Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15996 del 07/07/2010

Cassazione civile sez. III, 07/07/2010, (ud. 12/04/2010, dep. 07/07/2010), n.15996

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VARRONE Michele – Presidente –

Dott. FEDERICO Giovanni – Consigliere –

Dott. TALEVI Alberto – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. AMBROSIO Annamaria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

ENTE OPERE PIE RIUNITE E CRISCIONE LUPES C. BOSCARINO &

F.C.

MOLTISANTI (OMISSIS) in persona del suo Commissario Straordinario

pro tempore, Dott. L.B.N., elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA GAETANO FILANGIERI 4, presso lo studio dell’avvocato VETERE

ANNA MARIA, rappresentato e difeso dagli avvocati SCHININA’

GIAMBATTISTA con studio in 97100 RAGUSA, VIA V.E. ORLANDO 5, SALA

ANGELO giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

SPATA GIORGIA & C SAS (OMISSIS) in persona del socio

accomandatario e amministratore pro tempore Sig.ra S.G.,

da considerare domiciliata in Roma presso la CANCELLERIA DELLA CORTE

DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati DISTEFANO

CARMELO con studio in RAGUSA, VIA ROMA 700, DISTEFANO GIOVANNI giusta

delega a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 642/2007 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

SEZIONE SECONDA CIVILE, emessa il 11/6/2007, depositata il

13/07/2007, R.G.N. 290/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/04/2010 dal Consigliere Dott. TALEVI Alberto;

udito il P.M. in persona dell’Avvocato Generale Dott. FEDELI Massimo

che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Nell’impugnata decisione lo svolgimento del processo e’ esposto come segue.

“Con ricorso depositalo presso il Tribunale di Ragusa il 25.7.2005 l’Ente Opere pie riunite E. Criscione Lupis e Asilo Boscarino e Famiglie esponeva di aver concesso in locazione a Spata Giorgia & C. S.a.s., con contratto del (OMISSIS), un terreno di mq. 1153 per essere adibito a stazione di servizio per la distribuzione di carburanti. Le parti avevano previsto in contratto che nel caso il locatore avesse ottenuto la gia’ richiesta concessione edilizia la conduttrice avrebbe, a richiesta, rilasciato il fondo nel termine di giorni 90. Con raccomandata del 5.5.1999 l’Ente aveva in effetti comunicato l’avvenuto rilascio – in data 10/2/1999 – della concessione e richiesto il rilascio del fondo. Insorta controversia, il Tribunale di Ragusa, con sentenza n. 113 del 2003, confermata dalla Corte d’Appello di Catania (passata in giudicato) aveva dichiarato la nullita’ della pattuizione in questione L. n. 392 del 1978, ex artt. 27 e 29 individuando altresi’ quale data di prima scadenza del contratto il 18.1.2003. La Corte aveva altresi’ dichiarato inammissibile, perche’ proposta per la prima volta in appello, la domanda dall’Ente svolta alfine di ottenere il rilascio del fondo per diniego di rinnovazione a tale prima scadenza.

Cio’ premesso, il ricorrente, ribadendo che la prima scadenza del contratto si era gia’ verificata il predetto 18.1.2003, chiedeva che – ritenuta la disdetta gia’ inviata il 5.5.1999 idonea a determinare la cessazione del contratto a prima scadenza in base alla L. n. 392 del 1978, art. 29, lett. b) e c) – il Tribunale adito dichiarasse cessato il contralto alla data del IH. 2003 condannando la societa’ conduttrice a rilascio del fondo, dando altresi’ atto del rifiuto da parte di questa dell’indennita’ di avviamento, nonche’ al risarcimento dei danni dall’Ente subiti per il ritardo.

Si costituiva la societa’ convenuta che contestava diffusamente la domanda chiedendone il rigetto.

Con sentenza n. 27/07 del 15 – 18 12007 l’adito Tribunale rigettava la domanda attorea nonche’ quella ex art. 96 c.p.c. proposta dalla convenuta e condannava l’Ente alle spese del grado.

