà di avvalersi della perizia grafologica prodotta in giudizio a sostegno della querela di falso della firma apposta sull’avviso di ricevimento della raccomandata contenente la cartella di pagamento;

tuttavia, la C.t.r. ha espressamente escluso che il contribuente avesse presentato una rituale querela di falso incidentale, mediante dichiarazione in udienza, o che avesse dimostrato di aver proposto querela di falso in via principale al tribunale ordinario, funzionalmente ed inderogabilmente competente sulla stessa;

la C.t.r., nella specie, ha dunque compiuto una valutazione estrinseca e formale circa la mancata proposizione di una rituale querela di falso incidentale, ritenendo che non vi fosse un atto di impulso processuale del tipo ipotizzato e, di conseguenza, non ha sospeso il processo;

l’accertamento in fatto del giudice di appello non risulta oggetto di impugnazione;

in particolare la C.t.r., in conformità con l’orientamento di questa Corte (cfr. Cass. n. 1148/2019), ha ritenuto che, ai fini della sospensione del giudizio, la denuncia – querela presentanta all’autorità di pubblica sicurezza non fosse equiparabile alla querela di falso;

nè la dichiarazione contenuta nell’atto di appello e riportata in ricorso potrebbe ritenersi una rituale proposizione della querela incidentale di falso, che deve essere avanzata con dichiarazione da allegare al verbale di udienza;

infine, solo per ulteriore chiarezza, deve rilevarsi che l’eventuale interpello, invocato dal ricorrente, avrebbe dovuto essere rivolto alla parte (l’Agenzia delle entrate, che aveva interesse a dimostrare l’avvenuta rituale notifica della cartella di pagamento) che avrebbe potuto utilizzare il documento (l’avviso di ricevimento relativo alla notifica ed oggetto di contestazione in ordine alla sua falsità) in suo favore;

con il secondo motivo, il ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione dell’art. 1988 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3;

nella sentenza impugnata, la C.t.r ha rilevato “come il ricorrente (che assume di non aver ricevuto mai le cartelle in questione) in data 29/06/2011 presentava istanza di rateizzazione dell’intera posizione debitoria, ivi comprese le due cartelle nn. 108/2008 10014605/59/000 e 108/2006/00146347/000, con pieno riconoscimento, con ciò, del debito”;

secondo il ricorrente, invece, l’istanza di rateizzazione non può essere interpretata come riconoscimento del debito, attesa l’efficacia esecutiva delle cartelle di pagamento oggetto di tale istanza;

il motivo è inammissibile per carenza di interesse;

come è stato detto, “in materia tributaria, non costituisce acquiescenza, da parte del contribuente, l’aver chiesto ed ottenuto, senza alcuna riserva, la rateizzazione degli importi indicati nella cartella di pagamento, atteso che non può attribuirsi al puro e semplice riconoscimento d’essere tenuto al pagamento di un tributo, contenuto in atti della procedura di accertamento e di riscossione (denunce, adesioni, pagamenti, domande di rateizzazione o di altri benefici), l’effetto di precludere ogni contestazione in ordine all'”an debeatur”, salvo che non siano scaduti i termini di impugnazione e non possa considerarsi estinto il rapporto tributario” (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 3347 del 08/02/2017);

tuttavia, nel caso di specie, la sentenza impugnata ha ritenuto che la cartella di pagamento fosse stata ritualmente notificata e che, pertanto, il ricorso del contribuente non fosse fondato;

la considerazione che, con l’istanza di rateizzazione, il contribuente avesse riconosciuto il debito verso l’erario, non costituisce un’autonoma ratio decidendi, ma piuttosto un argomento a sostegno della decisione adottata di rigetto dell’appello del contribuente;

con il terzo motivo, il ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., comma 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3;

secondo il ricorrente, la C.t.r. avrebbe omesso di pronunciarsi sulla tematica della correttezza dell’invio telematico della comunicazione di irregolarità, con riferimento alla contestazione del procedimento di formazione della terza cartella di pagamento;

anche tale motivo è inammissibile;

ed invero, “la notifica della cartella di pagamento a seguito di controllo automatizzato è legittima anche se non preceduta dalla comunicazione del c.d. “avviso bonario” D.P.R. n. 600 del 1973, nel caso in cui non vengano riscontrate irregolarità nella dichiarazione; nè il contraddittorio endoprocedimentale è invariabilmente imposto dalla L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 5, il quale lo prevede soltanto quando sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione, situazione, quest’ultima, che non ricorre necessariamente nei casi soggetti al citato art. 36 bis, che implica un controllo di tipo documentale sui dati contabili direttamente riportati in dichiarazione, senza margini di tipo interpretativo” (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 33344 del 17/12/2019);

nel caso di specie la cartella notificata al contribuente riguardava ritardati ed omessi pagamenti, senza contenere alcun rilievo di irregolarità delle dichiarazioni presentate, per cui non era necessario il previo invio della comunicazione di irregolarità;

risulta, quindi, irrilevante la questione relativa alle modalità dell’invio (telematico) della comunicazione ai fini della validità della cartella;

per quanto fin qui detto, la Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente procedimento nei confronti delle parti costituite, secondo la liquidazione effettuata in dispositivo.

PQM

la Corte rigetta il ricorso;

condanna il ricorrente a pagare in favore dell’Agenzia delle entrate e di Equitalia Centro S.p.A. (oggi A.d.e.r.) le spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 2.300,00, a titolo di compenso per ciascuna parte, oltre alle spese prenotate a debito in favore dell’Agenzia delle entrate, nonchè oltre il 15% per spese generali, Euro 200,00 per esborsi ed accessori di legge in favore di Equitalia centro S.p.A.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 12 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 9 giugno 2021

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