Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1600 del 23/01/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 1600 Anno 2018
Presidente: D’ASCOLA PASQUALE
Relatore: ORILIA LORENZO

ORDINANZA
sul ricorso 4110-2017 proposto da:
SCIOSCIA (;IOVANNI, elettivamente domiciliato in ROMA VIA
CAIO MARIO 8, presso lo studio dell’avvocato LEONARDO
PALLOTTA, che lo rappresenta e difende;
– ricorrentecontro
CONDOMINIO 2 BIS ROMA VIA D RAGNINA N 1-3 ,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G A SARTORIE) 40, presso
lo studio dell’avvocato MARCO SARAZ, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente nonchè

NATALucc-i FRANcv,sco,sciosci:\ cRisTINA ;

– intimati –

Data pubblicazione: 23/01/2018

avverso la sentenza n. 4234/2016 della CORTE D’APPELLO di
ROMA, depositata il 01/07/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

26/10/2017 dal Consigliere Dott. LORENZO ORILIA;

Ric. 2017 n. 04110 sez. M2 – ud. 26-10-2017
-2-

RICORSO N. 4110/2017

RAGIONI IN FATTO E DIRITTO DELLA DECISIONE
1 Giovanni Scioscia ha proposto ricorso per cassazione contro le
sentenze 1269/2012 e 4234/2016 della Corte d’Appello di Roma (con la
prima, in accoglimento dell’appello incidentale proposto dal Condominio 2
bis di via D. Ragnina 1/3 in Roma, è stata respinta la domanda contro il
Condominio, da lui proposta unitamente a Cristina Scioscia, di

seconda pronuncia è stata rigettata la domanda di revocazione proposta
ai sensi dell’art. 395 n. 4 cpc contro la precedente sentenza 1269/2012).
A sostegno del ricorso, premettendo l’implicito accoglimento della istanza
di sospensione dei termini per impugnare (ex art. 398 cpc), deduce
quattro motivi.
Resiste con controricorso il Condominio. Le altre parti (Cristina
Scioscia e Francesco Natalucci non hanno svolto difese).
Il relatore ha formulato proposta di inammissibilità del ricorso.
Il ricorrente ha depositato memoria.
2.1 Col primo motivo (indicato sub 2 in ricorso), diretto contro la
sentenza 1269/2012, il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione
di norme di diritto ex art. 360 n. 3 cpc in relazione agli artt. 2909, 2953
cc, 116, 324 cpc nonché nullità della sentenza o del procedimento ex art.
360 n. 4 cpc in relazione agli artt. 2043 e 2056, cc, dolendosi del rigetto
della domanda di risarcimento danni.
2.2 Col secondo motivo (indicato sub 3 in ricorso) il ricorrente,
sempre dolendosi del rigetto della domanda risarcitoria di cui alla
sentenza del 2012, deduce violazione e falsa applicazione di norme di
diritto ex art. 360 n. 3 cpc, nullità della sentenza o del procedimento ex
art. 360 n. 4 cpc ed omesso esame di un fatto decisivo ex art. 360 n. 5
cpc in relazione agli artt. 1218, 1223, 1224, 1225, 1226,1227, 2043 e
2056 cc.
2.3 Col terzo motivo (in ricorso distinto col n. 4) il ricorrente
deduce violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 n. 3
cpc, ed omesso esame di un fatto decisivo ex art. 360 n. 5 cpc in

,

risarcimento danni da infiltrazioni nei locali di loro proprietà; con la

RICORSO N. 4110/2017

relazione agli artt. 115, 395 n. 4 cpc e 1218, 1223, 1224, 1225,
1226,1227, 2043 2056 e 2697 cc.
Critica sia la sentenza n. 1269/2012 per avere ritenuto non provati i
fatti posti a fondamento della domanda risarcitoria, sia la sentenza
4234/2016 per avere erroneamente rigettato la domanda di revocazione,
benché sussistesse l’errore di fatto: sostiene, sotto quest’ultimo profilo,

prodotti dagli attori in primo e secondo grado, il giudizio avrebbe avuto
un esito diverso.
2.4 Col quarto motivo (che il ricorso indica col n. 5) il ricorrente,
censurando la sentenza 1269/2012, deduce violazione e falsa
applicazione di norme di diritto ex art. 360 n. 3 cpc, nullità della sentenza
o del procedimento ex art. 360 n. 4 cpc ed omesso esame di un fatto
decisivo ex art. 360 n. 5 cpc in relazione agli artt. 2043 e 2056 cc, 91,
115 e 116 cpc.
3 II ricorso è inammissibile nella parte in cui censura la sentenza di
p

appello ed infondato nella parte in cui critica la sentenza emessa nei
giudizio di revocazione.
3.1

