Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16 del 03/01/2017

Cassazione civile, sez. II, 03/01/2017, (ud. 27/10/2016, dep.03/01/2017),  n. 16

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Presidente –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 9281-2012 proposto da:

C.R. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

LUNGOTEVERE FLAMINIO 44, presso lo studio dell’avvocato MARTA

LETTIERI, rappresentato e difeso dagli avvocati SABRINA BERTINI,

LAMBERTO ALBUZZANI;

– ricorrente –

contro

P.A. (OMISSIS), P.L. (OMISSIS), P.G.

(OMISSIS), P.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA SILVIO PELLICO 24, presso lo studio dell’avvocato CESARE

ROMANO CARELLO, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato

MASSIMO MACHERELLI;

– controricorrenti –

FARSETTIARTE SAS (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

MONTE ZEBIO 30, presso lo studio dell’avvocato GIAMMARIA CAMICI,

rappresentato e difeso dall’avvocato MARIO VITIELLO;

– controricorrente e ric. incidentale (Ndr: testo originale non

comprensibile) –

contro

P.A. (OMISSIS), P.G. (OMISSIS),

P.L. (OMISSIS), P.F. (OMISSIS), elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA SILVIO PELLICO 24, presso lo studio

dell’avvocato CESARE ROMANO CARELLO, che li rappresenta e difende

unitamente all’avvocato MASSIMO MACHERELLI;

– controricorrenti all’incidentale –

avverso la sentenza n. 1554/2011 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 29/11/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

27/10/2016 dal Consigliere Dott. SCALISI ANTONINO;

udito l’Avvocato BERTINI Sabrina, difensore del ricorrente che si

riporta alle difese in atti;

udito l’Avvocato MACHERELLI Massimo, difensore dei resistenti che si

è riportato agli scritti difensivi depositati;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO ROSARIO GIOVANNI che ha concluso per l’accoglimento del primo

motivo, in subordine del terzo motivo e per il rigetto del secondo

motivo del ricorso principale; per l’accoglimento del ricorso

incidentale nelle parti in cui aderisce ai motivi accolti nel

ricorso principale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

C.R., con atto di citazione del 3 giugno 1997, conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Prato R.P.G., chiedendo che venisse accertato il suo diritto di proprietà su un dipinto risalente al 1400 e raffigurante “Piazza della Signoria al momento del rogo del Savonarola” per averlo acquisto nel (OMISSIS) da F.F. della sas Farsettiarte. Precisa l’attore che l’anno successivo all’acquisto, il quadro gli era stato sequestrato dalla CC. di Firenze in quanto ritenuto di essere quello rubato sin dal 1989 dall’abitazione di R.P.G..

Il procedimento penale aperto nei suoi confronti per il reato di ricettazione era stato archiviato ma la R.P. si era opposta al dissequestro rivendicando al proprietà del quadro.

L’attore chiamava in garanzia la sas Farsettiarte che aveva eccepito la propria carenza di legittimazione passiva posto che il quadro era stato venduto da F.F. personalmente il quale aveva gito sulla base di mandato del proprietario B.G..

Il Tribunale di Prato, espletata la fase istruttoria anche mediante CTU, con sentenza n. 457 del 2006, accoglieva la domanda dell’attore e lo dichiarava, ai sensi dell’art. 1376 c.c., proprietario del dipinto ad olio su tela raffigurante “Piazza della Signoria al momento del rogo del Savonarola”. Condannava parte convenuta R.P.G. alla refusione delle spese. Disponeva, altresì, il dissequestro del quadro e la sua restituzione al legittimo proprietario.

La Corte di Appello di Firenze, pronunciandosi su appello proposto da G., L., F. e P.A. per diversi motivi, a contraddittorio integro, con sentenza n. 1554 del 2011 accoglieva l’appello e, in totale riforma della sentenza impugnata, rigettava la domanda del C.R., accertava che il dipinto era di proprietà della sig. R.P.G. e dei suoi eredi, ne ordinava la restituzione. Condannava l’appellato alla refusione delle spese di entrambi i gradi del giudizio. Secondo la Corte fiorentina, doveva escludersi che fosse stata raggiunta la prova dell’acquisto del dipinto dal legittimo proprietario e doveva concludersi che, anzi, dalle risultanze istruttorie emergeva proprio il contrario avendo il C. contrattato con soggetto che, certamente, non lo era e che neppure è provato che agisse effettivamente attraverso i vari passaggi per suo conto. Rilevava, ancora, la Corte distrettuale, che la prova dei requisiti di cui all’art. 1153 c.c., avrebbe dovuto essere fornita dal C. presupponendo la valutazione di elementi (buona fede) del tutto soggettivi e necessariamente riferiti alla sua persona.

