Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16005 del 28/07/2020
Cassazione civile sez. VI, 28/07/2020, (ud. 04/03/2020, dep. 28/07/2020), n.16005
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –
Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –
Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –
Dott. FORTUNATO Giuseppe – rel. Consigliere –
Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15992/2019 R.G. proposto da:
M.C., rappresentata e difesa dall’avv. Giovanni Ferrati,
con domicilio in Catania, alla Via Giorza n. 3.
– ricorrente –
contro
– A.M..
-CONDOMINIO (OMISSIS), in persona dell’amministratore p.t.
– G.C..
– intimati –
avverso la sentenza n. 337/2019 della Corte d’appello di Messina,
depositata in data 4.5.2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno
4.3.2020 dal Consigliere Giuseppe Fortunato.
Fatto
FATTI DI CAUSA
Con citazione notificata in data 3.10.2008, A.M. ha evocato in giudizio G.C., esponendo di esser proprietaria di un appartamento con annesso posto auto, sito in (OMISSIS); che la convenuta, titolare di un immobile limitrofo, aveva rimosso una ringhiera e un muretto di delimitazione posti sul confine, installando un cancello pedonale per poter transitare sul posto auto dell’attrice.
Ha chiesto di dichiarare l’insussistenza di servitù sullo spazio destinato a parcheggio, con condanna della G. al ripristino dello stato dei luoghi.
La convenuta ha resistito alla domanda, instando in via riconvenzionale per l’accertamento dell’intervenuta usucapione del diritto a mantenere il cancello pedonale.
Si è costituito il Condominio, dichiarandosi estraneo ai fatti di causa. In corso di causa è intervenuta volontariamente M.C., acquirente dell’immobile della convenuta.
Esaurita la trattazione, il tribunale di Messina ha ordinato alla convenuta la rimozione del cancello di accesso pedonale ed ha dichiarato inammissibile la domanda riconvenzionale di usucapione, poichè proposta oltre il termine di cui all’art. 166 c.p.c.. L’appello di M.C. è stato dichiarato tardivo dalla Corte distrettuale di Messina, secondo cui, dalla data di deposito della sentenza (31.1.2017) alla notifica dell’impugnazione (5.9.2017), era decorso il termine semestrale di cui all’art. 327 c.p.c. (come modificato dalla L. n. 69 del 2009).
Per la cassazione della sentenza M.C. ha proposto ricorso sviluppato in un due motivi. Le altre parti sono rimaste intimate.
Su proposta del relatore, secondo cui il ricorso, in quanto manifestamente fondato, poteva esser definito ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5, il Presidente ha fissato l’adunanza in camera di consiglio.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo di ricorso censura la violazione dell’art. 327 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, esponendo che, poichè il giudizio di primo grado era stato instaurato nel 2008 e quindi anteriormente all’entrata in vigore delle modifiche al codice di rito adottate con L. n. 69 del 2009, il termine ex art. 327 c.p.c. era pari ad un anno e non a sei mesi, per cui l’impugnazione era tempestiva.
Il secondo motivo censura la violazione dell’art. 111 Cost. e dell’art. 342 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per aver la sentenza ritenuto inammissibile l’appello per difetto di specificità dei motivi di impugnazione, benchè là ricorrente avesse censurato in modo puntuale la sentenza di primo grado, indicando le parti da riformare e le ragioni in fatto e in diritto poste a fondamento del gravame.
2. Il primo motivo è fondato.
La Corte d’appello ha dato attachè il giudizio di primo grado era stato proposto in data 3.10.2008 (cfr. sentenza, pag. 5), sicchè, su tale premessa, era inapplicabile l’art. 327 c.p.c., nel testo modificato dalla L. n. 69 del 2009, che ha ridotto a sei mesi il termine lungo per proporre l’impugnazione.
Per espressa previsione della disciplina transitoria (art. 46, comma 17), le modifiche al codice di rito introdotte dalla L. n. 69 del 2009 riguardano esclusivamente i giudizi proposti in primo grado a far data dal 4.7.2009, mentre le cause già pendenti sono assoggettate alla disciplina anteriormente vigente. Come questa Corte ha già avuto modo di precisare, nai fini dell’individuazione del termine di impugnazione, annuale o semestrale, in rapporto al discrimine temporale segnato dall’inizio del giudizio prima o dopo il 4 luglio 2009, data di entrata in vigore della L. n. 69 del 2009, che all’art. 46, comma 17, ha ridotto da un anno a sei mesi il termine previsto dall’art. 327 c.p.c., deve farsi riferimento alla data di introduzione del giudizio di merito di primo grado” (Cass. 27236/2017; Cass. 6951/2019). Di conseguenza, poichè la sentenza di primo grado è stata depositata in data 31.1.2017, l’appello, proposto in data 5.9.2017, era tempestivo, non essendovi prova della notifica della sentenza impugnata, ai fini della decorrenza del termine breve ex art. 325 c.p.c..
3. Il secondo motivo è inammissibile poichè la Corte di merito, nel ritenere che “le deduzioni dell’appellante non fossero adeguatamente articolate”, ai sensi dell’art. 342 c.p.c., ha esplicitamente pronunciato solo ad abundantiam (cfr. sentenza, pag. 8).
Detta argomentazione non costituisce una ratio decidendi, non spiega alcun effetto sul dispositivo della pronuncia ed è insuscettibile di passare in giudicato, non potendo essere oggetto di ricorso per cassazione, per difetto di interesse (Cass. 8755/2018; Cass. 23635/2010; Cass. 24591/2005).
E’ perciò accolto il primo motivo di ricorso ed è dichiarato inammissibile il secondo.
La sentenza impugnata è cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio della causa ad altra sezione della Corte d’appello di Messina, anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara inammissibile il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, con rinvio della causa ad altra sezione della Corte d’appello di Messina, anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 4 marzo 2020.
Depositato in Cancelleria il 28 luglio 2020