Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16001 del 28/07/2020

Cassazione civile sez. VI, 28/07/2020, (ud. 03/03/2020, dep. 28/07/2020), n.16001

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 8623/2019 R.G. proposto da:

C.A.S., in persona del legale rappresentante

p.t., nonchè G.S., S.A.,

B.M.G., rappresentate e difese dall’avv. Claudia Virgadavola,

domiciliate in Comiso, Via Pietro Micca n. 122.

– ricorrenti –

contro

LIBERO CONSORZIO COMUNALE DI (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Claudia

Salvatore Mezzasalma elettivamente domiciliata in Roma, Piazzale

Clodio 32, presso l’avv. Giancarlo Costa.

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Catania, n. 2584/2018,

depositata in data 4.12.2018.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno

4.3.2020 dal Consigliere Giuseppe Fortunato.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La C.a.S., G.S., S.A. e B.M.G. hanno proposto opposizione avverso l’ordinanza ingiunzione con cui la Provincia di (OMISSIS) (ora Libero Consorzio comunale di (OMISSIS)) ha irrogato la sanzione pecuniaria di Euro 516,46 per violazione del Reg., art. 6, lett. m), della riserva naturalistica (OMISSIS), contestando l’abusiva installazione di serre in zona B2 (pre-riserva).

Gli opponenti avevano dedotto che il luogo ove erano state installate le serre non ricadeva in zona vincolata, che l’illecito era prescritto, ai sensi della L. n. 689 del 1981, art. 28, e che illegittimamente erano state applicate tre distinte sanzioni ai singoli soci della Cooperativa.

Il tribunale ha dichiarato la prescrizione della sanzione e dei relativi accessori, ritenendo assorbite le altre censure.

Su appello della Provincia di (OMISSIS), la Corte di Catania ha riformato la decisione, respingendo l’eccezione di prescrizione e dichiarando inammissibili gli ulteriori motivi di opposizione, ritenendone tardiva la riproposizione ai sensi dell’art. 346 c.p.c., in quanto effettuata nella memoria di costituzione depositata oltre il termine di 20 giorni dall’udienza fissata nell’atto di citazione.

La cassazione della sentenza è chiesta dalla Coop. Agricola Simad e da G.S., S.A. e B.M.G., con ricorso in due motivi.

Il Libero Consorzio Comunale di (OMISSIS) ha resistito con controricorso.

Su proposta del relatore, secondo cui il ricorso, in quanto manifestamente fondato, poteva esser definito ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5, il Presidente ha fissato l’adunanza in camera di consiglio.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo censura la violazione della L. n. 689 del 1981, art. 28, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, sostenendo che l’impianto delle serre, anche ove effettuato in zona riservata, costituisce un illecito di carattere istantaneo ad effetti permanenti, con la conseguenza che la prescrizione decorre dalla realizzazione degli impianti; che, nel caso in esame, la contestazione era stata effettuata oltre la scadenza del termine di prescrizione, computato dalla data di realizzazione delle serre, per cui la sanzione doveva esser dichiarata estinta.

Il secondo motivo censura la violazione degli artt. 166,167,346,347 e 359 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per aver la sentenza dichiarato inammissibili i motivi di opposizione riproposti in appello con la memoria di costituzione depositata tardivamente, mentre tali motivi potevano essere riproposti fino alla

prima udienza.

2. Il primo motivo è infondato.

Le ricorrenti sono state sanzionate ai sensi del Regolamento della riserva naturalistica (OMISSIS), art. 6, lett. m), norma che dispone che nell’area di protezione della riserva (pre-riserva) è vietato, tra l’altro, impiantare nuove serre.

Come ha correttamente osservato il giudice di merito, la disposizione, al pari delle altre previsioni di divieto, è volta a preservare un’area di interesse naturalistico e la vegetazione ivi esistente e tale bene-interesse deve ritenersi leso non già con la sola ultimazione dell’opera, ma con la sua persistenza in loco che gli interessati sono sempre in condizione di rimuovere, potendo far cessare la relativa consumazione.