La cassazione, di questa sentenza è stata chiesta da C.R. con ricorso affidato a quattro motivi. I sigg. P. ( G., L., F., A.) hanno resistito con controricorso. Con autonomo controricorso ha resistito la società Farsettiarte, proponendo a sua volta ricorso incidentale per due motivi, il primo motivo condizionato all’accoglimento del ricorso principale ed il secondo motivo adesivo al ricorso principale. In prossimità dell’udienza pubblica le parti hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

In via preliminare, il Collegio chiarisce che il ricorso principale e il ricorso condizionato adesivo proposto dalla società Farsettiarte sas vanno esaminati congiuntamente perchè propongono identiche questioni.

1.= C.R. e la società Farsettiarte lamentano:

a) con il primo motivo del ricorso principale, e con il secondo motivo del ricorso condizionato adesivo, la violazione degli artt. 158 e 352 c.p.c. (art. 360 c.p.c., n. 4). Secondo i ricorrenti, la sentenza sarebbe nulla perchè le parti avrebbero precisato le conclusioni davanti ad un collegio composto diversamente da quello che ha deciso il giudizio ed in particolare l’estensore della sentenza non risulterebbe componente del Collegio al momento della precisazione delle conclusioni.

b) con il secondo motivo, e il primo del ricorso incidentale, la violazione falsa applicazione dell’art. 110 c.p.c. e art. 2697 c.c. (art. 360 c.p.c., n. 3) Violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5). Secondo i ricorrenti, la Corte di Appello avrebbe, erroneamente, ritenuto che la prova della legittimatio ad causam dei sigg. P. potesse essere tratta da un asserito e non provato riconoscimento della loro qualità di eredi in un atto di precetto per il pagamento delle somme liquidate dal giudice di primo grado, non tenendo conto che incombe a chi succede nel rapporto controverso, ai sensi dell’art. 1697 c.c. sia il decesso della parte originaria, sia la qualità di erede.

La società Fasettiarte aggiunge, altresì, che l’eccezione era stata avanzata dalla stessa (appalta) che a differenza del sig. C. non aveva notificato alcun atto di precetto.

c) Con il terzo motivo del ricorso principale e il quarto motivo del ricorso incidentale condizionato adesivo, la violazione e falsa applicazione degli artt. 99 e 112 c.p.c., in relazione agli artt. 1153 e 1376 (art. 360 c.p.c., n. 3). Violazione dell’art. 163 c.p.c., n. 4 e dell’art. 346 c.p.c.. Violazione dell’art. 1147 c.c.. Secondo i ricorrenti, la Corte di Appello avrebbe errato nell’escludere che C. avesse acquistato il quadro ai sensi dell’art. 1376 c.c., che i fatti integrassero la fattispecie di cui all’art. 1153 c.c., perchè l’esclusione dell’applicabilità dell’art. 1376 c.c., deriverebbe da una errata ricognizione della fattispecie astratta in quanto l’acquisto in parola postulava unicamente il trasferimento della proprietà per effetto del consenso delle parti legittimamente manifestato. Mentre l’esclusione dell’applicabilità dell’art. 1153 c.c., non terrebbe conto che nel caso ricorrevano tutti gli elementi della fattispecie. In particolare, poi, la Corte distrettuale avrebbe errato, sempre secondo il ricorrente, nel ritener che non potesse esaminare la fattispecie sotto il profilo dell’acquisto ex art. 1153 c.c., in quanto tesi non riproposta non essendo la deduzione del titolo che costituisce la fonte dell’acquisto elemento costitutivo della causa petendi, e senza tener conto dell’art. 1147 c.c., che invece doveva costituire al norma secondo al quale apprezzare le prove.

d) Con il quarto motivo del ricorso principale e il terzo motivo del ricorso incidentale condizionato adesivo, l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione (art. 360 c.p.c., n. 5). Secondo i ricorrenti, la Corte distrettuale non avrebbe esaminato tutti gli elementi probatori raccolti nel giudizio di primo grado, relativi al fatto dell’acquisto. In particolare, non avrebbe tenuto conto: A) che dai riscontri documentali risultava che il C. avesse acquistato da F.F. il dipinto oggetto della controversia per il prezzo di Lire 140.000.000, oltre il ricavato dei quadri moderni e che il F.F. aveva acquistato il dipinto da B.. B) che il sig. F.F. è divenuto proprietario del dipinto nel momento in cui ha versato il prezzo pattuito di Lire 200.000.000. C) Per altro, il giudizio della Corte ha avuto ad oggetto elementi che sarebbe degli indizi, piuttosto che prove, tali i risultati delle indagini preliminari svolte a carico del sig. C. il cui esito è stato l’archiviazione dell’azione penale.

