Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15994 del 07/07/2010

Cassazione civile sez. III, 07/07/2010, (ud. 12/04/2010, dep. 07/07/2010), n.15994

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VARRONE Michele – Presidente –

Dott. FEDERICO Giovanni – Consigliere –

Dott. TALEVI Alberto – rel. Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. AMBROSIO Annamaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

T.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

TACITO 90, presso lo studio dell’avvocato VACCARO GIUSEPPE,

rappresentato e difeso dall’avvocato CITTADINO SALVATORE giusta

delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

CENTRO FORMAZIONE PROFESSIONALE IRFAP (OMISSIS);

– intimati –

sul ricorso 33603-2006 proposto da:

CENTRO FORMAZIONE PROFESSIONALE I.R.F.A.P. in persona del Direttore

pro-tempore Rag. F.C., elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CAMILLA 7, presso lo studio dell’avvocato LICATA ALFONSO,

rappresentato e difeso dall’avvocato FALZONE CALCEDONIO giusta

delega in calce al controricorso e ricorso incidentale;

– ricorrente –

contro

T.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TACITO

90, presso lo studio dell’avvocato VACCARO GIUSEPPE, rappresentato e

difeso dall’avvocato CITTADINO SALVATORE giusta delega a margine del

ricorso principale;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1161/2005 della CORTE D’APPELLO di CATANIA, 2^

SEZIONE CIVILE, emessa il 21/11/2005, depositata il 03/12/2005,

R.G.N. 1291/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/04/2010 dal Consigliere Dott. ALBERTO TALEVI;

udito l’Avvocato MAURO MELI per delega dell’Avvocato SALVATORE

CITTADINO;

udito il P.M. in persona dell’Avvocato Generale Dott. FEDELI Massimo

che ha concluso per il rigetto del ricorso principale e del ricorso

incidentale.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Nell’impugnata decisione lo svolgimento del processo è esposto come segue.

“Con ricorso depositato il 17.7.2004, ritualmente notificato unitamente al pedissequo decreto di fissazione dell’udienza di comparizione, il Centro di formazione professionale I.R.F.A.P., con sede in (OMISSIS), conveniva, dinanzi a questa Corte, T.A., proponendo appello avverso la sentenza del Tribunale di Caitagirone del 22.4.2004, la quale, in parziale accoglimento delle domande proposte dal T. (quale locatore degli immobili siti in (OMISSIS) via (OMISSIS) e via (OMISSIS)), aveva dichiarato la invalidità ed inefficacia del recesso comunicato il 17.3.1998 da esso Centro di formazione professionale (quale conduttore) e, per l’effetto, che il contratto di locazione stipulato tra le parti era proseguito fino al (OMISSIS); aveva condannato il Centro di formazione professionale al pagamento, in favore del T., della somma di Euro 3.720,20 a titolo di risarcimento dei danni, da rivalutarsi e da maggiorarsi con gli interessi legali, nonchè della somma di Euro 296,76 per canoni di acqua, da maggiorarsi con gli interessi legali; aveva infine condannato lo stesso Centro a rifondere al T. la metà delle spese del giudizio.

formulando diversi motivi di impugnazione, l’appellante chiedeva che la Corte di Appello, in riforma della impugnata sentenza, dichiarasse il difetto di legittimazione passiva del direttore pro-tempore di esso Centro professionale, convenuto in primo grado; rigettasse tutte le domande attoree; dichiarasse la nullità del contratto di locazione stipulato tra le parti; accogliesse la domanda di risarcimento dei danni da esso proposta in via riconvenzionale in primo grado; condannasse il T. alla rifusione, in suo favore, delle spese dei due gradi del giudizio.

Si costituiva T.A., il quale resisteva all’impugnazione proposta nei suoi confronti, chiedendone il rigetto; proponendo appello in via incidentale, chiedeva che la Corte di Appello accogliesse integralmente le domande da esso proposte in primo grado; condannasse in ogni caso il Centro professionale a rifondergli le spese del nuovo grado del giudizio. All’udienza del 21.2.2005, dopo la discussione, la Corte pronunciava sentenza, dando lettura del dispositivo.