Avverso la sentenza, notificata il 29/2007, ha interposto appello l’Ente Opere Pie con ricorso depositato il 28/2 successivo chiedendone la riforma inforza di tre motivi e concludendo per l’accoglimento delle domande.

Si e’ costituta Spetta Giorgia & c. S.a.s. chiedendo la conferma dell’impugnata sentenza.

Sulle conclusioni in atti rassegnate col richiamo di quelle adottate nei rispettivi atti, la causa e’ stata posta in decisione all’udienza dell’11/6/2007 e della sentenza e’ stata data lettura immediata”.

Con sentenza 11.6 – 13.7.07 la Corte di Appello di Catania decideva come segue “…definitivamente decidendo, rigetta l’appello proposto da Ente Opere Pie Riunite di Criscione Lupis e Asilo Boscarino e famiglie avverso la sentenza n. 27/07 emessa il 15 – 18.1.2007 dal tribunale di Ragusa e nei confronti di Spala Giorgia & c. S.a.s. e conferma l’impugnata sentenza.

Condanna l’appellante a rifondere all’appellata le spese del grado che liquida in Euro 2.000,00 di cui Euro 500,00 per diritti ed Euro 1.500,00 per onorari di avvocato, IVA, CPAA e spese generali come per legge.

Contro questa decisione ha proposto ricorso per cassazione l’Ente Opere Pie Riunite “E. Criscione Lupis C Boscarino e F.C. Moltisanti”, esponendo nove motivi (v. quanto sara’ esposto sul punto).

Ha resistito con controricorso la “Spata Giorgia C. sas”.

L’Ente Opere Pie Riunite “E. Criscione Lupis C. Boscarino e F.C. Moltisanti” ha depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

I primi cinque motivi vanno esaminati insieme in quanto connessi.

Con il primo motivo l’Ente Opere Pie Riunite “E. Criscione Lupis C. Boscarino e F.C. Moltisanti” lamenta “Violazione e falsa applicazione artt. 1324, 1362, 1363 e 1367 c.c.; L. 28 luglio 1992, n. 378, art. 29, commi 1, 3 e 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 esponendo doglianze da riassumere come segue. La Corte di Catania e’ incorsa in violazione dei criteri dettati dalle norme in rubrica, per avere interpretato la nota prot. 218/1999, del 5.5.1999, valutando le singole espressioni in essa contenute singolarmente e non nel loro insieme (tenendo conto del rapporto logico giuridico che lega), ed inoltre senza indagarne il rapporto con l’art. 3 di contratto. Detta interpretazione, oltre a violare i criteri ermeneutici dettati dell’art. 1362 c.c. e segg., estensibili in forza dell’art. 1324 c.c., anche agli atti unilaterali, viola inoltre, il principio sancito dall’art. 1367 c.c. Una lettura organica della citata nota 218/1999 e delle successive altre, come del ricorso introduttivo del precedente giudizio tra le parti, in relazione al cit. art. 3 di contratto, nel rispetto dei criteri normativi prima detti, avrebbe consentito al decidente di individuare la volonta’ del locatore, in detti scritti esternata, intesa a riottenere, a prescindere dalla validita’ o meno della clausola contrattuale invocata, la disponibilita’ dell’area per realizzarvi il previsto intervento edificatorio; elementi, questi, che integrano i presupposti tutti ai quali la L. n. 392 del 1978, art. 29, comma 1, lett. c) e commi 3 e 4, seppure non espressamente richiamato nei sopradetti atti, subordina la cessazione del rapporto alla sua prima scadenza contrattuale. A nulla puo’ rilevare che nei cennati scritti non siano stati richiamati gli estremi della concessione edilizia e non siano stati specificate la natura e consistenza dell’intervento edificatorio, atteso che la L. n. 392 del 1978, art. 29 non richiede affatto che il locatore nel comunicare il diniego di rinnovazione debba specificare detti elementi.

