Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16004 del 01/08/2016


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Cassazione civile sez. VI, 01/08/2016, (ud. 06/07/2016, dep. 01/08/2016), n.16004

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARIENZO Rosa – Presidente –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13660-2014 proposto da:

V.M. (VSCMRA51C66H931U), elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA DELLE ACACIE 13 presso il CENTRO CAF, presso l’avvocato

GIANCARLO DI GENIO, rappresentata e difesa dall’avvocato FELICE

AMATO giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

I.N.PS. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA

VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO,

rappresentato e difeso dagli avvocati ANTONINO SGROI, LELIO

MARITATO, EMANUELE DE ROSE, GIUSEPPE MATANO, CARLA D’ALOISIO giusta

procura speciale in calce al ricorso notificato;

– resistente con procura –

avverso la sentenza n. 1042/2012 della CORTE D’APPELLO di SALERNO del

2V11/2012, depositata i129/5/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

06/07/2016 dal Consigliere Relatore Dott. CATERINA MAROTTA;

udito l’Avvocato CARLA D’ALOISIO difensore del resistente che nulla

osserva in merito alla relazione.

Fatto

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO

1 – La Corte pronuncia in camera di consiglio ex art. 375 c.p.c., a seguito di relazione a norma dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso, condivisa dal collegio.

2 – V.M., premesso di aver lavorato alle dipendenze dell’azienda agricola ” B.G.” nell’anno 2005 per 156 gg., conveniva l’I.N.P.S. dinanzi al Giudice del lavoro di Salerno e chiedeva la reiscrizione del proprio nominativo negli elenchi dei braccianti agricoli del Comune di Eboli per tale anno. Il Tribunale accoglieva la domanda e condannava l’I.N.P.S. al pagamento in favore della ricorrente delle spese processuali che liquidava in Euro 685,00 di cui Euro 337,00 per onorario, con attribuzione. Avverso tale decisione proponevano impugnazione principale la V. (solo in punto di governo delle spese) e incidentale l’I.N.P.S. (egualmente solo in punto di governo delle spese). La Corte di appello di Salerno respingeva l’appello principale e, in accoglimento dell’appello incidentale ed in parziale riforma dalla sentenza del Tribunale, compensava per intero le spese del doppio grado di giudizio Riteneva che l’accertamento ispettivo fosse stato reso parzialmente inefficace dalle espletate testimonianze e, per quanto interessa in questa sede, che le doglianze mosse dalla V. alla quantificazione delle spese come operata dal Tribunale, basate sulla ritenuta indeterminabilità del valore della causa, fossero infondate “in considerazione della postulata ed accolta, provvidenza reiscrittiva per una sola annualità”; al contrario valutava condivisibile il rilievo dell’I.N.P.S. relativo alla sussistenza di un comportamento necessitato dell’Istituto a fronte, tra l’altro, di una condotta datoriale violativa di obblighi giuridici, come tale giustificativo di una totale compensazione delle spese del doppio grado.

Propone ricorso per cassazione V.M. affidato a due motivi. L’I.N.P.S. ha depositato procura in calce al controricorso.

Non sono state depositate memorie ex art. 380 bis c.p.c., comma 2.

Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., della L. n. 1051 del 1957, art. unico, delle tariffe approvate con D.M. n. 127 del 2004, degli artt. 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16 e 17 c.p.c. anche in combinazione con il D.M. n. 127 del 2004, art. 6. Rileva che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte territoriale, il valore della controversia era da ritenersi “indeterminabile”, atteso che con la domanda era stato richiesto il riconoscimento della sussistenza e validità di un contestato rapporto di lavoro agricolo subordinato, e che, pertanto, il relativo scaglione di riferimento avrebbe comportato l’accoglimento dell’appello principale ed una maggiore quantificazione delle spese processuali del giudizio di primo grado.

Con il secondo motivo la ricorrente denuncia la violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. e lamenta il malgoverno del regime delle spese processuali del doppio grado di giudizio, compensate dal giudice del gravame in violazione dell’ordinario regime e senza tener conto dell’andamento complessivo del giudizio.

Ragioni di ordine logico inducono ad esaminare prima il secondo motivo di ricorso che è manifestamente fondato.

Va rilevato che al procedimento si applica l’art. 92 c.p.c. nel testo vigente prima delle modifiche apportate dalla L. n. 69 del 2009. Il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado è stato infatti depositato il 2e febbraio 2009 mentre la formulazione dell’art. 92 c.p.c. come modificata dalla citata L. n. 69 del 2009 trova applicazione alle controversie introdotte in primo grado dopo l’entrata in vigore della novella e dunque dal 4 luglio 2009. L’art. 92, comma 2 nel testo introdotto dalla L. 28 dicembre 2005, n. 263, art. 2, comma 1, lett. a), dispone che “Se vi è soccombenza reciproca o concorrono altri giusti motivi, esplicitamente indicati nella motivazione, il giudice può compensare, parzialmente o per intero, le spese tra le parti”.