Con sentenza 21.11 – 3.12.05 la Corte di Appello di Catania provvedeva come segue:

“… definitivamente pronunziando sull’appello proposto dal Centro di formazione professionale I.R.F.A.P. nei confronti di T.A., nonchè sull’appello incidentale da quest’ultimo proposto, avverso la sentenza del Tribunale di Caltagirone del 22.4.2004, in riforma della impugnata sentenza, rigetta le domande attorce, dichiarando la legittimità del recesso comunicato dal conduttore con lettera del 17.3.1998; rigetta l’appello incidentale proposto dal T.; compensa interamente tra le parti le spese dei due gradi del giudizio”.

Contro questa decisione ha proposto ricorso per cassazione T.A. con sei motivi.

Ha resistito con controricorso ed ha proposto ricorso incidentale con tre motivi il Centro di Formazione Professionale I.R.F.A.P..

T.A. ha resistito con controricorso a detto ricorso incidentale.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Vanno riuniti i due ricorsi ex art. 335 c.p.c..

Con il primo motivo T.A. denuncia “Violazione dell’art. 360 c.p.c., commi 3 e 5. Violazione per erronea e/o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c.. Omessa o, comunque, insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia” esponendo doglianze da riassumere nel modo seguente. La Corte di Appello erroneamente ha accolto la censura relativa alla condanna del C.F.P. – IRFAP di Niscemi al pagamento delle spese, pari ad Euro 3,720,20, necessarie per la tinteggiatura delle pareti interne, perchè il sig. T. con la citazione introduttiva del giudizio avrebbe chiesto la condanna del convenuto al risarcimento del solo danno arrecato agli infissi esterni dell’ immobile; senza considerare che l’odierno ricorrente aveva chiesto in primo grado anche il risarcimento dei danni arrecati alle pareti interne, quantificato dal CTU in Euro 3.720,20; e ciò emerge dalle domande formulate con l’atto di citazione introduttivo del giudizio di primo grado così come integrate nei verbali di causa di primo grado del 16.9.99, del 2.12.1999 e 25.5.00 in cui il sig. T. ha espressamente chiesto (senza riscontrare opposizione alcuna del C.F.P. di Niscemi che ne ha, quindi, accettato il contraddittorio) anche il pagamento dell’I.V.A sulla complessiva somma di L. 12.868.000. Lo stesso C.F.P. di Niscemi nella comparsa di costituzione di primo grado ha perfettamente inteso che il T. aveva fatto una richiesta di risarcimento di tutti danni subiti, tant’è che l’ha puntualmente contestata ritenendola infondata.

Il primo motivo è inammissibile poichè, violando il principio di autosufficienza del ricorso (applicabile tra l’altro pure in materia processuale; cfr. tra le altre Cass. Sentenza n. 978 del 17/01/2007), non riporta in modo sufficiente e quindi rituale, i brani degli atti che suffragherebbero la sua tesi.