Quesito – Se, nella interprelazione dell’atto unilaterale (1324 c.c.), alla pari di quanto non sia previsto per la interpretazione dei contratti, il Giudice, debba attenersi ai criteri dettati all’art. 1362 c.c. e segg., tenendo conto della portata dell’atto nel suo insieme, le diverse sue espressioni interpretando l’una con l’altra (art. 1363 c.c.), tenuto conto, altresi’, del comportamento tenuto dal suo autore prima e dopo la resa dichiarazione (1362 c.c., in modo da ricercare, cosi’ procedendo, il compiuto senso della fatta comunicazione e della volonta’, con la stessa, manifestata e se mai, dubbio avesse a residuare, lo stesso, a norma dell’art. 1367 c.c. interpretando nel senso che possa avere un qualche effetto, anziche’ in quello in cui non avrebbe alcuno e se, pertanto, la Corte di Catania, sia incorsa in violazione delle richiamate norme, per avere interpretato la nota 218 1999 del 05.05.1999, isolandone le singole sue espressioni, in ciascuna delle stesse, ricercando i contenuti del diniego di rinnovazione ed il motivo di siffatto diniego, disconoscendone la stretta connessione e con l’art. 3 del contratto di locazione nella stessa richiamato, con il quale le parti avevano convenuto il rilascio della predetta area, allorche’ fosse stata rilasciata la concessione edilizia gia’ richiesta e con le noie del locatore che ebbero a seguire e con il ricorso dello stesso introduttivo dell’altro precedente giudizio con il quale e sugli stessi presupposti, si era dato avvio alla azione giudiziaria al fine di ottenere e, per i visti scopi, il rilascio dell’area locata e se, nel negare al cennato atto, una qualsivoglia rilevanza nella economia del rapporto locatizio, per risolversi, detta nota, come le successive altre, secondo la censurata interpretazione, nella mera comunicazione di un fatto storico la Corte di Catania sia incorsa in violazione dell’art. 1367 c.c..

Con il secondo motivo la parte ricorrente denuncia “Violazione e falsa applicazione artt. 1324, 1424, 1596 e 1597 c.c., L. 27 luglio 1978, n. 392, artt. 28 e 29 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3” esponendo che la nota 218/1999, se non pote’ valere a determinare la cessazione del rapporto per la scadenza contrattualmente prevista, per la nullita’ della relativa clausola (ancora sub indice), ebbe a produrre, comunque, appieno, tutti i suoi effetti, per la scadenza successiva, di L. 18 gennaio 2003 (artt. 1324, 1424, 1596 c.c.), impedendo la rinnovazione del rapporto (art. 1597 c.c., L. n. 392 del 1978, art. 28).

Quesito – Se la volonta’ espressa dal locatore intesa a riottenere la disponibilita’ dell’immobile e di ritenere cessato il rapporto locativo alla data di scadenza contrattualmente convenuta, se non idonea a far ritenere cessalo il rapporto loca tizio per la data contrattuale, per la nullita’ della relativa clausola, vale comunque ad impedire la rinnovazione del contratto alla diversa, altra, data, normativamente prevista e se, di conseguenza, sia incorso in violazione delle norme in rubrica, il giudice dell’appello che, negata la idoneita’ della disdetta, intimata dall’ente locatore con la nota 218.1999, ribadita nelle successive note n. 3 – 11 1999 e n. 515 1999 e nel ricorso introduttivo del precedente giudizio per la scadenza contrattuale, una volta dichiarala nulla la clausola contrattuale che della scadenza ebbe a prevedere, abbia negato che la stessa potesse produrre effetti per la successiva scadenza di legge;

Con il terzo motivo la parte ricorrente denuncia “Violazione e falsa applicazione della L. n. 392 del 1978, art. 29 sotto altro profilo, Violazione e falsa applicazione artt. 115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 esponendo censure da riassumere come segue.

