Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15998 del 28/07/2020

Cassazione civile sez. VI, 28/07/2020, (ud. 04/03/2020, dep. 28/07/2020), n.15998

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4945-2019 proposto da:

CO.GI.R. SRL, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEL BANCO DI

SANTO SPIRITO 42, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO CASILLI,

che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

CONDOMINIO (OMISSIS), rappresentato e di difeso dall’avvocato MARIA

GRAZIA IOVINO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1170/2018 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 30/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

04/03/2020 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

La CO.G.IR. s.r.l. propone ricorso articolato in due motivi avverso la sentenza n. 1170/2018 pronunciata il 30 novembre 2018 dalla Corte d’Appello di Lecce.

Il Condominio (OMISSIS) di (OMISSIS), resiste con controricorso.

Con ricorso ex art. 702 bis c.p.c., del 17 marzo 2014, il Condominio (OMISSIS) di (OMISSIS), domandò la condanna dell’impresa appaltatrice CO.G.IR. s.r.l. al pagamento della somma di Euro 350.000,00, pari ai costi determinati in sede di accertamento tecnico preventivo per eliminare i vizi e le difformità delle opere edili realizzate dalla convenuta. La CO.G.IR. s.r.l. eccepì, tra l’altro, l’inammissibilità del ricorso al procedimento sommario ex art. 702 bis c.p.c., chiese disporsi nuova CTU per l’erroneità della espletato ATP, rilevò la decadenza e la prescrizione dell’azione di cui all’art. 1669 bis c.p.c., e la carenza di mandato dell’amministratore condominiale. L’adito Tribunale di Lecce, con ordinanza del 17 dicembre 2014, condannò la CO.G.IR. s.r.l. al pagamento della somma di Euro 350.000,00, oltre rivalutazione monetaria.

Propose gravame la CO.G.IR. s.r.l., e la Corte d’appello di Lecce, con sentenza n. 1170/2018 del 30 novembre 2018, dichiarò inammissibile il gravame. Ad avviso della Corte di Lecce, pur essendo fondato il primo motivo di appello, quanto all’esclusione di una decadenza della convenuta nella formulazione della deduzione di rinnovo della consulenza tecnica, si rivelava non di meno inammissibile, perchè generica, la seconda censura, non avendo l’appellante precisato l’assunta ultrapetizione delle conclusioni peritali in ordine al costo delle opere di ripristino domandate ai sensi dell’art. 1669 c.c.. L’appellante non avrebbe, in particolare, dimostrato “la fondatezza delle singole censure mosse”, come imposto dall’art. 342 c.p.c., specificando i punti ritenuti erronei della consulenza preventiva, alla luce delle risposte fornite dall’ausiliare nella relazione di chiarimenti del 6 novembre 2013; nè per i giudici di secondo grado poteva ravvisarsi il “vizio di ultra petizione in cui sarebbe incorso il C.T.U.”, quanto alla differenza tra la somma portata dal perizia di parte prodotta in sede di istruzione preventiva e la somma stimata dall’ausiliare. La sentenza della Corte di Lecce concludeva nel senso che “le altre questioni richiamate dall’appellante nei propri atti difensivi” non avevano comunque “formato oggetto di specifica impugnazione”.

Il primo motivo di ricorso della CO.G.IR. s.r.l. denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 342 c.p.c., l’anomalia ed incoerenza motivazionale della pronuncia impugnata e l’omesso esame circa un fatto, trascrivendo le censure mosse nel proprio atto di appello all’ordinanza del Tribunale con riguardo tanto all’inammissibilità del ricorso ex art. 702 bis c.p.c., quanto alla decadenza e prescrizione dall’azione di cui all’art. 1669 bis c.c., alla carenza del mandato, all’inesistenza del credito, alle questioni sul certificato di agibilità, all’erroneità della relazione di istruzione tecnica preventiva ed alla mancanza di responsabilità dell’appaltatrice. Si assume anche che, avendo la Corte di Lecce ritenuto fondato “sotto il profilo processuale”, il primo motivo di appello circa la insussistenza della preclusione istruttoria alla stregua del principio enunciato da Cass. Sez. 2, 18/12/2015, n. 25547, i giudici avrebbero dovuto “entrare nel merito della vicenda”.