Nel caso in esame, in assenza di una reciproca soccombenza, si discute della sussistenza di “altri giusti motivi” di compensazione.

La Corte salernitana ha individuato tali “altri giusti motivi” (come si evince dalle ragioni esplicitate a sostegno dell’accoglimento dell’appello incidentale dell’I.N.P.S. e comunque dalla complessiva motivazione): nella notevolissima esposizione debitoria dell’azienda B.G. risultante dal verbale ispettivo e nella conseguente complessa attività di indagine dell’Istituto; – nell’inchiesta penale conseguita a carico dell’amministratore dell’azienda agricola; – nella piaga della proliferazione, nella zona del Salernitano, di rapporti di lavoro inesistenti con derivanti esborsi per l’I.N.P.S.; – nella necessità per l’Istituto di effettuare controlli.

Come è di tutta evidenza, fatta eccezione per la prima e la seconda delle suddette rationes, si tratta di considerazioni che poggiano su circostanze che rilevano in un contesto extraprocessuale, non riguardando concreti aspetti della controversia decisa.

Quanto alla evidenziata “complessità e vastità delle indagini svolte dall’Istituto”, la stessa non trova alcun riscontro negli atti di causa, puntualmente richiamati dalla ricorrente. Ed infatti il verbale ispettivo non aveva in alcun modo riguardato la posizione della ricorrente tanto che l’Istituto non aveva neppure provveduto a far escutere i propri testi a conferma dello stesso.

Anche l’indagine penale (gli atti della quale, per gli eventuali riflessi sul giudizio civile anche in termini di problematicità e complessità della ricostruzione fattuale della vicenda, avrebbero potuto teoricamente influire sulla regolamentazione delle spese processuali) non aveva assolutamente coinvolto la V. ed in ogni caso tale indagine si era conclusa con provvedimento di archiviazione. Nè si evince in che termini, anche di approfondimento istruttorio, la suddetta indagine possa aver inciso sul processo civile.

Il potere discrezionale del Giudice nel ravvisare elementi per la compensazione delle spese dei gradi di giudizio non risulta, così, nella specie, adeguatamente e logicamente motivato e non si sottrae, pertanto, alle censure svolte dalla ricorrente incentrate, inoltre, sull’esito complessivo del giudizio, nel senso della fondatezza del diritto alla reiscrizione nell’elenco nominativo dei lavoratori agricoli, negato dall’I.N.P.S. con il disconoscimento del rapporto di lavoro agricolo risultato, per converso, sussistente (si veda, in termini, la recente Cass. 11 febbraio 2016, n. 2700).

E’, poi, anche manifestamente fondato il primo motivo (evidenziandosi, al riguardo, che, al di là della pronuncia dei giudici di appello sulla compensazione delle spese di primo grado – di cui al punto che precede – il rigetto del motivo di appello principale della lavoratrice ha determinato, o comunque contribuito a determinare, quella del giudizio di secondo grado).

Nella specie si discute del diritto alla iscrizione negli elenchi dei lavoratori agricoli e non del diritto ad una prestazione. In tale ipotesi, come si desume anche da Cass. 26 febbraio 2014, n. 4590, il valore della causa è indeterminabile. Lo stesso, infatti, non è suscettibile di concreta quantificazione sulla base di elementi precostituiti e disponibili fin dall’introduzione del giudizio (cfr. Cass. 24 marzo 2004, n. 5901; Cass. 12 luglio 2005, n. 14586). Ed allora è di tutta evidenza che una liquidazione delle spese di lite come operata dal giudice di primo grado (Euro 685,00 di cui Euro 337,00 per onorario), tenuto conto delle voci indicate dal ricorrente, nel rispetto del principio di autosufficienza, con riferimento al valore della causa (voci, peraltro, già specificate nella nota spese allegata al ricorso in appello), abbia violato gli inderogabili minimi tariffari applicabili (cfr. Cass. 19 aprile 2006, n. 27804; Cass. 29 ottobre 2014, n. 22983).

Per tutto quanto sopra considerato, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata va, in parte qua, cassata con rinvio alla Corte di appello di Napoli che procederà ad un nuovo esame e provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa, in parte qua, la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Napoli.

Così deciso in Roma, il 6 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 1 agosto 2016

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