A) La Corte del merito ha escluso che la nota 218/1999 potesse valere quale idonea comunicazione per gli effetti previsti dalla L. n. 392 del 1978, art. 29, comma 1, lett. c, per non essersi specificata la natura e consistenza dell’intervento edificatorio. La Corte, cosi’ decidendo, e’ incorsa in violazione della L. n. 392 del 1978, art. 29, comma 1, lett. c, che non fa carico al locatore di specificare la portata del previsto intervento e, tanto meno, di portare a conoscenza del conduttore gli atti progettuali (dei quali, peraltro, l’interessato puo’ prendere visione presso i competenti uffici comunali), un siffatto onere, potendosi, semmai, configurare una volta che il locatore abbia a dare corso all’azione di rilascio.

Comunque dei contenuti dell’intervento edificatorio, hanno avuto piena contezza sia la conduttrice che il giudice, essendo state prodotte sia la concessione edilizia (OMISSIS) che la concessione edilizia n. (OMISSIS); e detti contenuti sono, inoltre, descritti nella relazione tecnica giurata a firma dell’Ing. C.G., prodotta con i ricorso introduttivo del giudizio, mentre dei contenuti del previsto intervento la conduttrice aveva avuto, inoltre, piena contezza, per esserle stato notificato il ricorso introduttivo del precedente giudizio, nel quale era descritta la realizzanda opera. Peraltro, trattandosi di intervento di nuova edificazione da attuare su un’ area nuda, destinata ad impianti di carburanti, in nessun caso compatibili con le realizzande opere, non puo’ configurarsi un interesse della conduttrice a conoscere la effettiva natura e consistenza dell’intervento al fine di vagliarne la effettiva incidenza sulla locazione, come, invece, avviene, nelle ipotesi, di intervento di demolizione e ricostruzione o di ristrutturazione o restauro dell’esistente.

Quesiti – Se, il locatore, nel comunicare la propria volonta’ di non intendere rinnovare la locazione alla sua prima scadenza contrattuale e per il motivo indicato alla L. n. 392 del 1978, art. 29, lett. c), sia obbligato, come si e’ ritenuto dal giudice dell’appello, a specificare gli estremi dell’atto concessorio e la natura e consistenza e le ragioni dell’intervento edificatorio, o, se, invece, la citata norma, di tanto non faccia obbligo al locatore, un siffatto onere potendosi configurare solo una volta avviata l’azione di rilascio;

– Se la Corte di Catania, per avere escluso che fossero stati indicati i contenuti del previsto intervento edificatorio, seppure de (tagli ameni e descritti nei provvedimenti concessori, nella relazione tecnica e nel ricorso introduttivo del precedente giudizio, atti tutti prodotti in giudizio, sia incorsa in violazione degli arti. 115 e 116 c.p.c.;

B) La Corte di Catania ha, poi, escluso la esistenza di una valida disdetta in quanto con il ricorso introduttivo del presente giudizio, l’ente locatore aveva invocato anche il diverso altro motivo di cui all’art. 29, comma 1, lett. b), avendo sostenuto che le realizzande opere, nel comportare una valorizzazione del patrimonio immobiliare dell’Ente, rispondessero ai fini istituzionali suoi propri. Anche detto capo di sentenza appare viziato da violazione e falsa applicazione dell’art. 29, ed infatti detta norma non esclude che il diniego di rinnovazione possa fondarsi su piu’ motivi tra quelli dalla stessa contemplati, se tra loro compatibili, ipotesi che e’ quella di specie. Ed a nulla rileva che, in detta nota e successive, non sia stata espressamente richiamata la citata norma, richiedendosi, piuttosto, che, detta comunicazione, al di la di stereotipate formule, abbia, come nella specie, contenuto tale da rendere edotto il conduttore della volonta’ del locatore di non rinnovare la locazione per uno dei motivi prima detti.

Quesito. Se la Corte di appello e’ incorsa in violazione e falsa applicazione della L. n. 392 del 1978, art. 29, citato, per avere escluso che il locatore possa fondare il diniego di rinnovazione della locazione alla sua prima scadenza contrattuale su piu’ motivi tra quelli contemplati dalla L. n. 392 del 1978, art. 29, quando, invece, siffatta facolta’ va riconosciuta al locatore nella ipotesi, come nella specie, che detti motivi siano tra loro compatibili.