Con il secondo motivo il ricorrente principale denuncia “Violazione dell’art. 360 c.p.c., commi 3 e 5. Violazione della L. n. 192 del 1978, art. 27, u.c.. Omessa o, comunque, insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia” esponendo doglianze da riassumere nel modo seguente. Secondo la Corte di Appello si sarebbe verificata nella specie una delle due condizioni (quella inerente il “mancato svolgimento per qualsiasi ragione dei corsi nel Comune di Niscemi”) prevista in contratto per l’esercizio del recesso. La statuizione, tuttavia, è errata ed illegittima perchè il C.F.P. di Niscemi ha ottenuto i finanziamenti ed ha svolto regolarmente i corsi. Dunque, la disdetta dal contratto del (OMISSIS) deve necessariamente farsi rientrare nelle previsioni di cui alla L. n. 392 del 1978, art. 27 u.c. e, come tale, è illegittima, come giustamente dichiarato dal Tribunale primo decidente, perchè del tutto priva di ogni riferimento alla causa o ai “gravi motivi” che giustificano il recesso anticipato dal contratto. Nel corso del primo grado del giudizio si è prodotta certificazione dalla quale risulta che il C.F.P. di Niscemi, dopo il rilascio degli immobili locati dall’odierno ricorrente, ha trasferito i propri uffici in locali, siti in via Purgatorio, anch’essi privi della certificazione di agibilità ed ha ottenuto i finanziamenti ed ha continuato a svolgere la propria attività ne Comune di Niscemi. L’art. 2 del contratto, peraltro, ha solo specificato aprioristicamente quali potevano essere, tra gli altri, “i gravi motivi” che avrebbero legittimato il recesso “senza particolari formalità o tempi, dal contratto”, individuandoli o nel “mancato svolgimento dei corsi” o nel “mancato finanziamento” dei medesimi. In ogni caso, tale articolo non ha assolutamente facilitato il conduttore a recedere liberamente in qualsiasi momento dal contratto col solo obbligo del preavviso di sei mesi, il conduttore non solo non ha indicato i motivi del recesso in detta lettera, ma addirittura, come correttamente statuito dal Primo Giudice, non ha sentito nemmeno il dovere di indicarli in occasione dell’espressa contestazione in merito mossagli dal locatore con racc. del 27.5.98 prodotta in atti. Infatti, con la successiva comunicazione fatta il 3.6.98 il conduttore, richiamando la disdetta del 17.3.98 (e non già quella del 7.5.97), non ha indicato quali sarebbero stati i gravi motivi del recesso, ma si è limitato puramente e semplicemente a ribadire la volontà di recedere. L’omissione in questione comporta che nessun collegamento vi è o, comunque, si è cercato di fare, tra la prima disdetta formulata nel 1997 e quella del 1998 e, pertanto, avalla ulteriormente la statuizione del Tribunale secondo cui il primo recesso e stato implicitamente revocato e superato per comune volontà delle parti. Non basta che i gravi motivi del recesso eventualmente sussistano in sè, occorrendo invece che gli stessi siano portati a conoscenza della controparte.

Il motivo non può essere accolto.

Infatti in realtà la sentenza impugnata va interpretata nel senso che il conduttore, in mancanza dell’agibilità dei locali, si è trovato nell’impossibilità di far svolgere i corsi nei locali medesimi nel pieno rispetto della normativa in questione.

Una volta assodata tale corretta interpretazione (in base alla quale la Corte ha prospettato una motivazione ineccepibile sia dal punto di vista logico che da quello giuridico), appare immediatamente palese la mancanza di pregio di tutte le censure che fanno riferimento al mero svolgimento di fatto dei corsi.

Le residue censure debbono poi ritenersi prive di pregio poichè si è di fronte a tipici giudizi di merito della Corte di Appello che si sottraggono al sindacato di legittimità in quanto immuni dai vizi denunciati.

Con il terzo motivo il ricorrente principale denuncia “Violazione degli artt. 112 e 360 c.p.c., commi 3 e 5. Violazione dell’art. 1260 c.c.. Omessa o, comunque, insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia” proponendo censure che vanno riassunte nel modo seguente. La Corte di appello, in ragione della ritenuta e dichiarata legittimità del recesso operato dal conduttore con lettera del 17.3.98, ha assorbito (recte: rigettato) il primo e secondo motivo di appello incidentale proposto dal sig. T. con il quale questi ha lamentato che il Tribunale, per un verso, non ha condannato il conduttore a pagargli i canoni di locazione fino alla naturale scadenza del contratto, per l’altro, ha negato l’avvenuta rinnovazione del contratto oltre la sua naturale scadenza. Detti due motivi in questa sede debbono intendersi reiterati e riproposti.

Il motivo non può essere accolto, in quanto il rigetto delle doglianze sopra considerate lo priva di base.