Partendo dall’impugnazione contro la sentenza di appello

1269/2012, osserva innanzitutto il Collegio che – contrariamente a quanto
si afferma a pag. 7 del ricorso – la Corte d’Appello di Roma aveva preso
precisa posizione sull’istanza, ex art. 398 cpc, di sospensione del termine
per impugnare la sentenza n. 1269/2012, respingendola con ordinanza
del 1-4.3.2013 e di tale provvedimento, richiamato a pag. 6 del
controricorso e peraltro agevolmente rinvenibile agli atti del processo, il
ricorso non fa menzione alcuna, ma addirittura trae conclusioni opposte
rispetto al suo contenuto.
Logica conseguenza è l’inammissibilità del ricorso per cassazione
contro la sentenza n. 1269/2012 per decorrenza del termine lungo di un
anno e 45 giorni di cui all’art. 327 cpc nella versione applicabile ratione
temporis: sentenza di appello depositata il 6.3.2012 e ricorso notificato

che se fossero state compiutamente valutate tutte le difese e i documenti

RICORSO N. 4110/2017

1’1.2.2017 (data coincidente con quella di spedizione della raccomandata
contenente l’atto).
3.2 Passando all’impugnazione della sentenza n. 4234/2016 che ha
respinto la domanda di revocazione della pronuncia 1269/2012 (di cui è
traccia nel terzo motivo di ricorso) va rilevata l’infondatezza.
Come già affermato da questa Corte, l’errore di fatto revocatorio di

giudice risultante dagli atti o documenti della causa, è configurabile nel
caso in cui il giudice supponga inesistente un documento ritualmente
prodotto ed effettivamente esistente, ma non laddove il documento, pur
prodotto in giudizio, non esista materialmente tra gli atti di causa al
momento della decisione (per smarrimento, sottrazione, distruzione o
ritiro volontario), sicchè il giudice non abbia potuto prenderlo in esame ai
fini della valutazione probatoria e della decisione della controversia. (Sez.
5, Sentenza n. 11453 del 25/05/2011 Rv. 618120).

E’ stato altresì

chiarito che se, al momento della decisione della causa, risulti la
mancanza di taluni atti da un fascicolo di parte, il giudice è tenuto a
disporne la ricerca o, eventualmente, la ricostruzione, solo se sussistano
elementi per ritenere che tale mancanza sia involontaria, ovvero dipenda
da smarrimento o sottrazione. Qualora, pur in presenza di tali elementi, il
giudice ometta di disporre la ricerca o la ricostruzione degli atti mancanti,
tale omissione può tradursi in un vizio della motivazione, ma la parte che
intenda censurare un siffatto vizio in sede di legittimità ha l’onere di
richiamare nel ricorso il contenuto dei documenti dispersi e dimostrarne la
rilevanza ai fini di una decisione diversa (Sez. 2 – , Sentenza n. 16212 del
28/06/2017 Rv. 644677; Sez. 3, Sentenza n. 18237 del 03/07/2008 Rv.
604863; Sez. 3, Sentenza n. 6521 del 16/07/1997 Rv. 506050).
Nel caso di specie, la Corte capitolina adita in sede di revocazione
ha rilevato (v. pag. 7) che l’aver il giudice di appello deciso la causa pur
in mancanza dei fascicoli di parte non è circostanza riconducibile a una
falsa percezione di quanto emerge dagli atti sottoposti al suo giudizio
“mancando, appunto, per come dedotto, gli stessi atti”.

cui all’art. 395, n. 4, cod. proc. civ., essendo un errore di percezione del

RICORSO N. 4110/2017

Come si vede, è’ stata dunque esclusa in limine la stessa ipotesi di
un errore consistente nella mancata rilevazione da parte del Giudice di un
fatto positivamente accertato e pertanto la conclusione della Corte
d’Appello è giuridicamente corretta: contro la sentenza che, a dire
dell’odierno ricorrente, avrebbe deciso l’appello in assenza dei fascicoli di
parte da lui ritualmente depositati al momento dell’iscrizione a ruolo e poi

cassazione per vizio di motivazione (da proporsi tempestivamente), ma
non certo la revocazione per errore di fatto ai sensi dell’art. 395 n. 4 cpc.
Sulla scorta di quanto esposto e considerato che il motivo per il
resto contiene apprezzamenti in ordine alla valutazione delle risultanze
processuali, il rigetto è inevitabile.
Le spese vanno poste a carico della parte soccombente.
Considerato infine che il ricorso per cassazione è stato proposto
successivamente al 30 gennaio 2013 ed è stato delibato in senso
sfavorevole al ricorrente, sussistono le condizioni per dare atto — ai sensi
dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni
per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato-Legge di
stabilità 2013), che ha aggiunto il comma 1 -quater all’art. 13 del testo
unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 — della sussistenza
dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a
titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa
impugnazione.
P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso contro la sentenza n. 1269/2012 della
Corte d’Appello di Roma e rigetta il ricorso contro la sentenza 4234/2016
della medesima Corte. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese
del giudizio di legittimità che liquida in C. 3.200 di cui C. 200,00 per
esborsi oltre spese generali nella misura del 15%.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 – quater, del D.P.R. n. 115 del 2002,
inserito dall’art.1,comma 17, della legge n. 228 del 2012, dichiara la
sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente,

mancanti senza sua colpa, il rimedio era unicamente il ricorso per

RICORSO N. 4110/2017

dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto
per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13.

Roma, 26.10.2017.

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