D) la motivazione è anche contraddittoria, laddove afferma da un lato che il C. non ha acquistato il dipinto dal legittimo proprietario e, dall’altro, afferma la sussistenza di elementi propri dell’acquisto. E) da un verso la Corte dichiarerebbe di non potere esaminare l’ipotesi di un acquisto in buona fede per una presunta rinuncia del C., epperò illustrerebbe le ragioni del rigetto della domanda dell’attore in primo grado, con argomentazioni fondate esclusivamente sull’obbligo dello stesso ad una maggiore attenzione all’interruzione della catena di passaggi. F) La Corte avrebbe valutato in modo superficiale le ricevute del F. e del B. e avrebbe taciuto in rodine alle prove testimoniali di Bo., S. e B.. E) Insufficiente, infine, sarebbe la motivazione circa l’appartenenza del dipinto alla R.P. del dipinto sequestrato in casa del C., senza tener conto che il dipinto di cui si dice non corrisponderebbe esattamente al dipinto indicato dalla R..

2.1. = Il primo motivo è infondato. Come emerge dal verbale del 26 maggio 2011 la Dott. Fo., estensore della sentenza, risulta presente al momento delle precisazioni delle conclusioni e nominata dal Presidente del Collegio, relatore della causa, e tale verbale non risulta sia stato impugnato con querela di falso. Al verbale di udienza, sia essa pubblica o camerale, deve attribuirsi fede privilegiata, fino a querela di falso, sia della provenienza dal cancelliere che lo redige e degli atti da questi compiuti, sia dei fatti che egli attesta essere avvenuti in sua presenza, per cui, in difetto della descritta querela e di una sentenza che accerti la non veridicità del verbale, trova applicazione il principio generale di cui all’art. 76 c.p.c., comma 2, per il quale le ordinanze pronunciate in udienza si ritengono conosciute dalle parti presenti e da quelle che dovevano comparirvi (Cass. 12 gennaio 2009, n. 440).

2.2. = Anche il secondo motivo è infondato.

La successione nel processo, ai sensi dell’art. 110 c.p.c., di altro soggetto alla parte originaria è un fatto costitutivo del diritto ad impugnare la sentenza, che deve essere provato ai sensi dell’art. 2697 c.c., dalla parte che lo esercita. Pertanto, il soggetto che proponga appello – non diversamente da chi proponga ricorso per Cassazione (cfr., al riguardo, Sez. Un., 25 maggio 2001, n. 226, punto n. 2 dei Motivi della decisione) – nell’asserita qualità di erede di colui che ha partecipato al precedente grado del giudizio deve allegare la propria legitimatio ad causam per essere subentrato nella medesima posizione del proprio autore e fornirne, quindi, tramite le opportune produzioni documentali, la necessaria dimostrazione, provando sia il decesso della parte originaria, sia l’asserita qualità di erede della stessa, costituenti i presupposti di legittimazione alla successione nel processo ex art. 110 c.p.c. e, quindi, alla detta proposizione dell’impugnazione in proprio nome, pur essendo stata l’azione originariamente proposta o subita da altro soggetto ed essendo stata l’impugnata sentenza emessa nei confronti di quest’ultimo; ond’è che, in difetto di prova siffatta, resta indimostrato uno dei fatti costitutivi del diritto ad impugnare, dimostrazione il cui onere incombe ex art. 2697 c.c., sulla parte che tale diritto esercita.

Tuttavia, come ha già rilevato questa Corte con le sentenze n. 6649 del 2003 e n. 379 del 2005, nonostante la mancanza di controversia sulla specifica circostanza, si è al di fuori del dominio esclusivo dell’autonomia delle parti ed è pur sempre necessario un controllo probatorio, ai fini del quale il comportamento tenuto dalle parti può essere utilizzato dal giudice come argomento di prova ex art. 116 c.p.c., comma 2. Elemento probatorio può anche trarsi dal fatto che l’altra parte consideri espressamente il fatto come verificato e che quindi la qualità di erede sia riconosciuta dagli interessati, ovvero dal fatto che l’altra parte imposti una linea difensiva incompatibile con la mancanza della qualità di erede nella controparte, secondo i principi che individuano il fatto pacifico e la non necessità di prova dello stesso.

Ora, nella specie, come ha anche evidenziato la Corte distrettuale nell’atto di precetto per il pagamento delle spese relative al primo grado dello stesso giudizio, la stessa difesa del sig. C. ha, non solo, indicato la condanna della signora R. a pagare le spese del giudizio liquidate in favore di C.R. ma ha anche dichiarato che la signora R.G. era deceduta e che gli eredi erano i sgg. P. ( A., F., G., L.). Pertanto, lo stesso sig. C. nel corso dello stesso giudizio (dovendo considerare l’atto di precetto di cui si dice parte dello stesso giudizio) ha riconosciuto la qualità di eredi degli appellanti, sollevando, pertanto, i sigg. P., anche rispetto alla Farsettiarte, dalla dimostrazione che fossero eredi e legittimati a proporre appello avverso la sentenza emessa nei confronti del loro de cuius sig.ra R..