Si configura – difatti – un illecito permanente in tutti i casi in cui la durata dell’offesa è correlata – sul piano eziologico – al contestuale permanere della condotta colpevole dell’agente.

Anche in caso di lesione dei beni ambientali, occorre distinguere il momento perfezionativo della violazione – che, nella specie, coincide con l’installazione delle serre – dal momento consumativo, in cui la permanenza dipende da una situazione giuridica che, sebbene già realizzata, si protrae nel tempo per il perdurare della condotta del contravventore.

La permanenza va valutata non con riferimento alla manifestazione esteriore del danno, ma al rapporto eziologico tra il comportamento “contra ius” dell’agente, qualificato dal dolo o dalla colpa, e la lesione del bene tutelato.

Del tutto diversa è l’ipotesi dell’illecito istantaneo ad effetti permanenti, nel quale perdurano nel tempo solo le conseguenze della violazione, pur quando sia già cessata la condotta illecita. Nel caso in esame, la nozione di impianto effettuato in zona protetta non coincideva con la sua materiale realizzazione, ma con il permanere dell’opera nel tempo, quale-fatto idoneo ad integrare la lesione dell’interesse protetto dalla disciplina dei beni ambientali. Del tutto correttamente la prescrizione è stata fatta – dunque -decorrere non dalla data di realizzazione delle serre ma dalla cessazione della permanenza, coincidente con l’eliminazione dell’abuso o con la contestazione dell’illecito (Cass. 143/2007; Cass. 19781/2006).

3. Il secondo motivo è fondato.

Deve premettersi che il giudizio di primo grado è stato proposto prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 150 del 2011, conseguendone l’inapplicabilità del rito delle controversie di lavoro, introdotto dal decreto di semplificazione dei riti civili, art. 6, comma 1, per i giudizi di opposizione alle sanzioni amministrative proposti dopo il 6.11.2011.

Ciò premesso, la Corte distrettuale, dopo aver respinto l’eccezione di prescrizione sollevata in primo grado, era tenuta ad esaminare nel merito gli ulteriori motivi di opposizione riproposti nella memoria di costituzione degli appellati.

Come recentemente affermato dalle Sezioni unite di questa Corte, nel processo ordinario di cognizione, risultante dalle disposizioni della L. n. 353 del 1990, e dalle successive modifiche (applicabili – ratione temporis – anche al presente giudizio), le parti del processo di impugnazione, nel rispetto dell’auto-responsabilità e dell’affidamento processuale, sono tenute, per sottrarsi alla presunzione di rinuncia (al di fuori delle ipotesi di domande e di eccezioni esaminate e rigettate, anche implicitamente, dal primo giudice, per le quali è necessario proporre appello incidentale ex art. 343 c.p.c.), a riproporre ai sensi dell’art. 346 c.p.c., le domande e le eccezioni non accolte in primo grado, rimaste assorbite, con il primo atto difensivo e comunque non oltre la prima udienza, trattandosi di fatti rientranti già nel “thema probandum” e nel “thema decidendum” del giudizio di primo grado (Cass. s.u. 7940/2019).

Nel caso in esame, il tribunale aveva dichiarato la prescrizione delle sanzioni senza esaminare gli ulteriori motivi di opposizione e tuttavia, contrariamente a quanto affermato dalla sentenza impugnata, gli appellati avevano riproposto tempestivamente tali doglianze mediante la comparsa di costituzione, che – come ha dato atto la Corte catanese (cfr. sentenza, pag. 8) – era stata depositata in data 11.12.2012 e dunque prima dell’udienza del 14.12.2012, indicata in citazione.

E’ – pertanto – respinto il primo motivo di ricorso mentre è accolto il secondo.

La sentenza impugnata è cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio della causa ad altra sezione della Corte d’appello di Catania, anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

respinge il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa ad altra sezione della Corte d’appello di Catania, anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 4 marzo 2020.

Depositato in Cancelleria il 28 luglio 2020

 

 

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