Se, per la validita’ del diniego di rinnovazione della locazione alla sua prima scadenza, sia richiesto che il conduttore abbia piena contezza delle ragioni invocate dal locatore a sostegno della operato diniego e, non gia’, che sia espressamente richiamata la L. n. 392 del 1978, art. 29, e la lettera cui corrisponde il motivo azionato e se, pertanto, la Corte di appello sia incorsa in violazione e falsa applicazione della citata norma, per avere ritenuto non valida la intimata disdetta per non avere espressamente richiamato, l’ente locatore, nel cennato atto, la citata norma e la lettera cui corrispondeva il motivo azionato, non tenendo conto che, delle ragioni dell’operato diniego, la conduttrice societa’ aveva avuto comunque contezza, per il preciso contenuto della fatta disdetta e degli altri sopradetti atti alla stessa connessi.

Con il quarto motivo la parte ricorrente denuncia “Violazione e falsa applicazione artt. 414, 115 e 116 c.p.c. e in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5 ” esponendo censure da riassumere come segue. La Corte di Catania ha escluso che potessero riconoscersi gli effetti di una valida disdetta al ricorso con il quale si era introdotto il precedente giudizio, in quanto l’ente locatore, con la domanda introduttiva dell’odierna controversia, non aveva dedotto, detto atto, quale fonte della formale disdetta L. n. 392 del 1978, ex art. 29 e neppure lo stesso si era offerto quale produzione documentale, di modo che non si era dato al giudice dell’appello di valutarne, in via diretta, l’idoneita’ ad integrare i requisiti richiesti dalla L. n. 392 del 1978, art. 29. A nulla rileva che, nella domanda introduttiva, non si sia fatto cenno a detto ricorso, sulla cui portata, si e’ detto alla pagina 4 delle note autorizzate del 15.12.2005, depositate avanti il Tribunale di Ragusa. Detto ricorso, inoltre, contrariamente a quanto si legge in sentenza, era stato prodotto dalla resistente societa’ Spata, con la memoria di costituzione avanti il Tribunale di Ragusa, depositata il 26.10.2005, nella quale, come si ebbe a rilevare dall’Ente nell’atto di appello, si erano riportati alla pag. 6, p.2, i contenuti del cennato ricorso.

Vi era, quindi, prova agli atti dei contenuti del cennato ricorso e della sua rispondenza ad una formale disdetta L. n. 392 del 1978, ex art. 29.

Quesiti – Se, nel rito disciplinato all’art. 414 c.p.c. e segg., cui si assoggettano anche le controversie in materia di locazione, quale quella in esame, il richiamo ai contenuti di altro atto (nella specie un precedente ricorso che aveva introdotto altro giudizio tra le stesse parti ed al quale il ricorrente intende riconnessa gli effetti di una disdetta), costituisce argomentazione il difensiva che la parte puo’ addurre a sostegno delle domande azionale e come tale non soggetta alle preclusioni previste dall’art. 414 c.p.c., potendosi proporre anche con altri scritti difensivi autorizzati e non necessariamente ed a pena di decadenza, con il ricorso introduttivo e, se, pertanto, sia incorso in violazione delle norme in rubrica, il giudice dell’appello per avere ritenuto l’ente ricorrente decaduto da una siffatta difesa, perche’ non contenuta nell’atto introduttivo del giudizio; – Se la valenza probatoria di un documento possa essere invocata dalla parte diversa da quella che lo ha prodotto in giudizio e se, di conseguenza, era fatto obbligo alla Corte di Catania, a norma degli artt. 115 e 116 c.p.c., di valutare detto atto, una volta acquisito agli atti, seppure prodotto, non gia’ dal ricorrente, ma dalla resistente societa’.

Per evidente lapsus calami la parte ricorrente non ha indicato un quinto motivo; per maggior chiarezza si e’ preferito rispettare la numerazione contenuta nel ricorso. Si deve pertanto ora passare a considerare il sesto motivo.