2.3. = Infondato è, anche, il terzo motivo, e, essenzialmente, perchè non coglie l’effettiva ratio decidendi della sentenza impugnata. Come correttamente ha evidenziato la Corte distrettuale, il C. non aveva provato di aver acquistato il dipinto dal legittimo proprietario ed anzi dalle risultanze istruttorie emergeva proprio il contrario. Appare del tutto evidente, perciò, che la Corte distrettuale ha correttamente applicato il principio del nostro sistema normativo secondo il quale il trasferimento della proprietà avviene per lo scambio dei consensi ex art. 1376 c.c., ma perchè l’acquirente possa ritenersi proprietario è necessario che il trasferimento sia stato effettuato dal legittimo proprietario, ovvero, l’acquirente diventa proprietario del bene compravenduto se ha acquistato dal proprietario e a ritroso fino ad un acquisto a titolo originario. Nel caso in esame, come chiarisce la Corte distrettuale il C. ha dichiarato di aver acquistato il dipinto da Farsettiarte sas o da F.F., quest’ultimo risulta documentalmente che non fosse, affatto, proprietario, ma solo incaricato, della vendita, da tale B.G., il quale dagli atti penali, risulterebbe non essere, neppure, il proprietario, ma, in realtà intermediario di tale D.S.F. e che, addirittura, neppure, quest’ultimo era proprietario del dipinto che aveva ritenuto appartenesse a tale Pe.Gi. e a questo punto la catena dei passaggi si interrompe. Pertanto, come ha avuto modo di specificare, ancora, la Corte distrettuale il C. avrebbe contrattato con soggetto che certamente non era il proprietario e che neppure era provato che agisse per conto del legittimo proprietario.

2.3. a) la Corte distrettuale, sotto altro aspetto. ha rilevato che il C. non aveva chiesto di provare di aver acquistato la proprietà del quadro ex art. 1153 c.c.. D’altra parte, il fatto che la questione riguardava l’acquisto di diritti autodeterminati, non comportava il superamento dell’accertamento di merito. E, nel caso in esame, la Corte ha escluso che si fosse in presenza di un acquisto in buona fede tale da trasformare il possesso in acquisto della proprietà. Come ha avuto modo di chiarire la Corte distrettuale “(…) la prova dei requisiti di cui alla norma spetta al possessore presupponendo la valutazione di elementi (buona fede) del tutto soggettivi e necessariamente riferiti specificamente alla sua persona, che non possono desumersi da affermazioni di terzi (…) in ogni caso va evidenziato che l’exspertise di G.M. che accompagnava il quadro poteva garantire il pregio e l’autenticità del dipinto, non certo la sua provenienza e quindi, una maggiore attenzione da parte dell’acquirente nell’accertamento della provenienza del dipinto sarebbe stata doverosa considerato che non si trattava di soggetto sprovveduto o del tutto estraneo al mercato degli oggetti d’arte (…)”.

2.4. = Infondato è, infine, anche il quarto motivo ed essenzialmente perchè si risolve nella richiesta di una nuova diversa valutazione dei dati processuali non proponibile nel giudizio di cassazione se, come nel caso in esame la valutazione effettuata dalla Corte distrettuale non presenta vizi logici o giuridici. In particolare: a) ampia ed esaustiva è la motivazione relativa all’esclusione dell’acquisto del dipinto da parte del C. posto che, per quanto si è già detto, la Corte distrettuale ha escluso l’acquisto, di cui si dice, perchè non era stato dimostrato che il quadro fosse stato acquistato da legittimo proprietario o da persona che agiva per conto del legittimo proprietario nè ricorreva un’ipotesi di acquisto ai sensi dell’art. 1153 c.c., non essendo stata dimostrata la sussistenza della buona fede; b) la sentenza impugnata è corretta e puntuale anche laddove afferma, dopo aver esaminato e valutato con cura i dati processuali, che “(…) tutti gli elementi (esaminati) indicono a concludere che il dipinto sequestrato sia quello rubato in casa R. (…)”.

In definitiva, vanno rigettati entrambi i rincorsi principale e incidentale e, i ricorrenti ( C. e Farsettiarte) a rimborsare i sigg. P. delle spese del presente giudizio di cassazione che vengono liquidate con il dispositivo.

PQM

La Corte rigetta i ricorsi principale e incidentale, condanna i ricorrenti ( C. e Farsettiarte) al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 4.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori, come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione Civile della Corte di cassazione, il 27 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 3 gennaio 2017

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