Con il quarto motivo il ricorrente principale denuncia “Violazione dell’art. 360 c.p.c., commi 3 e 5. Violazione per erronea applicazione dell’art. 1576 c.c.. Violazione degli artt. 1587, 1588, 1609 e 2051 c.c.. Omessa o; comunque, insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia” esponendo doglianze da riassumere nel modo seguente. La Corte di Appello di Catania ha rigettato il terzo motivo dell’appello incidentale con cui l’odierno ricorrente ha censurato la sentenza di primo grado nella parte in cui non è stata accolta la domanda di condanna del conduttore al risarcimento dei danni conseguenti alla mancata verniciatura degli infissi e delle ringhiere perchè quest’ultima consisterebbe in un’opera di manutenzione ordinaria che grava, ai sensi dell’art. 1576 c.c., sul locatore. Tale statuizione, tuttavia, è errata in quanto, come rilevato nella memoria difensiva depositata nel secondo grado del giudizio, grava sul conduttore, quale custode dell’immobile locato, l’obbligo di provvedere, con la diligenza del buon padre di famiglia, anche alla manutenzione degli infissi, detergendoli periodicamente con adeguati prodotti e senza uso di mezzi abrasivi e pulendoli a mezzo di sostanze detergenti (olio paglierino, ecc.) adatti all’uso e al trattamento del legno. La piccola manutenzione in questione avrebbe impedito agli agenti atmosferici di causare danni che, quindi, in quanto riconducibili a colpa del conduttore, vanno dal medesimo risarciti Ciò è stato puntualmente evidenziato alla Corte di Appello di Catania che, invece, non ha minimamente motivato in merito.

Il motivo non può essere accolto.

La specifica doglianza fondata sull’omissione del predetto uso di “… adeguati prodotti …” e “… sostanze detergenti ..” in effetti non è stata considerata nell’impugnata decisione; ma proprio per tale motivo la parte ricorrente avrebbe dovuto indicare ritualmente in quale atto (anche per consentire a questa Corte di stabilire se la censura era stata tempestiva o tardiva; nella specie l’accenno ad una non meglio specificata “… memoria difensiva depositata nel secondo grado del giudizio … “, è insufficiente; si consideri tra l’altro che un motivo di appello, per essere rituale, deve essere adeguatamente esposto in modo non generico nell’atto di appello), nonchè (per il principio di autosufficienza del ricorso; cfr. tra le altre Cass. Sentenza n. 6807/2007; Cass. Sentenza n. 15952/2007) in che termini, le tesi medesime erano state sottoposte al giudizio del Giudice di secondo grado (cfr. tra le altre Cass. Sentenza n. 20518 del 28/07/2008: “Ove una determinata questione giuridica – che implichi un accertarne ti lo di fatto – non risulti trattala in alcun modo nella sentenza impugnala, il ricorrente che proponga detta questione in sede di legittimità ha l’onere, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegare l’avvenuta deduzione de Ila questione innanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale atto del giudizio precedente Io abbia fatto, onde dar modo alla Corte di Cassazione di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione prima di esaminare nel merito fa questione stessa”; cfr. anche Cass. N. 14590 del 2005).

Le residue doglianze sono prive di pregio non sussistendo i vizi lamentati.

Con il quinto motivo il ricorrente principale denuncia “Violazione dell’art. 360 c.p.c., commi 3 e 5. Violazione dell’art. 112 c.p.c.. Omessa o, comunque, insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia” proponendo censure da sintetizzare come segue. La Corte di Appello di Catania con la sentenza impugnata, in ragione del rigetto integrale della domanda di risarcimento danni proposta dall’odierno ricorrente, ha assorbito (recte: rigettato) il quarto motivo di appello incidentale inerente il mancato riconoscimento dell’IVA sulle somme dovute, nonchè, avendo ritenuto e dichiarato, come si è visto, valido ed efficace il recesso da contratto, ha altresì assorbito anche il quinto motivo di tale appello incidentale, relativo al mancato accoglimento della domanda attorea di risarcimento danni per il mancato versamento dei canoni locativi al Banco di Sicilia, cessionario del credito. Senonchè, l’illegittimità delle predette statuizioni per i motivi sopra dedotti, induce a ritenere illegittima, in quanto affetta dai vizi di cui in rubrica, la sentenza. Inoltre la sentenza di primo grado è errata ed illegittima laddove, violando l’art. 112 c.p.c., il Tribunale non si è erroneamente pronunciato sulla domanda avanzata dal sig. T. di dichiarare responsabile il conduttore dei danni subiti dal medesimo T., da quantificarsi in separato giudizio, per effetto dell’omesso versamento dei canoni locativi al Banco di Sicilia.