Con il sesto motivo la parte ricorrente denuncia “Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, proponendo censure da riassumere nel modo seguente. Il giudice dell’appello ha negato che il locatore abbia dato una valida comunicazione del diniego di rinnovazione della locazione alla sua prima scadenza, per non ritrovarsi, siffatti contenuti, ne’ nella nota 218/1999, ne’ nelle successive note n. 341/1999 e n. 515/1999 che, a dire del Decidente, null’altro aggiungevano; e neppure nel ricorso introduttivo del precedente giudizio tra le parti. La Corte non spiega perche’ mai. l’ente, di tanto e non di altro, avrebbe dovuto darsi cura di informare la societa’ conduttrice e quale sia, inoltre, a seguire detta tesi, la portata da assegnare alle successive note 341/1999 e 515/1999. Si legge in sentenza che la nota 218/1999 non era idonea ad integrare una valida comunicazione di diniego della rinnovazione del contratto di locazione da parte dell’ente locatore, dalla stessa non essendo dato dedurre la volonta’ del locatore di riottenere la disponibilita’ dell’area locata per edificarvi. La tesi trova ampia smentita nelle difese spiegate dalla societa’ Spata nel precedente giudizio, promosso dal locatore per il rilascio dell’area in forza del citato art. 3 di contratto e tuttora pendente, con le quali, come si legge nelle sentenze, prodotte agli atti, emesse in quel giudizio, dal Tribunale di Ragusa e dalla Corte di Catania, la conduttrice ebbe a contestare la validita’ della cennata clausola e la sua operativita’ in caso di intervento edilizio su un’area nuda, nonche’ la mancanza, in capo all’ente, di un valido titolo concessorio, cosi’ mostrando di avere avuto piena contezza della portata della richiamata nota. L’esistenza di una valida disdetta e’ stata poi esclusa dalla Corte di Catania per avere invocato, il locatore, con il ricorso introduttivo del presente giudizio, anche altro motivo di diniego di rinnovo, quello di cui alla lett. b) del cit. art. 29.

I primi motivi non possono essere accolti.

Infatti l’impugnata decisione si sottrae al sindacato di legittimita’ essendo fondata su una motivazione sufficiente, logica, non contraddittoria e rispettosa della normativa in questione.

In particolare va rilevato quanto segue:

-A) nella sua attivita’ interpretativa la Corte di merito ha rispettato tutti i criteri sopra citati (art. 1362 c.c. e segg.), mentre la parte ricorrente espone doglianze che, al di la’ della loro formale enunciazione, consistono in sostanza in una diversa valutazione in ordine alla scelta, all’interpretazione, all’attendibilita’ ed alla concludenza delle risultanze istruttorie idonee a chiarire i fatti in contestazione, e sono quindi inammissibili (non costituendo quindi rituali motivi di ricorso), prima ancora che prive di pregio data l’insussistenza (comunque) dei vizi denunciati (“il vizio di omessa o insufficiente motivazione, deducibile in sede di legittimita’ ex art. 360 c.p.c., n. 5, sussiste solo se nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile il mancato o deficiente esame di punti decisivi della controversia, e non puo’’ invece consistere in un apprezzamento dei fatti e delle prove in senso difforme da quello preteso dalla parte perche’ la citata norma non conferisce alla Corte di Cassazione il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico – formale e de Ila correttezza ghiri dica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice del merito al quale soltanto spetta individuare le fonti del proprio convincimento, e, all’uopo, valutarne le prove, controllarne l’attendibilita’ e la concludenza, e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (Cass. S. U. n 05802 dell’11/06/1998; v. inoltre, tra le successive: Cass. 10406 del 29/05/2004, Cass. n. 08523 del 05/05/2004; e cass. n. 01025 del 22/01/2004);

-B) la giurisprudenza (Cass. n. 7927/04) richiamata per sostenere la validita’ della disdetta per la “…scadenza successiva, di legge, del 18.04.2003…” non vale a suffragare la tesi della parte ricorrente. Essa infatti non e’ affatto contestata nell’impugnata decisione; nella quale invece si sostiene (con motivazione adeguata) che non sussiste un rituale diniego di rinnovazione del contratto alla prima scadenza prevista dalla legge (392/78; in particolare v, l’art. 29 cit.) e cioe’ proprio in relazione a detta data (18.1.03);

ed in particolare che non puo’ ravvisarsi detto rituale diniego negli atti citati dalla parte locatrice;

