Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1600 del 20/01/2017


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Cassazione civile, sez. II, 20/01/2017, (ud. 21/10/2016, dep.20/01/2017),  n. 1600

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BUCCIANTE Ettore – Presidente –

Dott. MATERA Lina – Consigliere –

Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 25726-2012 proposto da:

D.C. (OMISSIS), D.A. (OMISSIS), D.V.

(OMISSIS), G.R. (OMISSIS), elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA R.R. PEREIRA 202, presso lo studio dell’avvocato FRANCO

BOFFA, che li rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

D.L., R.G., elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA LUIGI RIZZO 41, presso lo studio dell’avvocato VITTORIO

OLIVIERI, che li rappresenta e difende;

– controricorrenti –

e contro

D.U.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 3524/2012 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 03/07/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/10/2016 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE GRASSO;

udito l’Avvocato BOFFA Franco, difensore dei ricorrenti che si

riporta agli atti depositati;

udito l’Avvocato OLIVIERI Vittorio, difensore dei resistenti che si

riporta agli atti depositati;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELENTANO Carmelo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Tribunale di Roma, con la sentenza non definitiva n. 16507/2003, dispose lo scioglimento della comunione ereditaria venutasi a creare a seguito della apertura della successione di D.D., adottando il progetto divisionale del CTU.

Con sentenza depositata il 3/7/2012 la Corte d’appello di Roma, pronunciando sull’appello proposto da D.E.U. (quest’ultimo reca cognome diverso da quello dei germani per un errore di annotazione nei registri anagrafici) nei confronti di D.C., D.A., D.V. e G.R., dichiarò nulla la sentenza di primo grado e rimise le parti innanzi al Tribunale di Roma.

La Corte territoriale, disattese le eccezioni e le questioni preliminari poste dagli appellati, accolse il primo motivo d’appello di D.E.U., il quale, non avendo ricevuto la comunicazione del progetto di divisione, aveva lamentato la violazione dell’art. 789 c.p.c..

Avverso quest’ultima statuizione gli appellati propongono ricorso per cassazione, successivamente integrato con atto del 20/11/2012. D.L. resiste con controricorso. I ricorrenti hanno depositano memorie illustrative.

Fatto luogo alla discussione, il difensore dei ricorrenti ha depositato note d’udienza al fine di contrastare le conclusioni del P.G.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo i ricorrenti allegano violazione dell’art. 112 c.p.c., per essere rimasto omesso l’esame delle domande dai medesimi avanzate, con la quale avevano rivendicato: “il loro riacquisto dei beni ereditari; l’acquisto degli stessi per usucapione; la loro radicale bonifica e rifacimento; ed ancora che sia affermata la consapevole e volontaria accettazione di tali eventi e la rinuncia ai propri diritti, ad opera Di D.U.”.

Con il secondo motivo denunziano, quale questione preliminare, la carenza d’interesse di D.E.D., il quale proprio perciò si era disinteressato delle vicende giudiziarie.

Con il terzo motivo i ricorrenti lamentano l’omessa statuizione (art. 112 c.p.c.) in ordine alla istanza di sospensione del processo, ai sensi dell’art. 295 c.p.c., fino a raggiunta stabilità della prima sentenza parziale.

Con il quarto motivo viene allegata la violazione dell’art. 279 c.p.c., n. 4), commi 2 e 4 e art. 789 c.p.c. in quanto la sentenza parziale impugnata “limitandosi ad individuare i lotti, non li ha attribuiti (ad eccezione di uno di essi) ed ha rimesso in istruttoria la causa per l’estrazione a sorte delle altre porzioni della eredità e per procedere al frazionamento”. Non si era, pertanto dichiarato esecutivo il progetto, ma provveduto all’istruttoria a norma dell’art. 187 c.p.c..

Con il quinto motivo i ricorrenti denunziano vizio motivazionale su un punto controverso e decisivo costituito dall’erroneo convincimento che il Tribunale avesse dichiarato esecutiva la divisione.

Le censure possono essere scrutinate unitariamente, stante la comune eccentricità delle stesse, in relazione al decisum della sentenza fatta oggetto d’impugnazione.

Invero, come si è premesso, con la sentenza sottoposta al vaglio di legittimità venne dichiarata la nullità di quella di primo grado per vizio procedurale, consistito nell’omessa comunicazione del deposito del progetto divisionale e della udienza fissata per la pertinente discussione nei confronti di uno dei condividendi, pur se contumace. Con conseguente retrocessione del processo e restituzione al primo giudice. Per contro, le censure sopra enucleate investono profili non pertinenti.

Con il primo si assume sommariamente e piuttosto apoditticamente di avere titolo esclusivo proprietario sui beni relitti; col secondo i ricorrenti pretendono valutarsi come condotta concludente e rilevante la circostanza che D.E.D. non si era costituito in giudizio; con il terzo si dolgono della mancata sospensione del giudizio, in attesa della definitività sella sentenza parziale, oggi, raggiunta, come si trae dalla sentenza di legittimità prodotta in udienza, a non voler tener conto dei rigorosi limiti del sindacato di legittimità in materia di misure discrezionali non decisorie; con il quarto e l’ultimo motivo contestano il merito della statuizione di primo grado, ovviamente travolta dall’epilogo d’appello.

Al rigetto consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese legali, nella misura stimata congrua di cui in dispositivo, in favore del resistente.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese legali in favore del resistente, spese che liquida nella complessiva somma di Euro 5.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 21 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2017

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