Il secondo motivo di ricorso della CO.G.IR. s.r.l. denuncia la violazione degli artt. 1490,1495,2936 c.c., art. 1117 quater c.c., art. 1120 c.c., comma 2, art. 1122 ter c.c., art. 1135 c.c., comma 3, nonchè ancora l’anomalia ed incoerenza motivazionale della decisione impugnata e l’omesso esame circa un fatto, non avendo la Corte di Lecce esaminato le altre questioni richiamate dall’appellante in relazione ai proprio pregressi atti difensivi.

Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere dichiarato manifestamente fondato, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380-bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5), il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.

I. E’ da rigettare l’eccezione di inammissibilità avanzata dal controricorrente, atteso che, avendo la Corte d’appello dichiarato inammissibile il gravame, non si verte comunque in ipotesi di cd. doppia conforme quanto all’accertamento dei fatti, preclusivo del ricorso per cassazione ai sensi del novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, giusta l’art. 348 c.p.c., u.c..

I due motivi di ricorso, da esaminare congiuntamente per la loro connessione, si rivelando fondati nei termini di seguito indicati.

La sentenza impugnata reca una statuizione di inammissibilità dell’appello per genericità dei motivi, e ciò alla stregua del dispositivo, pure integrato con la motivazione, in tal senso delineandosi l’effettiva volontà della Corte di Lecce.

Avendo il giudice d’appello dichiarato inammissibile il gravame per difetto di specificità dei motivi, non assumono rilievo le ulteriori argomentazioni contenute in sentenza che deporrebbero comunque per l’infondatezza nel merito dell’impugnazione (cfr. Cass. Sez. 2, 20/08/2019, n. 21514). Come insegnato da Cass. Sez. U, 20/02/2007, n. 3840, il giudice che adotti una statuizione di inammissibilità si spoglia della “potestas iudicandi” in relazione al merito della controversia, sicchè se poi vengano impropriamente inserite nella sentenza argomentazioni sulla concreta fondatezza della pretesa, la parte soccombente non ha l’onere nè l’interesse ad impugnare.

Ora, secondo quanto chiarito da Cass. Sez. U, 16/11/2017, n. 27199, gli artt. 342 e 434 c.p.c., nel testo formulato dal D.L. n. 83 del 2012, conv. con modif. dalla L. n. 134 del 2012, vanno interpretati nel senso che l’impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, senza che occorra l’utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, tenuto conto della permanente natura di “revisio prioris instantiae” del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata.

In tal senso, è da evidenziare come l’atto di appello proposto dalla CO.G.IR. s.r.l. (ferma l’incompatibilità con l’onere di specificazione imposto dall’art. 342 c.p.c., del mero richiamo per relationem ai propri precedenti scritti difensivi), non si limitava a chiedere, senza indicare alcuna ragione di doglianza, che, in riforma dell’appellata ordinanza, venisse disposta nuova consulenza tecnica per l’accertamento dei vizi delle opere oggetto di appalto, contenendo esso le ragioni di critica alla valutazione della consulenza preventiva e formulando la richiesta di rinnovazione proprio sul presupposto della contestazione delle valutazioni tecniche fatte proprie dal giudice di primo grado. Il giudice d’appello, pertanto, avrebbe dovuto ritenere ammissibile il gravame e rispondere nel merito alle censure tecnico-valutative mosse dall’appellante avverso le considerazioni di ugual natura contenute nella ordinanza impugnata, potendo certamente poi disattendere nel merito la richiesta di rinnovazione della consulenza formulata dall’appellante qualora avesse reputato ormai acquisiti, in base alle risultanze probatorie, adeguati ed esaurienti elementi di convincimento.

Il ricorso va perciò accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Lecce, la quale procederà ad esaminare nuovamente l’appello proposto dalla CO.G.IR. s.r.l. uniformandosi ai richiamati principi e tenendo conto dei rilievi svolti, provvedendo anche sulle spese del giudizio di cassazione.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, ad altra sezione della Corte d’Appello di Lecce.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 6 – 2 Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 4 marzo 2020.

Depositato in Cancelleria il 28 luglio 2020

 

 

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