– C) va ribadito il seguente principio di diritto (correttamente applicato nell’impugnata decisione): “in tema di rapporto fra disdetta del contratto di locazione di immobile adibito ad uso diverso dall’abitazione, ai sensi della L. n. 392 del 1978, art. 29 e conseguente domanda di rilascio ai sensi dell’art. 30 della stessa legge, poiche’ la comunicazione della motivata disdetta deve (ai sensi dell’art. 30 cit., comma 1) necessariamente precedere l’azione di rilascio, la disdetta si pone come condizione di procedibilita’ della domanda giudiziale, con la conseguenza che il successivo ricorso introduttivo del giudizio deve essere fondato sulla medesima situazione in precedenza prospettata e non puo’ indicare un motivo diverso, mentre un atto introduttivo, che contenga motivi nuovi rispetto a quelli espressi nella disdetta, costituirebbe atto autonomo e farebbe venir meno il nesso di necessaria coincidenza voluto dal legislatore a garanzia del conduttore, allo stesso modo di come una specificazione del motivo, formulata nel corso del giudizio, non varrebbe a sanare la iniziale nullita’ della disdetta medesima” (Cass. Sentenza n. 15547 del 06/11/2002, cfr, anche, tra le altre, Cass. Sentenza n. 22382 del 29/11/2004; Cass Sentenza n. 2777 del 24/02/2003,Cass. Sentenza n. 2115 del 30/01/2008);

– D) non e’ esatto che la Corte di merito ha “…escluso che il locatore possa fondare il diniego di rinnovazione della locazione alla sua prima scadenza contrattuale su piu’ motivi tra quelli contemplati dalla L. n. 392 del 1978, art. 29..”; non e’ sulla mera coesistenza di motivi che la Corte si e’ fondata; ma sulle (ben diverse) ragioni di irritualita’ correttamente esposte in sentenza;

-E) correttamente la Corte di merito ha applicato, anche con riferimento al “…richiamo ai contenuti di altro atto (nella specie un precedente ricorso che aveva introdotto altro giudizio tra le stesse parti ed al quale il ricorrente intende riconnessa gli effetti di una disdetta)… “, in relazione al necessario contenuto del ricorso ex art. 414 c.p.c., il seguente principio di diritto:

“Secondo la regola prevista dall’ari. 414 c.p.c., i fatti su cui il ricorrente fonda le sue pretese devono essere specificatamente indicati, dovendosi altrimenti pervenire al rigetto della domanda, perche’ l’altra parte non e’ stata posta in condizione di apprestare una dettagliala ed efficace difesa” (Cass. Sentenza n. 21217 del 05/11/2004).

Una volta assodato che i motivi sopra esaminati non possono essere accolti, e che quindi e’ destinata a rimanere ferma l’affermazione dell’insussistenza di un valido diniego di rinnovazione L. n. 392 del 1978, ex art. 29, perdono ogni rilevanza i motivi di ricorso settimo, ottavo e nono concernenti la validita’, l’efficacia ed il possesso della concessione edilizia in relazione ai vari momenti processuali rilevanti (Con il settimo motivo la parte ricorrente denuncia “Violazione e falsa applicazione art. 112 c.p.c. e art. 2969 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5”.

Con l’ottavo motivo la parte ricorrente denuncia “Violazione e falsa applicazione della L. n. 392 del 1978, art. 29, comma 1, lett. c e d, art. 115 e 116 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”;

nonche’ “Violazione e falsa applicazione sotto altro profilo della L. n. 392 del 1978, art. 29, comma 1, lett. c e d, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”.

Con il nono motivo viene denunciata “Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5”).