Il motivo è inammissibile per genericità delle doglianze; infatti dalle medesime e dal contesto de ricorso (anche nelle pagine dedicate al “FATTO”) non emergono con sufficiente chiarezza e compiutezza l’oggetto ed il contenuto dei motivi di appello in questione nonchè la precisa indicazione della natura e del contenuto delle risultanze processuali che li dovrebbero suffragare.

Con il sesto motivo il ricorrente principale denuncia “Violazione dell’art. 360 c.p.c., commi 3 e 5. Violazione dell’art. 92 c.p.c.” lamentando che. data la totale fondatezza della domanda attorea e dell’appello incidentale proposto, che ne comporta il loro integrale accoglimento, il Tribunale primo giudicante, prima, e la Corte di Appello, poi, avrebbero dovuto porre interamente a carico del C.F.P. sia le spese, pari ad Euro 453,16, della CTU espletata in sede di a.t.p che le spese, i diritti e gli onorari di tale a.t.p. ed, inoltre, avrebbero dovuto correttamente e legittimamente condannare lo stesso C.F.P. al pagamento integrale di tutte le spese dei due gradi del giudizio.

Anche il sesto motivo va respinto in quanto infondato (anche sulla base di quanto sopra esposto).

Il ricorso principale va dunque respinto.

Il ricorrente incidentale Centro di Formazione Professionale I.R.F.A.P propone ricorso incidentale per i seguenti tre motivi, che vanno esaminati congiuntamente in quanto connessi.

Con il primo motivo l’IRFAP denuncia “Violazione e falsa applicazione di norme di diritto nonchè omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia, con riferimento all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, in relazione all’art. 1578 c.c. e alla L. 27 luglio 1978, n. 392, art. 27, u.c.” esponendo doglianze da riassumere nel modo seguente. La Corte di Appello di Catania, erroneamente ha ritenuto che il recesso operato dal Centro di Formazione Professionale IRFAP di Niscemi “non va inquadrato, pertanto, nel recesso per “gravi motivi” consentito dall’art. 27 ult. comma cit.”, bensì esso “va ritenuto, quale è, un recesso convenzionalmente consentito dall’art. 2 del contratto locativo”. Invero dalla copiosa documentazione prodotta dal Centro di Formazione Professionale di Niscemi nel corso del giudizio di 1^ grado emerge in maniera inequivoca la responsabilità del locatore nell’avere concesso in locazione per uso didattico dei locali privi dei requisiti di legge per come accertato dall’Ispettorato del Lavoro. Inoltre, il ricorrente, nella proroga concessa dall’Assessorato Regionale, non ha eseguito le trasformazioni necessarie al conseguimento del certificato di agibilità. Nella prospettata situazione l’Ente e stato costretto a recedere dal contratto per evitare la perdita dei finanziamenti regionali con la conseguente cessazione delle attività didattiche. Sull’esistenza dei gravi motivi che hanno determinato il recesso dal contratto si richiamano anche le circostanze di fatto e di diritto esposte nel punto 2 del controricorso. Inoltre è opportuno rilevare che l’assenza della certificazione amministrativa, ai sensi dell’art. 1578 c.c., integra un vizio della cosa locata che legittima il conduttore ad avanzare domanda di risoluzione del contratto o una riduzione del corrispettivo.