Con il decimo motivo la parte ricorrente denuncia “Violazione e falsa applicazione art. 112, 343 e 346 c.p.c., art. 2909 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3” esponendo doglianze da riassumere nel modo seguente. Con il terzo motivo di appello, l’Ente aveva lamentato che il primo giudice, nel ritenere che il diniego di cui alla lett. b) della L. n. 392 del 1978, art. 29, costituiva ipotesi di diniego della rinnovazione necessariamente riferibile ad ente pubblico e non anche ad un ente privato, era incorso in violazione dell’art. 112 c.p.c., di tanto non essendosi fatta questione nel precedente grado di giudizio e perche’, comunque, errato in base alla normativa regionale che riconosceva all’ente ricorrente la natura di ente pubblico. La Corte di Catania ha ritenuto assorbito il motivo per la ritenuta nullita’ della disdetta intimata il 5/5/1999 (e delle successive comunicazioni del medesimo anno) ed, in ogni caso, per non contenersi nella intimata disdetta che, dell’azione di rilascio, costituisce condizione di procedibilita’, nessun riferimento all’ipotesi sub b) di cui all’art. 29, invocato solo con il ricorso introduttivo. La Corte di Catania, cosi decidendo, e’ incorsa in violazione del giudicato ed infatti, il fondarsi, l’azione del locatore, anche su detto motivo di diniego della rinnovazione della locazione, non costituiva fatto controverso tra le parti, di tanto non essendosi fatta questione dalla conduttrice nel giudizio di primo grado, tant’e’ che il primo giudice, ritenutane la piena ammissibilita’, aveva pronunciato nel merito dello stesso, rigettando, sul punto, la domanda, per non rientrare nella ipotesi sub b) della cit. L. n. 392 del 1978, art. 29 per la natura privata e non pubblica dell’ente locatore. Detto capo di decisione, impugnato in via principale dal locatore, non ebbe a formare oggetto di impugnazione incidentale da parte della societa’ conduttrice (art. 343 c.p.c.), ne’ una siffatta questione e’ stata dalla stessa riproposta in grado d’appello, si da doversi intendere abbandonata, se mai e per mera ipotesi accademica, proposta in primo grado, ogni eccezione sul punto sollevata dalla conduttrice (art. 346 c.p.c.).

Quesito, Se, una valla accertata, con sentenza passata in cosa giudicata, la ammissibilita’ dell’azione, per essersi pronunciato nel merito della stessa, senza che nella ipotesi che una siffatta eccezione sia stata sollevata dalla parte interessata nel giudizio di primo grado, il relativo capo di sentenza sia stato impugnato in via incidentale dalla parte interessata o, dalla stessa, riproposta in appello la relativa questione, debba ritenersi precluso, al giudice della impugnazione, di ritenere inammissibile l’azione, modificando il relativo capo di sentenza, sul punto, passata in cosa giudicata, incorrendo, in diversa ipotesi, in violazione dell’art. 2909 c.c. e degli artt. 112, 343 e 346 c.p.c. e se, pertanto, sia incorsa in violazione delle richiamate norme, la Corte di Catania che, seppure non investita da appello incidentale della societa’ conduttrice che neppure di tanto, ha fatto questione nel giudizio di appello, abbia modificato, sul punto, la sentenza impugnata, ritenendo la improcedibilita’ ed inammissibilita’ dell’azione fondata su un motivo non contenuto nella intimata disdetta.

Il motivo e’ privo di pregio.

Infatti la decisione della Corte sul punto e’ inappuntabile sia dal punto di vista logico che dal punto di vista giuridico; si consideri tra l’altro che una violazione del giudicato, nella specie, non e configurarle in alcun modo, in quanto detto Giudice evidentemente ha (correttamente) valutato le suddette questioni come facenti ritualmente parte – sia pure implicitamente – della materia processuale di secondo grado.

Sulla base di quanto sopra esposto il ricorso va respinto.

La peculiarita’ e complessita’ di taluna delle questioni affrontate giustificano la compensazione delle spese dei giudizio di cassazione.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso; compensa le spese del giudizio di cassazione.

Cosi’ deciso in Roma, il 12 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 7 luglio 2010

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