Con il secondo motivo l’I.R.F.A.P. denuncia “Violazione e falsa applicazione di norme di diritto nonchè omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia, con riferimento all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, in relazione al mancato accoglimento della domanda riconvenzionale di risarcimento danni subiti dal conduttore” lamentando che la Corte di Appello di Catania erroneamente non ha riconosciuto a favore dell’incolpevole Ente convenuto il diritto al risarcimento del danno subito in conseguenza dello scioglimento anticipato del contratto di locazione. Infatti la risoluzione del contratto è avvenuta per fatto e colpa grave del locatore (v. sopra).

Con il terzo motivo l’I.R.F.A.P denuncia “Violazione dell’art. 360 c.p.c., commi 3 e 5, in ordine alle spese processuali del 1 e 2 grado di giudizio” esponendo censure da riassumere nel modo seguente. La Corte di Appello di Catania nella parte conclusiva della motivazione ha, in primo luogo, statuito che “In ragione della peculiarità e della particolare complessità della fattispecie per cui è causa, ritiene la Corte che ricorrano i giusti motivi di cui all’art. 92 c.p.c., per compensare interamente tra le parti le spese dei due gradi del giudizio”. Il giudice di 2^ grado con tale succinta e sbrigativa decisione ha statuito sulle spese dei due gradi di giudizio, omettendo di esaminare uno specifico motivo di appello avanzato dall’IRFAP di Niscemi circa la statuizione del Tribunale di Caltagirone sulle spese del giudizio di 1 grado. Infatti, l’Istituto di Niscemi con il 6 motivo di appello (pag. 13 e 14 dell’atto difensivo) ha espressamente rilevato la violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., atteso che stante l’esito del giudizio di 1^ grado che ha visto soccombente l’attore per la quasi totalità della domanda.

I tre motivi non possono essere accolti.

Con riferimento all’inquadrabilità o meno del recesso in questione in quello consentito dall’art. 27, ult. comma cit. occorre anzitutto rilevare che le doglianze in questione, nella misura in cui non sono state esaminate nell’impugnata decisione,sono inammissibili in quanto (v sopra) proprio per tale ragione la parte ricorrente avrebbe dovuto indicare ritualmente (ed invece non l’ha fatto) se ed in quale atto, nonchè in quali termini, le tesi difensive in questione erano state sottoposte al giudizio del Giudice di secondo grado. Nella misura in cui invece sono state considerate dalla Corte (v. in particolare a pag. 12, in cui, sia pure con specifico riferimento al solo quinto motivo – ma il rilievo ha evidentemente portata implicita assai più estesa – si legge: “… Nessun risarcimento del datino spetta al Centro di formazione professionale, non essendo il locatore incorso in alcun inadempimento nei suoi confronti; e peraltro i fatti che hanno spinto il (“entro a recedere dal contratto (mancanza di agibilità dei locali) erano preesistenti al contratto ed erano noti o – comunque – conoscibili dal conduttore, ciò che esclude qualsiasi malafede o colpa del T…”) le doglianze sono inammissibili (in quanto non prendono in rituale considerazione le reali argomentazioni esplicite ed implicite della Corte) prima ancora che prive di pregio (dato che i vizi lamentati comunque non sussistono).

Con riferimento alla lamentata compensazione delle spese va ribadito che il Giudice deve pervenire ad ogni decisione in ordine alle spese di causa, sia che si tratti di condanna ex art. 91 c.p.c., sia che si tratti di compensazione ex art. 92 c.p.c., sulla base dell’esito finale della causa e non sulla base del risultato dei diversi gradi del giudizio (cfr. tra le altre Cass. Sentenza n. 17631/2007, Cass. Sentenza n. 2634/2007; Cass, Sentenza n. 18353/2005).

Nella specie il Giudicante ha fatto buon governo sia di tale principio di diritto sia di ogni altro in materia, non incorrendo in alcuno dei vizi denunciati.

Anche il ricorso incidentale va dunque respinto.

L’esito del giudizio di cassazione, insieme alla “.. peculiarità …” e “… particolare complessità della fattispecie per cui è causa..” (già giustamente evidenziate nell’impugnata decisione) costituiscono giusti motivi per compensare le spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta; compensa le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 12 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 7 luglio 2010

 

 

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